Come si fa l’identikit di un latitante

E come si ricostruisce l'aspetto invecchiato di una persona ricercata per decenni, come nel caso di Matteo Messina Denaro

Matteo Messina Denaro nella foto diffusa dopo l'arresto, nell'identikit del 2014 e in quello del 2011 (ANSA)
Matteo Messina Denaro nella foto diffusa dopo l'arresto, nell'identikit del 2014 e in quello del 2011 (ANSA)
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L’ultimo identikit di Matteo Messina Denaro – il più importante latitante mafioso considerato il capo di Cosa Nostra arrestato oggi – risaliva alla fine di marzo del 2014 e mostra una certa somiglianza con la fotografia di Messina Denaro diffusa oggi dai carabinieri dopo l’arresto. La somiglianza in alcuni dettagli è maggiore rispetto al precedente e più conosciuto identikit, che era stato reso pubblico nel 2011 e che aveva aggiornato una precedente versione del 2007. Il progressivo miglioramento dei ritratti era stato reso possibile non solo dai racconti di alcuni testimoni, che avevano descritto l’aspetto di Messina Denaro, ma anche dal miglioramento dei software che vengono utilizzati per simulare l’invecchiamento di un soggetto, ritratto in una fotografia poco recente.

L’identikit del 2014 era stato realizzato da uno dei Gruppi d’investigazione sulla criminalità organizzata (GICO) della Guardia di Finanza, che si occupano di attività di indagine e di polizia giudiziaria. Era stato effettuato basandosi sia sulla precedente ricostruzione, realizzata dalla polizia, sia sulle informazioni fornite da una persona che era entrata in contatto con Messina Denaro. Nel nuovo identikit non erano presenti gli occhiali, perché sembra che all’inizio degli anni Duemila Messina Denaro fosse riuscito a farsi curare a Barcellona per una malattia agli occhi. Nella fotografia diffusa oggi dai carabinieri indossa comunque un paio di occhiali.

Rispetto all’identikit del 2011, quello del 2014 mostrava inoltre una maggiore stempiatura, un naso più grande e pronunciato e in generale una forma del viso più ovale e con il mento lievemente più squadrato. La base per entrambi gli identikit erano state alcune fotografie scattate nella prima metà degli anni Novanta per alcuni documenti, qualche immagine più vecchia, informazioni fornite da testimoni e immagini di alcuni parenti.

Matteo Messina Denaro in alcune vecchie fotografie di documenti (ANSA)

La ricostruzione di un volto richiede molto lavoro e non sempre rende possibili risultati particolarmente aderenti alla realtà. In generale, più sono disponibili informazioni e immagini, seppure datate, più si riescono a ottenere identikit utili per la ricerca di persone sospettate.

Le attività di polizia scientifica possono riguardare la “composizione del volto”, cioè il tentativo di disegnare il ritratto di una persona ricercata di cui non si hanno immagini ma solo descrizioni fornite da testimoni, o la cosiddetta “age progression”, che consiste invece nel provare ad applicare gli effetti del tempo a immagini ormai datate e che non mostrano come appare in quel momento la persona ricercata.

Nel caso di Matteo Messina Denaro l’attività è stata soprattutto di age progression, realizzata sia utilizzando le conoscenze scientifiche su come invecchia un volto, sia software che simulano direttamente l’invecchiamento. Con il passare degli anni, non solo la pelle del viso diventa meno tonica, ma alcune fattezze diventano più pronunciate a causa delle modifiche che subiscono cartilagini (come quelle del naso e delle orecchie) e tessuti molli. L’age progression non consiste quindi solamente nel ridurre i capelli, ingrigirli e aggiungere qualche ruga, ma anche nel valutare come possa cambiare il viso in base alle sue stesse caratteristiche.

A questi fattori che accomunano l’invecchiamento di qualsiasi persona, si aggiungono poi gli effetti ambientali e legati alla salute, propri di ogni singolo individuo. Informazioni su eventuali malattie, l’impiego di particolari farmaci e i luoghi stessi in cui vive la persona ricercata possono essere utili per rendere più preciso l’identikit.

Era avvenuto per esempio nel caso di un altro importante latitante, Bernardo Provenzano, del quale era disponibile solamente una fotografia segnaletica scattata negli anni Sessanta quando aveva una trentina di anni, come spiegò tempo fa Andrea D’Amore, agente nella Direzione centrale anticrimine di Roma: «Cercai di mettere insieme tutti gli elementi e nel ’97 mi imbarcai nell’age progression. Ogni volta che veniva preso un latitante e questi decideva di collaborare realizzavo un aggiornamento del volto di Provenzano sulla base delle nuove informazioni acquisite».

Provenzano era malato, ma non erano comunque chiare e certe le sue condizioni di salute, che però incidevano sul suo aspetto e sui processi di invecchiamento. Sempre D’Amore aveva spiegato che: «Non conoscevamo con esattezza lo stato di avanzamento della malattia, dunque ho dovuto tentare un’approssimazione. Sapevamo però in che condizioni climatiche viveva quell’uomo, le medicine che prendeva». Come nel caso di Messina Denaro, gli identikit di Provenzano furono condivisi con le forze dell’ordine in numerosi paesi, in modo da rendere possibile una sua identificazione anche all’estero. Quando Provenzano fu arrestato nell’aprile del 2006, l’identikit si era rivelato aderente in diversi dettagli.

Da sinistra: la foto disponibile di Provenzano, un primo e un secondo identikit e Provenzano dopo l’arresto (ANSA)

Negli ultimi anni i sistemi per l’age progression si sono ulteriormente evoluti, soprattutto grazie allo sviluppo di software di nuova generazione e con sistemi di intelligenza artificiale. Il loro principio di funzionamento non è molto diverso da quello di alcune famose applicazioni per simulare l’invecchiamento di una persona, come FaceApp, ma offrono maggiori opzioni e possibilità di intervento da parte di chi realizza il ritratto. L’attività dell’artista forense è ancora molto importante, così come l’aiuto che possono offrire medici e altri esperti in riferimento agli effetti di particolari malattie.

Le testimonianze di chi ha visto dal vivo la persona ricercata non sono comunque secondarie, come ha mostrato il caso di Messina Denaro il cui identikit fu aggiornato nel 2014 proprio grazie a nuove segnalazioni. Nella fase di composizione del volto, spesso il disegnatore è affiancato da uno psicologo, che ha il ruolo di aiutare la persona che sta effettuando la segnalazione a ricordare quanti più dettagli possibili del volto che ha visto, magari molto tempo prima (in alcuni casi giorni, ma a volte anni). Descrivere un volto nel dettaglio non è semplice e non lo è nemmeno tradurre in disegno ciò che viene raccontato durante la testimonianza. I ricordi possono essere inoltre deformati a causa delle condizioni in cui si è verificato l’avvistamento, oppure a causa del molto tempo passato tra quell’evento e la descrizione resa al disegnatore.