Il Noma di Copenaghen chiuderà nel 2024

Uno dei migliori ristoranti del mondo non è più sostenibile, dice il suo celebre chef René Redzepi, che lo trasformerà in un “laboratorio”

Rene Redzepi, chef del Noma di Copenhagen (AP Photo/Lefteris Pitarakis, File)
Rene Redzepi, chef del Noma di Copenhagen (AP Photo/Lefteris Pitarakis, File)
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Lo chef danese René Redzepi del Noma di Copenaghen ha annunciato la chiusura alla fine del 2024 del suo ristorante, considerato uno dei migliori al mondo e più volte indicato come migliore in assoluto dalle classifiche di settore. Il Noma, ha detto Redzepi al New York Times, diventerà un grande laboratorio di cucina per la sperimentazione di nuovi prodotti e piatti, che verranno commercializzati attraverso un sito di ecommerce e in ristoranti “pop-up” – cioè temporanei – che verranno aperti in varie città del mondo.

Il ristorante Noma e il suo chef hanno avuto negli ultimi anni una grande influenza sull’alta cucina mondiale, per le molte novità che hanno saputo introdurre e per aver reso celebre uno stile definito New Nordic, molto imitato anche ad altre latitudini e per esempio nei ristoranti di alto livello di New York. Nel settembre del 2021 era stato promosso dalla prestigiosa guida Michelin alla terza stella, in un riconoscimento che molti hanno considerato tardivo, mentre nel 2021 aveva vinto per la quinta volta il titolo di Miglior ristorante al mondo nella lista della World’s 50 Best Restaurants.

Come in molti dei ristoranti di alta cucina più famosi, per mangiare al Noma bisogna inserirsi in una lunga lista d’attesa e prepararsi a spendere intorno ai 500 euro per un menù degustazione di molte portate. Nel campo del turismo di lusso un pasto al Noma poteva essere la base su cui costruire un’intera vacanza in Danimarca o in Scandinavia. Nonostante questo, lo chef Redzepi ha raccontato di aver deciso di chiudere il ristorante, inteso in modo tradizionale, perché l’alta cucina non sarebbe più «economicamente ed emotivamente sostenibile».

Redzepi, che aveva aperto il ristorante nel 2004, ha sempre spiegato che la sua cucina richiedeva un «estenuante lavoro di molte ore» e ha detto di ritenere che non sia più sostenibile pagare in modo equo circa 100 dipendenti, mantenere alti gli standard e proporre prezzi a un livello accettabile per i clienti: «L’alta cucina deve ripensare la sua intera industria, così è semplicemente troppo duro. Finanziariamente ed emotivamente non funziona: come imprenditore e come essere umano sento il bisogno di cambiare».

Redzepi è noto nell’ambiente dei grandi chef per un carattere difficile, modi bruschi e comportamenti ai limiti del bullismo nei confronti dei suoi sottoposti. Nel corso degli anni ha detto di aver lavorato per migliorare la sua leadership, ma oggi gestire un ristorante di questo livello, oltre che anti-economico, è diventato per lui troppo stressante.

 

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Negli ultimi tempi il Noma era stato criticato anche per l’utilizzo di un consistente numero di stagisti (20-30) non retribuiti. Questi erano attirati dalla possibilità di apprendere metodi e segreti del ristorante, nonché dalla possibilità di inserire in curriculum una esperienza lavorativa nel “miglior ristorante al mondo”, ovviamente molto considerata da possibili futuri datori di lavoro.

Alcuni avevano però raccontato di un ambiente di lavoro piuttosto complesso e per certi versi tossico, in cui venivano impiegati per l’intera durata dello stage in un singolo compito. Uno ha raccontato di aver composto per tre mesi solo finti insetti di pelle di frutta (una purea di frutta a cui viene tolta l’acqua): un complesso lavoro di manifattura in cui ha imparato poco per il suo futuro e che doveva svolgere in silenzio. Situazioni di questo tipo sono peraltro piuttosto comuni nei ristoranti di altissimo livello. Dopo la polemica che l’aveva coinvolto, il Noma aveva deciso di pagare tutti gli stagisti.

Redzepi, 45 anni, nato da una famiglia di origini albanesi, non abbandonerà i locali dove il Noma ora ha sede e non licenzierà lo staff: dice di voler reinventare il ristorante in una nuova forma, dimostrando che «si può invecchiare e restare creativi, continuando a divertirsi facendo il proprio lavoro». Sarà il Noma 3.0: il ristorante era già stato ripensato una volta nel 2018, in occasione di un cambio di sede in cui era stato rinnovato profondamente anche il menù e lo stile.

Il Noma esiste dal 2004 (Jens Dresling/Polfoto via AP, File)

Nei suoi 19 anni di storia, il Noma era diventato un punto di riferimento della cucina mondiale, prima per la sua scelta di utilizzare ingredienti molto locali, tipici della cultura scandinava o raccolti in loco e rielaborati, poi per il modo in cui presentava i piatti, spesso “scolpiti” in nuove forme, con lunghe lavorazioni per trasformarne ed esaltarne però anche i sapori. Nel corso degli anni Redzepi aveva aumentato la ricerca e la sperimentazione, utilizzando ingredienti inusuali e piante normalmente non impiegate in cucina, nonché specializzandosi nei processi di fermentazione, diventati la vera specialità dello chef.

– Leggi anche: Come funzionano le stelle Michelin