Com’è andata l’economia italiana nel 2022

Nel complesso bene, nonostante la crisi energetica e l'inflazione, anche se le prospettive future non sono molto buone

(Photo by Vittorio Zunino Celotto/Getty Images)
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Dopo che nel 2021 l’economia italiana era ripartita nonostante la diffusione dei contagi e le restrizioni, il 2022 è stato per l’Italia l’anno di una ripresa più sostenuta, in cui il paese ha finalmente riassorbito l’8,9 per cento di Prodotto Interno Lordo (PIL) perso nel 2020.

Dopo due anni di restrizioni, le attività sono sempre rimaste aperte e l’economia italiana ha continuato a crescere, anche a un ritmo più sostenuto di quello degli altri paesi europei. Il bilancio è complessivamente positivo: il PIL è aumentato e il mercato del lavoro ha avuto un andamento molto più dinamico del passato. Ma con l’inizio della guerra in Ucraina, la conseguente crisi energetica e l’aumento generalizzato del costo della vita, ci sono state nuove difficoltà da superare e le prospettive per il prossimo futuro sono più incerte.

La crescita del PIL
L’indicatore più efficace per capire che anno è stato a livello economico è il PIL, ossia il Prodotto Interno Lordo, che misura il reddito prodotto da un paese in un determinato periodo. La cifra in sé è poco indicativa e quello che conta è il paragone con gli anni precedenti, che stabilisce se un’economia è cresciuta o si è contratta. Secondo le stime dell’ISTAT, il PIL nel 2022 dovrebbe crescere del 3,9 per cento rispetto allo scorso anno (mancano ancora i dati dell’ultimo trimestre) e ha superato il livello del 2019, ossia l’anno prima della pandemia. L’economia italiana ha quindi più che “riassorbito” le perdite dovute alla crisi da coronavirus.

Tuttavia, viste le incertezze dovute alla guerra, all’inflazione e a una congiuntura internazionale sfavorevole, il prossimo anno le cifre saranno molto più basse. Secondo l’ISTAT, l’economia italiana nel 2023 dovrebbe crescere dello 0,5 per cento, molto meno di questi due anni di rilancio ma più in linea con il ritmo di crescita di prima della pandemia. Si tratta però, secondo quanto afferma proprio l’ISTAT, di una previsione ottimista perché assume un rallentamento notevole dei prezzi dell’energia e dell’inflazione e non è detto che effettivamente si verificherà.

La crisi energetica e l’inflazione
Nel corso del 2022 il costo generale della vita è aumentato notevolmente e i cittadini di tutto il mondo sono tornati ad avere familiarità con un fenomeno che non si vedeva in modo così pronunciato da quarant’anni: l’inflazione.

I prezzi avevano iniziato ad aumentare già a fine 2021 a causa di tutte le distorsioni che ha creato la pandemia, come la mancanza di molti materiali e la strozzatura nelle catene di produzione. Per esempio, la pandemia aveva già reso più caro per le aziende reperire le materie prime necessarie alla produzione (si pensi al caso dei microchip e della carta). La guerra in Ucraina ha poi peggiorato la situazione, soprattutto facendo aumentare enormemente il costo del gas e dell’energia in generale.

Dopo una lunga fase di accelerazione che ha attraversato quasi tutto il 2022, l’aumento dei prezzi sembra essersi stabilizzato: l’inflazione è stata dell’11,8 per cento sia a ottobre che a novembre. Resta comunque un valore altissimo che sta mettendo in difficoltà imprese e famiglie, soprattutto quelle più povere. L’ISTAT ha calcolato che a settembre l’inflazione per la fascia più povera della popolazione italiana è stata di quattro punti percentuali più alta rispetto a quella registrata dalle famiglie più abbienti. Per questo viene chiamata comunemente “tassa sui poveri”, perché con i rincari il potere d’acquisto del loro reddito diventa ancora più basso e spesso insufficiente anche per i beni primari.

– Leggi anche: Cos’è l’inflazione, spiegato

L’industria inizia a soffrire della crisi energetica
I forti rincari del prezzo dell’energia hanno avuto contraccolpi notevoli nella produzione industriale, perché le aziende da mesi stanno di fatto razionando il gas, anche se non è stato loro richiesto per legge. Secondo i dati dalla società energetica Snam, attualmente i consumi di gas dell’industria italiana sono circa il 20 per cento in meno rispetto all’anno scorso.

Il prezzo dell’energia è diventato talmente alto che in alcune industrie negli scorsi mesi sono state adottate misure di emergenza per risparmiare sulle bollette: c’è chi ha chiuso linee di produzione troppo energivore, chi ha allungato il periodo di chiusura estiva, chi ha chiesto la cassa integrazione per i dipendenti. Questa scelta delle imprese ha però un prezzo, perché le aziende producono di meno. Secondo i dati ISTAT, la produzione industriale a ottobre è risultata in calo per il secondo mese consecutivo, soprattutto nei settori dove l’uso di energia è più intensivo. Produrre di meno implica vendere di meno e impiegare meno forza lavoro, con la conseguenza che le aziende e i lavoratori si impoveriscono.


Il mercato del lavoro è andato molto bene
Il 2022 è stato un buon anno per il mercato del lavoro. Secondo i dati ISTAT di ottobre, gli ultimi disponibili, gli occupati sono 23,2 milioni, il numero più alto da quando esistono le serie storiche. I disoccupati, ossia chi sta cercando attivamente lavoro, e gli inattivi, ossia chi non ha un lavoro e non lo sta cercando, sono ai minimi storici. Il tasso di disoccupazione è del 7,8 per cento e quello di occupazione al 60,5 per cento, un valore altissimo.

Il mercato del lavoro è stato particolarmente dinamico soprattutto nella prima parte dell’anno e dall’estate la dinamica dell’occupazione si è stabilizzata. Secondo i dati di Banca d’Italia, da gennaio a ottobre nel settore privato (escluso quello agricolo) sono stati creati 350 mila posti di lavoro aggiuntivi tra i dipendenti. La buona notizia è che per la maggior parte si tratta di contratti di lavoro stabili e a tempo indeterminato: dall’inizio dell’anno più del 90 per cento delle attivazioni ha riguardato posizioni permanenti, in forte aumento rispetto ai primi dieci mesi del 2021 quando erano poco più del 30 per cento.