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  • Mercoledì 28 dicembre 2022

Chi era Pino Rauti

Un importante teorico e politico dell'estrema destra, di cui si riparla per le commemorazioni di sua figlia e di Ignazio La Russa

Rauti nel 2008 alla Camera dei Deputati (©Mauro Scrobogna/LaPresse)
Rauti nel 2008 alla Camera dei Deputati (©Mauro Scrobogna/LaPresse)
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Lo scorso 26 dicembre Isabella Rauti, sottosegretaria alla Difesa del governo di Giorgia Meloni, ha pubblicato un tweet per ricordare l’anniversario della fondazione del Movimento Sociale Italiano (MSI), il partito che raccolse i nostalgici del fascismo e che rappresentò la destra in parlamento per tutta la durata della Prima repubblica. Lo stesso ha fatto il presidente del Senato, Ignazio La Russa, con un post su Instagram pubblicato martedì.

Sia Rauti che La Russa sono stati criticati per una commemorazione giudicata non consona al loro ruolo istituzionale, e alcuni esponenti del Partito Democratico ne hanno chiesto le dimissioni. In particolare Rauti ha corredato il suo tweet con due foto di suo padre Pino, eminente ideologo della destra eversiva italiana ed europea e fondatore del movimento di estrema destra Ordine Nuovo.

Che due membri di Fratelli d’Italia ricordino le loro origini politiche pur rappresentando le istituzioni non è qualcosa di inaspettato, e lo è ancor meno che Isabella Rauti ricordi il padre, che fu parlamentare con l’MSI per cinque legislature. Tuttavia Pino Rauti è un personaggio che per molti versi, e in molte occasioni, si è collocato al di fuori delle regole democratiche dell’Italia repubblicana: perciò ancora oggi un ricordo positivo della sua eredità storica è oggetto di controversie e contestazioni.

Pino Rauti, diminutivo di Giuseppe, nacque a Cardinale (Catanzaro) il 19 novembre 1926. Suo padre lavorava come usciere al ministero della Guerra, a Roma, dove i Rauti si trasferirono quando Pino aveva pochi mesi. Da bambino ricevette un’educazione rigidamente fascista e a 17 anni partì per aderire alla Repubblica sociale di Salò, il governo fascista che si costituì in Lombardia sul finire della Seconda guerra mondiale collaborando con gli occupanti nazisti.

In quel periodo Rauti venne catturato prima dai britannici e poi dai francesi, mentre era arruolato nella legione straniera spagnola. Rientrato in Italia, dopo la guerra, aderì contemporaneamente al Movimento Sociale Italiano e al gruppo clandestino dei FAR (Fasci di azione rivoluzionaria). Negli anni Cinquanta e Sessanta si dedicò all’attività politica pubblica, partecipando a dibattiti e incontri, ma sin da subito la sua attività principale fu teorica e intellettuale.

Semplificando, le idee di Rauti si ispiravano alle opere degli intellettuali Julius Evola e Massimo Scaligero, e teorizzavano una dottrina di destra intransigente, antiliberale, antidemocratica e anticomunista. Tra le altre cose Rauti era sostenitore di un razzismo “spirituale”, ossia legato non a fattori biologici ma culturali, e in funzione di questo razzismo criticava le rivendicazioni post-coloniali. Era fortemente critico sia del comunismo che del capitalismo occidentale, ma nonostante questo prese le parti degli Stati Uniti nella Guerra del Vietnam.

Il raccoglitore primario di queste idee divenne Ordine Nuovo, nata prima come corrente dell’MSI nel 1954 e poi come Centro Studi con un proprio organo di informazione. Le continue divergenze con le altre correnti del partito, e in particolare con il segretario Arturo Michelini, portarono Rauti a uscire dal partito nel 1957, rendendo Ordine Nuovo un organismo autonomo con un gruppo sempre più nutrito di militanti, che negli anni Sessanta presero una piega sempre più sovversiva. Il simbolo di Ordine Nuovo era l’ascia bipenne, la stessa del fascio littorio, simbolo del regime fascista.

Nel 1968 Rauti partì per la Grecia assieme ad altri 51 esponenti di destra, fra cui Stefano Serpieri, agente dei servizi segreti, e Stefano Delle Chiaie, che aveva fondato da qualche anno un altro movimento eversivo di estrema destra, Avanguardia Nazionale. Lo scopo del viaggio era imparare tutto sulle tecniche di infiltrazione, a spese del governo greco. Poco tempo prima, infatti, ad Atene c’era stato il colpo di stato nel quale era stato instaurato il cosiddetto “regime dei Colonnelli”.

Con l’arrivo alla segreteria dell’MSI nel 1969 di Giorgio Almirante, Rauti rientrò nel partito. Ordine Nuovo venne sciolto nel 1973, e alcuni suoi aderenti vennero condannati per ricostituzione del disciolto Partito fascista. Nel 1972 intanto Rauti era stato arrestato per due attentati ai danni di due treni, avvenuti l’8 e il 9 agosto 1969. Successivamente l’incriminazione si estese all’attentato di piazza Fontana del 12 dicembre dello stesso anno. Nel 2010 venne nuovamente processato anche per la strage di piazza della Loggia a Brescia del 28 maggio 1974. Nessuna di queste indagini e di questi processi portò a condanne per Rauti.

Nel 1987 si candidò a segretario dell’MSI, ma venne sconfitto da Gianfranco Fini; poi nel 1990 sconfisse a sua volta Fini e diventò lui segretario, tuttavia sotto la sua guida l’MSI ebbe risultati elettorali pessimi, perciò si dimise e tornò di nuovo Fini. Rauti commentò così la svolta moderata del congresso di Fiuggi, quando dall’MSI nacque Alleanza Nazionale: «Fini ha semplicemente ammesso pubblicamente quello che noi abbiamo sempre sostenuto, e cioè che il “fascismo di destra” non è fascismo, e non lo è mai stato». L’eredità politica di Alleanza Nazionale fu raccolta poi da Fratelli d’Italia nel 2012.

Nel 2004 Rauti fondò il MIS, Movimento idea sociale, che alle elezioni raccolse solo lo 0,1 per cento. Morì nel novembre 2012. I funerali si tennero nella basilica di San Marco, a Roma. Il passaggio della sua bara venne salutato con il braccio teso da molti presenti.

Quella di questi giorni, tra l’altro, non è la prima polemica politica intorno alla figura di Rauti, e intorno all’eredità storica dell’MSI in generale. Un’altra c’era stata lo scorso novembre, quando un circolo di Fratelli d’Italia a Brescia era stato intitolato proprio a Rauti, suscitando proteste a livello locale. E ancora ad agosto dello scorso anno, quando fu nominato direttore dell’Archivio Centrale dello Stato Andrea De Pasquale, che in precedenza aveva acquisito l’archivio di Rauti in un altro istituto con modalità piuttosto apologetiche (e in stretta collaborazione con la famiglia Rauti).

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