In Valle d’Aosta si discute di una funivia da costruire in un vallone protetto

Collegherebbe le piste del Cervino e del Monte Rosa ed è stata proposta dalla Regione nonostante i vincoli ambientali

Il vallone di Cime Bianche, in Valle d'Aosta, visto dall'Alpe Saler (Ripartiamo dalle Cime Bianche)
Il vallone di Cime Bianche, in Valle d'Aosta, visto dall'Alpe Saler (Ripartiamo dalle Cime Bianche)
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Per una serie di ragioni, alcune più tecniche altre più politiche, nelle ultime settimane in Valle d’Aosta si è tornato a discutere di un progetto controverso per la costruzione di una funivia. Riguarda il vallone di Cime Bianche, che si trova in fondo alla Val d’Ayas, ai piedi del massiccio del Monte Rosa, e fa parte di una zona a protezione speciale (ZPS), cioè un’area tutelata dalla legge italiana ed europea per gli habitat naturali che ospita: ci vivono tra le altre 105 specie di uccelli. La Regione e una parte della popolazione locale vorrebbero che ci venisse costruito un impianto per collegare il comprensorio sciistico del Cervino e quello del Rosa. Il Club Alpino Italiano (CAI), il WWF, Legambiente e un’altra parte della popolazione sono contrari al progetto e ripetono da tempo che violerebbe le norme di tutela ambientale.

La questione è interessante perché in un certo senso va al di là del progetto in sé, e ha diversi risvolti, a partire dal fatto che realizzare la funivia vorrebbe dire violare le leggi esistenti per la conservazione degli ambienti naturali. Le discussioni ruotano attorno a due idee contrapposte su come dovrebbe essere il futuro della montagna.

I sostenitori del progetto pensano che la realizzazione della funivia sarebbe lungimirante e favorirebbe lo sviluppo economico e sociale della Val d’Ayas e delle zone circostanti: trasformerebbe la rete di piste da sci di questa regione delle Alpi nel più ampio comprensorio europeo e ne aumenterebbe l’attrattiva turistica.

I contrari dicono che il progetto è anacronistico, oltre che tecnicamente vietato, perché per via del cambiamento climatico ci sarà sempre meno neve sulle Alpi e quindi lo sci sarà sempre meno praticabile. Per questo le comunità montane dovrebbero investire in altri ambiti per far prosperare la propria economia.

Di una funivia nel vallone delle Cime Bianche si parla dal 2014, ma per il momento non esiste un progetto definito. Non si sa ancora che tipo di impianto sarà esattamente, con quanti piloni a sorreggerlo e con quante stazioni intermedie, e nemmeno in quanto tempo potrebbe essere completato. L’idea comunque è usare un impianto a fune di circa 10 chilometri di estensione per collegare Frachey, una località della Val d’Ayas dove si trova un impianto di risalita per andare a sciare sulle piste di Gressoney e Alagna (in Piemonte), sulle pendici del Monte Rosa, al Colle delle Cime Bianche, il valico dove arrivano gli impianti del comprensorio di Cervinia-Valtournenche che è a sua volta unito con quello di Zermatt, in Svizzera.

(Comitato Cervino Monterosa Paradise)

«Avere un collegamento di questa portata aprirebbe nuove possibilità di turismo», dice Bruce McNeill, albergatore di Cervinia, maestro di sci e rappresentante del comitato Cervino Monterosa Paradise, che è a favore del progetto di funivia e riunisce «residenti delle nostre vallate, imprenditori locali, maestri di sci, negozianti e villeggianti che hanno proprietà immobiliari e per questo sono interessati allo sviluppo dell’area».

McNeill spiega che, come tante altre zone di alta montagna, questa parte della Valle d’Aosta si sta spopolando perché le persone giovani non trovano opportunità di lavoro e quindi si spostano per cercarlo. La funivia nel vallone delle Cime Bianche aiuterebbe a fermare questo fenomeno perché permetterebbe a chi lavora nel settore turistico di farlo per 12 mesi all’anno: oggi invece le stagioni lavorative vanno per lo più da dicembre e marzo in inverno e luglio e agosto in estate. Secondo la stima di Cervino Monterosa Paradise, in Italia circa cinquemila persone beneficerebbero della realizzazione dell’impianto, tra i lavoratori degli impianti sciistici, quelli di alberghi e ristoranti e i maestri di sci.

Il futuro mega-comprensorio, dice McNeill, potrebbe ampliare non solo la rete di piste da sci accessibili da diverse località, ma anche le possibilità per i cicloturisti, i quali potrebbero coprire molto più rapidamente grandi distanze che in macchina richiedono anche diverse ore di guida (per esempio da Champoluc a Zermatt ci sono 240 chilometri, e in macchina sono quattro ore e mezza).

Il fatto di avere il più grande comprensorio sciistico d’Europa, specifica McNeill, sarebbe una grande attrattiva sia per gli sciatori, che sono principalmente interessati al numero e alla varietà di piste accessibili dalle località di montagna, sia per i turisti asiatici e americani: «Abbiamo una visione a lungo termine».

I laghi del vallone di Cime Bianche (Ripartire dalle Cime Bianche)

Per Marcello Dondeynaz, rappresentante del comitato Ripartire dalle Cime Bianche, che invece è contrario al progetto della funivia e riunisce residenti e proprietari immobiliari del comune di Ayas, oltre a villeggianti che frequentano la valle da decenni, tutto questo è una «mera illusione». Dondeynaz dice: «La destagionalizzazione non si fa realizzando nuovi impianti di risalita. Oggi la richiesta di una buona parte della domanda turistica è di incontrare la natura e il territorio, non scorgere qualche vetta che supera i 4mila metri dagli impianti di risalita, per poi farsi un selfie».

Dondeynaz non nega che tra i turisti ci siano persone che non sono esperte di montagna, e che magari vogliono visitarla in modo più comodo, senza fare le camminate più lunghe e impegnative. Ma è anche convinto che per questo tipo di turismo le strutture esistano già, e che non sarà costruendo la funivia che aumenteranno le visite. «Chi d’estate vuole andare al Plateau Rosa [ghiacciaio in Svizzera, appena oltre il confine con l’Italia] non alloggerà ad Ayas, per poi passare tempo e tempo su un impianto, né tantomeno a Gressoney o ad Alagna, come dice il comitato Cervino Monterosa Paradise a chi vive lì, ma andrà direttamente a Cervinia».

E, aggiunge Dondeynaz, i turisti americani e asiatici che vogliono visitare questa parte delle Alpi molto probabilmente sceglierebbero comunque la località più celebre, Cervinia.

Per Dondeynaz, l’unico vero beneficio della funivia riguarderebbe appunto Cervinia, e in particolare chi ha delle proprietà immobiliari nel paese, perché il marketing incentrato sul più grande comprensorio sciistico d’Europa porterebbe a un aumento del valore degli immobili. E aumenterebbe l’interesse per Cervinia in Svizzera, dato che da qualche anno a Zermatt non si possono più costruire seconde case.

Il vallone di Cime Bianche d’inverno in uno scatto del progetto fotografico “L’ultimo vallone selvaggio” (© Annamaria Gremmo Photography)

Non è ancora stato fatto un vero e proprio progetto per la funivia nel vallone delle Cime Bianche perché prima serve uno studio di fattibilità.

Lo studio dovrà valutare le opzioni disponibili sulla base della conformazione del vallone di Cime Bianche, ma non solo. Dovrà stimare gli impatti dell’eventuale funivia sull’economia locale (quindi anche le sue conseguenze sociali), e sull’ambiente, sia per quanto riguarda la geologia del vallone e il rischio di valanghe che per gli habitat naturali e gli animali che ci vivono.

L’anno scorso una società di Bolzano è stato incaricata di fare questo studio da Monterosa Spa, l’azienda partecipata della Regione Valle d’Aosta che gestisce il comprensorio Monterosa Ski, e la pubblicazione del lavoro dovrebbe essere imminente.

In queste settimane, inoltre, due commissioni del Consiglio regionale valdostano stanno ascoltando i rappresentanti dei gruppi favorevoli e contrari al progetto, dopo aver ricevuto una petizione che chiede di accantonarlo scritta da Ripartire dalle Cime Bianche insieme al CAI e firmata da 2.335 persone.

Non è facile farsi un’idea precisa della popolarità del progetto tra le persone che vivono nelle valli interessate. McNeill dice che «la maggior parte della popolazione è a favore» e ricorda che nel 2015 l’80 per cento delle famiglie di Ayas che avevano risposto a un questionario diffuso da un’azienda coinvolta nel progetto si era detto favorevole alla funivia.

Dondeynaz sottolinea che solo 289 famiglie su 600 avevano partecipato e che peraltro le domande del questionario erano scritte in modo fazioso. Riconosce tuttavia che ad Ayas, il comune per cui la funivia sarebbe più rilevante, ci sono molte persone interessate alla realizzazione dell’impianto. Una parte minoritaria contraria c’è e lo dimostra il fatto che Ripartire dalle Cime Bianche sia nato proprio lì. Negli altri comuni il progetto è abbastanza ben visto, sebbene con minore interesse, mentre nel resto della Valle d’Aosta ci sono parecchi contrari, che infatti hanno aderito alla petizione portata al Consiglio regionale.

C’è anche un’altra petizione in difesa dal vallone, realizzata attraverso la piattaforma Change.org, che ha raccolto più di 16mila adesioni: è stata organizzata da un gruppo di tre fotografi non valdostani ma molto legati al territorio che dal 2017 si sono impegnati per far conoscere le Cime Bianche a più persone possibili, oltrepassando i confini della regione, con il progetto fotografico L’ultimo vallone selvaggio.

Il vallone di Cime Bianche in autunno in un altro scatto del progetto fotografico “L’ultimo vallone selvaggio” (© Annamaria Gremmo Photography)

A gennaio al Consiglio regionale sarà presentata una relazione sulla petizione e sulle successive udienze dalle commissioni che le stanno seguendo. La cosa più importante da capire rimane in che modo l’amministrazione regionale e Monterosa Spa pensino di realizzare la funivia tenendo conto che per legge non si potrebbe fare.

Come ha ricordato alle commissioni l’avvocata Paola Brambilla Pievani, che rappresenta Ripartire dalle Cime Bianche e una serie di associazioni tra cui il CAI, il WWF Italia e Legambiente Valle d’Aosta, secondo un decreto ministeriale del 2007 non si possono realizzare nuovi impianti di risalita a fune nelle ZPS a meno che non siano stati formalmente previsti o autorizzati prima dell’emanazione del decreto stesso. Il decreto ammette «modesti ampliamenti del demanio sciabile», ma solo nei casi in cui non comportino «un aumento dell’impatto sul sito in relazione agli obiettivi di conservazione della ZPS».

Secondo il più recente rapporto di Legambiente Nevediversa in Italia attualmente esistono più di 150 progetti di interventi piccoli o grandi che mirano ad ampliare piste e impianti da sci all’interno di zone protette. «Le strategie per aggirare gli ostacoli delle normative sono molteplici», spiega il rapporto, «si opera in deroga, si tenta di restringere i confini delle aree protette oppure si procede a pezzi […]. Si realizza uno step iniziando con un lembo di un’area protetta. Poi, dopo qualche anno, usando spesso motivazioni legate allo sviluppo economico locale, si apre un’altra procedura, si aggiunge un’altra fetta di progetto e così via fino al completamento dell’opera desiderata».

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