• Lunedì 19 dicembre 2022

La riapertura del casinò di Campione non basta a risolvere i problemi del comune

Gli introiti che assicura all'amministrazione, molto inferiori rispetto a un tempo, non sembrano sufficienti per ripagare i debiti

(ANSA/FABRIZIO CUSA)
(ANSA/FABRIZIO CUSA)

Il comune di Campione d’Italia, che è italiano ma si trova nel territorio svizzero, continua ad avere grossi problemi finanziari nonostante la riapertura del casinò, avvenuta quasi un anno fa dopo quasi quattro anni di chiusura dovuta a una sentenza di fallimento decisa dal tribunale di Como per gravi insolvenze. Il comune, che del casinò era ed è socio unico, è infatti in dissesto finanziario, ha debiti molto ingenti e il piano di rientro presentato alla Corte dei Conti è stato bocciato.

Nonostante il casinò abbia ripreso a funzionare, non può più garantire al comune quelle entrate che assicurava negli anni della prosperità, quando cioè faceva arrivare nelle casse del comune 40 milioni di euro ogni anno. Per il 2022 sono previsti invece solo 500mila euro. 

La situazione grave in cui si trova il comune sarebbe dimostrata da alcuni recenti accertamenti avviati dai carabinieri che, riporta la Provincia di Como, sono andati in municipio per raccogliere documenti e informazioni su due operazioni finanziarie con cui, apparentemente, l’amministrazione avrebbe tentato di ottenere liquidità. La prima riguarda la vendita di una pilotina, cioè una piccola barca, all’autorità di bacino, un ente pubblico che si occupa di laghi e bacini idrografici (Campione d’Italia è sul Lago di Lugano). La seconda riguarda invece la vendita di armi che prima erano in uso alla polizia municipale: si tratta di 19 pistole calibro 40 Heckler & Koch per le quali sarebbero stati offerti solo 600 euro. Le pistole sarebbero state messe in vendita perché il reparto di polizia municipale di Campione d’Italia, che un tempo contava 25 persone, è stato sciolto, proprio per i problemi finanziari del comune. 

Campione d’Italia è un’exclave, cioè un territorio che si trova fuori dai confini nazionali. Il comune è circondato dalla Svizzera: ha 1.900 abitanti, fa parte della provincia di Como ed è a 30 km circa dalla dogana. Dal 1861 fa parte dello stato italiano, e il casinò venne inaugurato nel 1917. Da allora, per molti decenni, è stata una fonte di guadagno cospicua e sicura per l’amministrazione, ma al momento della chiusura nel 2018, e quindi della fine degli introiti destinati al comune, l’amministrazione aveva 103 dipendenti: tantissimi, per un paese di quelle dimensioni.

Undici anni prima, nel 2007, era stata inaugurata la nuova sede del casinò, disegnata dall’architetto svizzero Mario Botta: dai 7mila metri quadrati della vecchia sede si passò ai 55mila della nuova. Inizialmente, il progetto prevedeva un edificio dalle misure più contenute ma furono le diverse amministrazioni, alternatisi negli anni, a far crescere il progetto a dismisura. Due anni fa lo stesso Mario Botta ha definito l’edificio «fuori scala».

La sede del casinò di Campione progettata da Mario Botta (ANSA / MATTEO BAZZI)

L’inaugurazione della nuova sede coincise con l’acuirsi della crisi dei casinò, dovuta soprattutto all’espansione delle scommesse del gioco on line. Ci furono poi altre cause che aggravarono i problemi: in Svizzera vennero aperti due nuovi casinò concorrenti, a Mendrisio e a Lugano, mentre in Italia da una parte avvenne la liberalizzazione del gioco d’azzardo, mentre dall’altra vennero adottate norme sempre più efficaci sulla tracciabilità del contante.

Nel 2018 il tribunale di Como dichiarò fallito il casinò di Campione d’Italia, dopo che un piano di risanamento era stato bocciato. Al momento della chiusura l’ammontare dei debiti era di 132 milioni di euro, di cui 42 spettanti al comune. Il casinò licenziò 482 persone (per 46 di loro il tribunale ha deciso pochi giorni fa un risarcimento di 12 mensilità pari a un totale di 5 milioni di euro), ma la chiusura ebbe effetti su tutto l’indotto della zona: alberghi, ristoranti, bar. Campione d’Italia da comune ricco divenne un comune in grave difficoltà finanziaria. Parallelamente alla chiusura del casinò, il comune sancì il dissesto economico e quindi il fallimento.

Il casinò ha potuto riaprire dopo che il tribunale ha approvato un piano di salvataggio a cui avevano dato il benestare i creditori. Ha detto al Corriere della Sera il sindaco di Campione d’Italia Roberto Canesi: «Abbiamo voluto percorrere questo iter nonostante un certo scetticismo iniziale perché il debito era cospicuo. È stato costruito un percorso di recupero e ripartenza che dovrebbe portare a risarcire tutti i creditori». 

I giudici del tribunale fallimentare di Como hanno analizzato a ottobre i primi risultati del casinò dopo la riapertura. La società del casinò, infatti, è tenuta a presentare ai commissari giudiziali la rendicontazione semestrale dell’attività, dei ricavi, di tutti i pagamenti effettuati e delle disponibilità liquide, e informare anche per il conferimento di incarichi professionali che comportino compensi superiori a 20mila euro. 

I giudici hanno scritto che «emergono elementi che lasciano ritenere che la società sia in grado di far fronte ai pagamenti previsti nel piano alle scadenze stabilite». I giudici hanno però anche aggiunto che i risultati «indubbiamente positivi vanno tuttavia interpretati con la dovuta prudenza, attese le variabili tra cui la definizione dei rapporti tra Comune e Casinò, con l’introduzione di meccanismi per garantire una corretta conduzione del ruolo di azionista da parte del Comune, per limitare gli interventi nell’ambito operativo e organizzativo della società».

Secondo i giudici, un nuovo fallimento del casinò «costituirebbe un’alternativa rovinosa per l’interesse del ceto creditorio, se non altro perché la conseguente liquidazione giudiziale comporterebbe la cessione delle singole attività aziendali e non dell’azienda nel suo complesso, con conseguenti minori ricavi». Il casinò ha reintegrato 170 lavoratori e le attività di alberghi ed esercizi commerciali contigue, secondo il sindaco, sono riprese in maniera abbastanza soddisfacente.

Ma nonostante il casinò si stia riprendendo, non sembra destinato a risolvere il grave problema del dissesto economico del comune. I nuovi accordi prevedono un milione di euro di entrate per l’amministrazione comunale nel prossimo anno, per arrivare poi a 2,5 milioni di euro nel 2027. Cifre molto lontane dai 40 milioni di euro garantiti dal casinò degli anni della prosperità.

Per due volte, nei mesi scorsi, la Corte dei Conti ha bocciato il disegno di rilancio del comune definendolo «inadeguato, incerto e poco credibile». A ottobre, in occasione della seconda bocciatura, la Corte dei Conti ha stabilito che «il disegno di rilancio non risulta idoneo a supportare adeguatamente e concretamente, sotto il profilo finanziario e di certezza delle adeguate risorse, il riequilibrio del comune». 

Secondo Angela Pagano, dirigente dell’ufficio contabilità e gestione finanziaria della prefettura di Como, incaricata di gestire i debiti dell’anno 2018, il comune di Campione d’Italia non ha mai ripagato tutti i debiti, nonostante numerosi solleciti. Spiegava Pagano alla Provincia di Como: «Pesano interrogativi quali, per esempio, gli 87 milioni di euro richiesti dalla regione Lombardia a pagamento delle spese sanitarie dei cittadini campionesi fruite in Ticino. La parte italiana è rimasta insoluta mentre i debiti con la Svizzera sono stati saldati anche attraverso fondi ad hoc».

La situazione del comune di Campione d’Italia è quindi molto difficile tanto che più volte è stata prospettata l’ipotesi di un commissariamento. E dato che il comune è socio unico del casinò, anche le prospettive della casa da gioco appaiono complicate. 

– Ascolta il podcast sul casinò di Campione: La fabbrica dei soldi