La nuova scommessa a Campione d’Italia

Dopo tre anni di chiusura e 130 milioni di euro di debiti il casinò dell'exclave italiana in Svizzera riaprirà con un nuovo piano finanziario

Il casinò di Campione d'Italia (ANSA/FABRIZIO CUSA)
Il casinò di Campione d'Italia (ANSA/FABRIZIO CUSA)

Il tribunale fallimentare di Como ha approvato la proposta di concordato in continuità presentata dalla società di gestione del casinò di Campione d’Italia: il piano prevede la riapertura entro la fine dell’anno e la riassunzione iniziale di 174 dipendenti. Il casinò era stato chiuso il 27 luglio del 2018 quando la società di gestione, controllata interamente dal comune, era stata dichiarata fallita dal tribunale. Un mese e mezzo prima era emerso il dissesto finanziario dello stesso comune a causa dei mancati trasferimenti in arrivo dal casinò, che negli anni precedenti aveva accumulato debiti per 130 milioni di euro.

Campione d’Italia è un piccolo comune italiano di quasi duemila abitanti e da oltre un secolo il suo nome e il suo benessere economico sono legati al casinò. È un’exclave, cioè un territorio che si trova interamente fuori dai confini nazionali. È circondato dalla Svizzera, a circa trenta chilometri dalla dogana di Como, della cui provincia fa formalmente parte, e si affaccia sul lago di Lugano.

Nel 1861 fu annesso all’Italia grazie a un accordo con la Svizzera, e da allora ne ha sempre fatto parte. Il casinò aprì nel 1917 e chiuse due anni più tardi, nel 1919, per poi riaprire definitivamente nel 1933. Divenne rapidamente la prima fonte di guadagno per la popolazione locale e per anni ha garantito notevoli entrate a tutti gli abitanti: «A quei là de Campiün cressean i danée sui ramm», a Campione raccolgono i soldi dagli alberi, dicevano i comaschi con una certa invidia.

Quando è stato chiuso, il casinò aveva 482 dipendenti e garantiva lavoro ad almeno altre 300 persone occupate nell’indotto: quasi metà degli abitanti del comune aveva un lavoro legato alla casa da gioco. Anche il comune, unico azionista, ne beneficiava: dal 2006 al 2018 il casinò garantì alle casse pubbliche 577 milioni e 375 mila franchi svizzeri, pari a 530 milioni di euro.

Negli anni questi fondi continui e cospicui furono utilizzati per allargare la pianta organica del comune, che fino al 2018 aveva 103 dipendenti, un numero sproporzionato rispetto alla popolazione. «Il clientelismo ha trasformato la sede del municipio in una vacca sacra dalle tette d’oro» ha spiegato Giordano Zanzi intervistato da Reportagen durante il periodo in cui era commissario prefettizio di Campione d’Italia. «Il commesso del comune guadagna in franchi svizzeri l’equivalente di seimila euro al mese, da prefetto io ne guadagno 5.500». Durante il suo mandato, il commissario tagliò i dipendenti da 103 a 15.

Nel 2007 fu inaugurato il nuovo enorme edificio del casinò, progettato dall’architetto svizzero Mario Botta. Dai settemila metri quadrati della vecchia struttura si passò a 55mila metri quadrati distribuiti su nove piani. Già prima dell’inaugurazione molti criticarono le dimensioni del nuovo edificio, considerate eccessive per il contesto del paesaggio. Nel 2020 anche Botta ammise di ritenere il suo stesso progetto “fuori scala”, e intervistato dal Corriere della Sera spiegò che la versione finale fu il risultato delle continue richieste del comune. «Ad ogni amministrazione aumentava la cubatura, non era mai grande abbastanza», ha detto Botta. «Megalomani, litigiosi e rapaci. L’unica cosa che li accomunava era la complice consapevolezza di poter attingere impunemente a un pozzo senza fondo».

L’espansione architettonica non coincise con una crescita degli scommettitori. Anzi, dal 2008 iniziò la crisi che poi avrebbe portato alla chiusura. Sandra Bernasconi, ex responsabile del marketing del casinò, ha spiegato che l’investimento nel più grande e costoso casinò d’Europa arrivò nel momento in cui tutte le case da gioco iniziarono a pagare la notevole crescita delle scommesse online.

La crisi finanziaria del 2008, la svalutazione dell’euro sul franco svizzero, l’apertura di nuovi casinò a Lugano e Medrisio, l’obbligo della tracciabilità del contante e la liberalizzazione del gioco d’azzardo in Italia furono le altre cause delle difficoltà economiche. A spese costanti – cinquanta milioni di euro all’anno solo di stipendi – le entrate iniziarono a calare soprattutto a causa del crollo di quelle provenienti da roulette e blackjack.

Nel 2018 arrivò la dichiarazione di fallimento e la chiusura a causa dei 130 milioni di debiti accumulati negli anni precedenti, ma a marzo 2019 la Corte d’Appello di Milano annullò la sentenza di fallimento del tribunale di Como per una questione di procedura, contestando la «mancata audizione del debitore, ovvero della stessa società di gestione», interpretandola come una «violazione del diritto costituzionale di difesa».

Un mese dopo, nell’aprile del 2019 la Banca Popolare di Sondrio – in qualità di creditrice – impugnò la sentenza della Corte d’Appello attraverso un ricorso in Cassazione, sostenendo che il casino non potesse fallire perché gestito da una società a partecipazione pubblica. Nel dicembre 2020 la Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso della banca aprendo la strada al concordato in continuità.

(ANSA/KARL MATHIS)

Il piano di risanamento approvato martedì 15 giugno dal tribunale di Como prevede una significativa riduzione dei costi attraverso un ridimensionamento del personale: alla riapertura i dipendenti saranno 174, con la possibilità di aumentare il numero fino a 280 entro i prossimi cinque anni. In questo modo il costo del lavoro passerà da 50 milioni di euro all’anno a meno di 11, fino a un massimo di 17 milioni dopo cinque anni. 

Secondo le previsioni, nel primo anno di attività dopo la riapertura si dovrebbero raggiungere 41 milioni di ricavi da gioco con una crescita fino a 80 milioni all’anno nel quinto anno del piano. Al momento il debito è stato ridotto rispetto al 2018 e ammonta a 130 milioni di euro. I creditori privilegiati, tra cui i dipendenti e l’Agenzia delle Entrate, saranno rimborsati al 100 per cento nei prossimi cinque anni, mentre i creditori chirografari, cioè quelli che non hanno il diritto di prelazione, riceveranno il 60 per cento con la possibilità di aumentare la percentuale se le entrate saranno maggiori rispetto a quanto previsto nel piano.

Come ricostruito dal Sole 24 Ore, nei prossimi cinque anni non è previsto il rimborso del debito nei confronti del comune, che controlla il casinò. Solo se ci saranno ricavi aggiuntivi rispetto alle previsioni, e solo dopo il rimborso completo anche ai creditori chirografari, il comune potrà ricevere i pagamenti. L’udienza per l’omologa del concordato è stata fissata il prossimo 2 novembre. «Il piano ha durata quinquennale e si fonda su una radicale discontinuità strategica, di governance e gestionale rispetto al passato», ha spiegato al Sole 24 Ore Stefano Zane, amministratore delegato dello studio che ha predisposto il piano industriale e finanziario. «Come si dice in gergo, il banco vince sempre: un casinò, per definizione, non può perdere se gestito con professionalità e attenzione».

Il sindaco di Campione d’Italia, Roberto Canesi, ha accolto l’ammissione del concordato con soddisfazione. Canesi sostiene che solo la riapertura del casinò potrà garantire un futuro al paese. «I cittadini di Campione possono iniziare a guardare al futuro con ottimismo, lasciando alle spalle questi ultimi drammatici tre anni caratterizzati dalla lunga chiusura della principale fonte di sostentamento dell’economia locale», ha detto al Giorno.


Negli ultimi anni oltre al tribunale fallimentare si è mossa anche la procura con un’inchiesta giudiziaria iniziata dopo un esposto presentato nel 2016 dagli allora consiglieri di opposizione Roberto Salmoiraghi e Alfio Balsamo, che segnalarono i mancati versamenti del casinò al comune. Le indagini iniziate dopo l’esposto fecero emergere la crisi economica e coinvolsero gli stessi Salmoiraghi e Balsamo.

Mercoledì 16 giugno il giudice dell’udienza preliminare di Como, Andrea Giudici, ha deciso il rinvio a giudizio per diciassette persone. Come ricostruito dal Giorno, a processo andranno Maria Paola Mangili Piccaluga, sindaca dal 2007 al 2017, con l’ex vicesindaco Florio Bernasconi, il segretario comunale Giampaolo Zarcone ed Emanuela Radice con l’accusa di abuso d’ufficio per la rinuncia ai crediti esigibili dalla casa da gioco nel 2013 e 2014. Roberto Salmoiraghi, sindaco dal giugno 2017 al settembre 2018, il vicesindaco Alfio Balsamo e la segretaria comunale Lucia Amato saranno invece a processo con l’accusa di aver garantito il mantenimento dell’impiego a un parente di Salmoiraghi e uno di Balsamo, scorporandoli dall’elenco degli esuberi. A processo si discuterà anche l’accusa di falso in bilancio per le annualità 2015 e 2016 anche l’accusa di falso in bilancio per le annualità 2015 e 2016 che coinvolge l’ex amministratore delegato Carlo Pagan e altri componenti del consiglio di amministrazione. L’udienza è stata fissata il 12 aprile 2022.