Carlo Nordio vuole una profonda riforma delle intercettazioni

Il ministro della Giustizia ne ha parlato in modo molto critico, descrivendole come «uno strumento micidiale di delegittimazione»

Il ministro della Giustizia Carlo Nordio (ANSA/FABIO FRUSTACI)
Il ministro della Giustizia Carlo Nordio (ANSA/FABIO FRUSTACI)

Martedì il ministro della Giustizia Carlo Nordio ha parlato davanti alla commissione Giustizia del Senato per spiegare il suo programma e le sue priorità. Tra le altre cose si è soffermato alcuni minuti sull’uso delle intercettazioni nelle indagini e nei processi, che ha detto molto chiaramente di voler riformare: «Ne proporremo una profonda revisione, e comunque vigileremo in modo rigoroso – e sottolineo, molto rigoroso – su ogni diffusione che sia arbitraria o impropria».

Nordio ha spiegato che in Italia l’uso dei diversi tipi di intercettazioni è «di gran lunga superiore alla media europea» e a quella dei paesi anglosassoni, e ne ha parlato in modo molto critico, come di uno strumento a cui si ricorre troppo spesso e con una certa leggerezza: «Gran parte di queste si fanno sulla base di semplici sospetti e non concludono nulla».

Secondo Nordio le intercettazioni sarebbero inoltre un pericolo per «la riservatezza e l’onore delle persone coinvolte, che spesso non sono nemmeno indagate»:

La loro diffusione, talvolta selezionata e magari pilotata, costituisce uno strumento micidiale di delegittimazione personale e spesso politica. Si tratta di sostanziali violazioni quasi blasfeme dell’articolo 15 della Costituzione, che fissa appunto la segretezza delle comunicazioni come interfaccia della libertà.

Nordio fa riferimento al fatto che in Italia accade con una certa frequenza che le informazioni sulle indagini e le intercettazioni vengano pubblicate dai giornali, anche quando sono coperte da segreto. Secondo Nordio è un problema soprattutto nei casi in cui questa diffusione venga usata strumentalmente contro persone comuni o politici in modo deliberato.

L’ampio ricorso alle intercettazioni che si fa in Italia, secondo Nordio, sarebbe legato al fatto che da mezzo di ricerca della prova «sono diventate uno strumento di prova». Inoltre usarle avrebbe un costo elevatissimo, di «centinaia di milioni di euro l’anno», che non sarebbe giustificato dagli esiti dei processi: «Non si è mai vista una condanna inflitta sulla sola base delle intercettazioni», dice Nordio.

Le intercettazioni di cui parla Nordio non sono solo quelle telefoniche, a cui siamo più abituati ad associare il termine, ma anche quelle “ambientali” e “direzionali” (cioè fatte con microspie o con particolari microfoni). Tra le altre menzionate da Nordio ci sono le intercettazioni “telematiche”, cioè fatte attraverso l’acquisizione di dati in rete, e quelle fatte con “trojan”, virus installati su un apparecchio elettronico (che però in Italia sono possibili solo per alcuni reati molto gravi).