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  • Domenica 4 dicembre 2022

Come se la passa la sinistra francese

Dopo un buon risultato alle ultime elezioni parlamentari il cartello elettorale che va dai Verdi ai Socialisti passando per il partito di Mélenchon sta traballando

Jean-Luc Mélanchon, Parigi, 16 ottobre 2022 (Sam Tarling/Getty Images)
Jean-Luc Mélanchon, Parigi, 16 ottobre 2022 (Sam Tarling/Getty Images)
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Alle elezioni legislative francesi dello scorso giugno l’alleanza di sinistra NUPES fra Verdi, Comunisti, Socialisti e il partito di sinistra La France Insoumise guidato da Jean-Luc Mélenchon era risultata la seconda forza del parlamento. Da lì in poi, i deputati dei partiti che compongono la coalizione si sono mostrati divisi su diverse questioni: alcune più puntuali e circoscritte, altre che hanno a che fare con la linea politica più generale. Queste divisioni hanno generato varie discussioni intorno alla solidità dell’alleanza, sui giornali francesi e internazionali.

«La sinistra francese raramente è stata così unita, e raramente così divisa», ha scritto per esempio Politico in un suo recente articolo. Altri pensano invece che sottolineare i dissensi interni faccia parte di una precisa strategia di indebolimento della sinistra stessa, da parte di ambienti più conservatori. In generale, vari giornali si stanno chiedendo come andranno le cose per NUPES e quale potrebbe essere il suo futuro.

Il progetto di arrivare con una sinistra unita alle ultime legislative era stato portato avanti con molta determinazione da Jean-Luc Mélenchon, forte del risultato del primo turno delle presidenziali dove aveva ottenuto circa il 22 per cento dei voti, arrivando appena dietro al presidente Emmanuel Macron e alla leader della destra radicale Marine Le Pen. All’interno di NUPES il partito di Mélenchon si sta muovendo spesso in modo non coordinato e sta di fatto facendo prevalere la propria strategia, cioè quella di portare avanti un’opposizione frontale, permanente e molto conflittuale nei confronti del governo, sfruttando il fatto che Macron non ha più la maggioranza all’Assemblea Nazionale come durante il suo primo mandato. Questo approccio però non è condiviso da tutti i partiti della coalizione.

Le nicchie parlamentari
Fin dall’inizio della nuova legislatura, la France Insoumise (LFI) ha sfruttato sistematicamente il meccanismo delle cosiddette “nicchie parlamentari”, ossia il fatto che, in base a quanto stabilito dalla Costituzione all’articolo 48, una giornata al mese possa essere riservata alla discussione parlamentare di un ordine del giorno stabilito dai gruppi di opposizione. Nei casi in cui il governo abbia la maggioranza assoluta, le possibilità che l’opposizione riesca a far approvare un proprio testo sono molto scarse. Ma in caso di maggioranza relativa, cioè la situazione di oggi, le nicchie parlamentari assumono tutt’altro peso: lo spazio di libertà concesso alle opposizioni diventa, per loro, una reale opportunità per fare passare alcune delle proprie proposte. E non solo per imporre i propri temi, ma anche per destabilizzare equilibri e compattezza dei partiti di altre aree politiche.

Lo si è visto di recente in occasione della proposta di legge costituzionale della deputata di LFI Mathilde Panotche, fatta appunto durante una nicchia parlamentare, per inserire e garantire nella Costituzione il diritto all’aborto. La proposta ha innanzitutto portato al ritiro di un progetto di legge molto simile presentato da una deputata del partito di Macron. E ha portato all’approvazione del testo con i voti di NUPES, ma anche con quelli della maggioranza, di parte della destra e dell’estrema destra.

– Leggi anche: La discussione in Francia per inserire il diritto all’aborto nella Costituzione

Altre proposte portate in modo indipendente da LFI durante la giornata delle opposizioni, come quella sull’abolizione della corrida, hanno però suscitato qualche perplessità tra gli alleati. I quali, di fronte all’impossibilità di trovare una posizione unitaria e accusando LFI di muoversi in modo isolato rispetto all’alleanza, hanno deciso di concedere libertà di voto ai loro deputati: che si sono dunque mossi in ordine sparso.

Le mozioni di sfiducia
Un’altra questione su cui la coalizione di sinistra non ha dimostrato unità ha a che fare con le mozioni di sfiducia. Da quando si è insediato con una maggioranza relativa, il governo sta facendo spesso ricorso all’articolo 49.3, una procedura legislativa consentita dalla Costituzione che permette di votare un progetto di legge senza passare dal voto del parlamento. L’unica opposizione possibile a questo strumento è proporre mozioni di sfiducia nei confronti del governo. Le opposizioni, sia di destra che di sinistra, lo stanno usando regolarmente: ma lo sta facendo in modo sistematico soprattutto LFI.

Il Partito Comunista Francese (PCF), i Verdi e il Partito Socialista che fanno parte di NUPES non condividono però il fatto di “sistematizzare” l’uso di questo strumento. «Può essere controproducente», ha detto ad esempio il deputato comunista Pierre Dharréville. Il rischio di far ricorso ripetutamente alle mozioni di sfiducia è banalizzarle o renderle impopolari facendole diventare, per l’opinione pubblica, un semplice stratagemma per impedire al governo di governare.

Il risultato è che alcune mozioni di sfiducia presentate da LFI non sono state votate in modo compatto dagli altri partiti dell’alleanza, anzi. In alcuni casi non sono state votate affatto e in un caso la mozione è stata sostenuta dal partito di estrema destra di Marine Le Pen, Rassemblement National. Questo ha dato modo alla maggioranza e a Macron di criticare con forza l’alleanza della sinistra accusandola di essere «cinica», di voler solo creare «disordine», e di essere pronta a «mettersi mano nella mano con RN».

Per LFI l’obiettivo è chiaro: tentare il tutto per tutto per far cadere il governo e andare a elezioni legislative anticipate. E che l’obiettivo venga raggiunto con il contributo dell’estrema destra non sembra creare molto imbarazzo: «Sì, speriamo di far cadere questo governo», ha detto Mélenchon. Precisando che non c’è alcuna idea di allearsi con Le Pen, ha aggiunto: «Dicono che noi banalizziamo le mozioni, ma loro banalizzano il 49.3. Non dobbiamo avere paura dello scioglimento delle Camere, non si fa politica con la paura. Se ci saranno quattordici 49.3, ci saranno quattordici mozioni di sfiducia. Dobbiamo affrontare Macron mattina, mezzogiorno e sera, a Natale, a Capodanno, senza sosta. Ma sembra che mi stia divertendo solo io».

In NUPES c’è effettivamente chi ha una visione differente su come fare opposizione a Macron. Ecologisti, comunisti e socialisti hanno mostrato un forte imbarazzo per la mozione votata anche dall’estrema destra. André Chassaigne, leader dei deputati comunisti, ha chiesto un maggiore equilibrio: «Serve una forma più matura nella politica di NUPES all’Assemblea Nazionale».

Jean-Luc Mélenchon e i congressi
All’interno di NUPES la figura di Jean-Luc Mélenchon – che non è più deputato, ma che da fuori sembra continuare a dettare la linea – è piuttosto controversa e non sembra contribuire a superare le divergenze interne: piuttosto ad accentuarle. A fine ottobre, dopo il voto su una mozione di sfiducia di LFI, Mélenchon aveva pubblicato sul suo blog un lungo post sotto forma di domande e risposte in cui indicava gli avversari di NUPES. Ed erano tutti interni: «L’ala Hollande del PS, l’ala Jadot di EELV (i Verdi, ndr) e Fabien Roussel», facendo riferimento all’ex presidente socialista François Hollande, all’ex candidato dei Verdi alle presidenziali Yannick Jadot e al segretario nazionale del PCF, tutti e tre piuttosto critici verso la partecipazione dei propri partiti all’alleanza e poco convinti della strategia radicale di Mélenchon.

C’è poi una quarta figura critica verso Mélenchon, ma anche verso tutto LFI, di cui pure fa parte: il deputato François Ruffin. Ruffin sostiene che sia arrivato il momento di abbandonare la cultura dell’indignazione permanente all’interno della coalizione e di cominciare a ricostruire una cultura di governo. Il suo obiettivo non sembra solo quello di sanare le divisioni interne a NUPES, ma anche quello di riconquistare i tanti elettori di sinistra moderata che dal 2017 hanno preferito votare Emmanuel Macron.

A rendere la situazione della coalizione ancora più fragile c’è il fatto che tre dei quattro partiti che ne fanno parte presto terranno il proprio congresso: e il cambio di dirigenza, se prevarranno le opposizioni interne, potrebbe portare anche a un cambio di posizione rispetto a LFI. Il congresso dei Verdi si terrà tra una decina di giorni, quello del PCF in aprile, ma la situazione più rischiosa è quella del PS. Il segretario Olivier Faure, accusato da parte del suo stesso partito di aver assoggettato il PS a Mélenchon, si gioca una rielezione tutt’altro che scontata il prossimo gennaio a Marsiglia. Ed è soprattutto su di lui che si fonda l’alleanza con LFI: «Senza Olivier Faure, non ci sarà più NUPES», si è spinto a dire il deputato di LFI Manuel Bompard.

Quale futuro per NUPES?
Diversi giornali francesi di sinistra e molti deputati che appartengono a NUPES pensano che l’alleanza della sinistra stia comunque reggendo e che il sottolinearne le divergenze faccia parte di una precisa strategia di indebolimento da parte dei suoi avversari, a cui si è aggregata anche la stampa. Libération scrive ad esempio che dopo diversi mesi di andamento più o meno unitario, la prospettiva della grande lotta contro la riforma delle pensioni voluta da Macron riunirà tutte le componenti di NUPES. Tutti i partiti dell’alleanza, dice poi Libération, «difendono l’aumento del salario minimo, la tassazione dei super-profitti, il congelamento dei prezzi dell’energia e dei beni di prima necessità, ma anche la necessità di un cambiamento radicale verso un’economia più sostenibile». Il resto, conclude il quotidiano, «è principalmente una questione di sfumature o modi di fare le cose».

Sui giornali francesi ci si chiede comunque da tempo quale sarà il futuro elettorale di NUPES. Se LFI ha ipotizzato che i partiti della coalizione possano presentarsi con una lista unica o comunque combinati tra loro alle elezioni europee del 2024, il PS ha già escluso categoricamente questa possibilità, sulla quale sono scettici anche i Verdi.

Poi ci sono le presidenziali del 2027, «un appuntamento lontano, ma già nella mente di tutti (e non solo della sinistra)», scrive Libération. Il quotidiano si augura un percorso aperto e molto ampio che, attraverso delle primarie che coinvolgano milioni di elettori, porti a una candidatura unica e forte della sinistra. «La volontà o meno di Jean-Luc Mélenchon di candidarsi per una quarta volta sarà ovviamente un fattore determinante affinché questa ambizione si concretizzi». E, aggiunge il quotidiano: «Diciamolo senza animosità, ma la sua assenza sarebbe lo schema migliore perché primarie del genere possano vedere la luce del giorno».