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  • Martedì 29 novembre 2022

A un mese dalla strage di Halloween, il governo coreano è in difficoltà

Continuano le polemiche e le proteste contro il presidente Yoon sulle responsabilità della calca in cui morirono oltre 150 persone

di Guido Alberto Casanova

Il presidente coreano Yoon Suk-yeol a un evento di commemorazione per le vittime della strage (Chung Sung-Jun/Getty Images)
Il presidente coreano Yoon Suk-yeol a un evento di commemorazione per le vittime della strage (Chung Sung-Jun/Getty Images)
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A un mese dalla tragedia di Halloween a Itaewon, in cui 158 persone furono schiacciate a morte durante una festa nelle strade della capitale Seul, il governo conservatore del presidente sudcoreano Yoon Suk-yeol è sempre più in difficoltà: le polemiche sulla strage rimangono al centro del dibattito pubblico della Corea del Sud. Venerdì il capogruppo parlamentare dell’opposizione ha chiesto al presidente di rimuovere il ministro dell’Interno, che secondo i progressisti sarebbe responsabile per l’incidente. «Se il presidente Yoon sfiderà fino alla fine la volontà del popolo, toccherà al parlamento costringerlo a rispondere della tragedia», ha detto. L’avviso è stato interpretato come l’intenzione di procedere con un voto di sfiducia per il ministro o addirittura con l’impeachment.

Sono minacce soprattutto retoriche, visto che un voto di sfiducia non sarebbe legalmente vincolante e che l’opposizione non possiede una maggioranza parlamentare sufficiente per portare avanti con successo la messa in stato d’accusa. Ciononostante, anche solo il ricorso alla richiesta di rimuovere il ministro dell’Interno Lee Sang-min da parte dei progressisti rivela le crescenti pressioni che Yoon sta affrontando.

Le indagini
Si stima che sabato 29 ottobre a Itaewon ci fossero circa 130 mila persone riunitesi spontaneamente nel più famoso quartiere notturno di Seul per festeggiare il primo Halloween dopo la fine delle restrizioni pandemiche. In mancanza di un organizzatore unico dell’evento non erano state predisposte le misure di sicurezza necessarie per i grandi eventi del genere e, in uno degli stretti vicoli del quartiere, l’eccessiva affluenza di persone ha provocato il disastro. Centinaia di persone sono rimaste schiacciate, ammassate l’una sopra l’altra: la maggior parte di loro è morta per asfissia.

Le cause sono molteplici. C’entra l’abusivismo edilizio che aveva reso il vicolo più angusto dei parametri consentiti, così come la mancanza di un organizzatore responsabile per la sicurezza del pubblico, anche se secondo molti la polizia avrebbe potuto prevedere un grande afflusso di gente e modificare la viabilità. Il problema è stato però l’inazione delle autorità davanti alle molte segnalazioni telefoniche che allertavano di una situazione che a Itaewon stava sfuggendo di mano. La prima telefonata arrivata alla polizia in cui si menziona il timore che qualcuno possa rimanere schiacciato fu ricevuta alle 18:34, quasi quattro ore prima che si verificasse la tragedia.

Al momento sono in corso le indagini per accertare di chi sia la responsabilità. È stata avviata un’indagine speciale dalle forze di polizia che per ora hanno iscritto 17 persone nel registro degli indagati. Tra questi ci sono alcuni funzionari della polizia metropolitana di Seul, gli agenti di polizia del distretto cittadino di Yongsan (dove si trova Itaewon), i responsabili amministrativi del distretto, il capo dei pompieri della capitale e pochi altri. In sostanza, nessun vertice nazionale è stato coinvolto nell’indagine. Il commissario nazionale della polizia e il ministro dell’Interno si sono scusati col pubblico ma non hanno dato le dimissioni, come chiesto da molti.

Le polemiche politiche
Il portavoce dell’indagine speciale ha cercato di invitare alla calma, dicendo ai media che il team sta “esaminando la legislazione sulle organizzazioni governative e gli ordinamenti delle agenzie poste sotto la supervisione del ministero dell’Interno”. Il problema però è che l’indagine sta assumendo un valore politico sempre più esplicito.

Nell’opposizione c’è poca fiducia per l’indagine della polizia e da settimane i progressisti spingono per aprire un’inchiesta parlamentare su quello che è accaduto. I conservatori inizialmente hanno insistito sul lasciar lavorare la polizia, auspicando che il parlamento si concentrasse invece sulle questioni urgenti come l’approvazione della legge di bilancio per l’anno prossimo da approvare entro il 2 dicembre. Alla fine, i conservatori hanno acconsentito a partecipare all’inchiesta la settimana scorsa, ponendo però alcune condizioni. Non solo è stato stabilito che verrà prima discusso il budget del 2023, ma anche che l’inchiesta avrà una giurisdizione ridotta sugli organi istituzionali da indagare. Il timore dei conservatori è che l’opposizione possa politicizzare l’inchiesta per fare pressioni sul governo.

Il malcontento nei confronti del governo è comunque in crescita.

Ben prima della strage ogni sabato gruppi di manifestanti organizzati dalla Candlelight Action, un gruppo di attivisti progressisti, si riunivano a Seul per chiedere le dimissioni di Yoon. Da dopo il 29 ottobre, le loro manifestazioni sono cresciute notevolmente e i partecipanti sono passati da circa 15 mila a oltre 60 mila nel giro di pochi giorni. Le proteste contro il governo vanno avanti da settimane, ed è probabile che proseguano, alimentate dal diffuso malcontento nei confronti del governo.

Le proteste contro il governo a inizio novembre (Woohae Cho/Getty Images)

Il tasso di approvazione del presidente è ormai da settimane sotto il 30 per cento: nonostante la notte del disastro il presidente si sia attivato per mostrarsi presente nel gestire la situazione di emergenza e abbia partecipato di persona alle commemorazioni delle vittime, Yoon appare comunque in difficoltà, ad appena sei mesi di distanza dal proprio insediamento.

Negli ultimi anni, la società sudcoreana è apparsa sempre più spaccata dal punto di vista politico e Yoon è ritenuto un personaggio molto divisivo, che ha ulteriormente accentuato la polarizzazione con posizioni spesso estremiste e polemiche. Per molti aspetti, come ad esempio il pessimo rapporto con la stampa o una comunicazione agguerrita, Yoon è sembrato un populista, il cui stile comunicativo è molto simile a quello dell’ex presidente americano Donald Trump, al quale è stato paragonato.

Secondo i sondaggi oltre metà della Corea del Sud non approva il suo operato e la crescente ostilità tra progressisti e conservatori genera un clima politico di grande conflitto, nel quale l’opposizione probabilmente cercherà di esercitare ogni pressione possibile su Yoon.