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  • Venerdì 18 novembre 2022

Come si prepara una nave che soccorre persone nel Mediterraneo

Prima delle missioni la Geo Barents viene caricata con tonnellate di cibo, carburante e tutto ciò che serve per rimanere settimane al largo

di Luca Misculin

(AP Photo/Salvatore Cavalli)
(AP Photo/Salvatore Cavalli)

Sono giorni di grande agitazione sulla Geo Barents, la più grande nave privata che soccorre le persone nel Mediterraneo, attiva dal 2021 e gestita dalla ong internazionale Medici Senza Frontiere. L’8 novembre, dopo giorni di stallo imposto dal nuovo governo italiano di Giorgia Meloni, si è conclusa la sua ultima missione di soccorso: 572 persone sono sbarcate nel porto di Catania, in Sicilia, in due momenti diversi a distanza di due giorni l’uno dall’altro. Le attività sulla nave però non si sono mai fermate.

Subito dopo lo sbarco sono iniziati i lavori di manutenzione sulla nave, gigantesca e bisognosa di continue attenzioni. Stavolta c’era da verificare la tenuta di una delle lance di soccorso con scafo semirigido, le piccole imbarcazioni che fisicamente raggiungono il punto del naufragio per soccorrere i naufraghi e portarle a bordo. Otto membri dell’equipaggio di Medici Senza Frontiere sono scesi a terra, altri otto li hanno sostituiti, fra cui tre persone nuove da istruire e inserire nei vari turni di lavoro.

A bordo il personale marittimo, che cioè si occupa solo di governare la nave, sta ancora stipando tonnellate di cibo, medicine, carburante e di tutto quello che può servire durante un mese lontano dalla terraferma, cioè il tempo necessario per arrivare nelle acque del Mediterraneo, soccorrere i naufraghi, tornare indietro, e aspettare di ricevere un porto sicuro dove sbarcare.

«Dobbiamo prepararci sapendo preventivamente che il porto non ce lo daranno per diversi giorni», racconta Riccardo Gatti, che ha una lunga esperienza sulle navi delle ong e ora è responsabile delle operazioni di ricerca e soccorso di Medici Senza Frontiere. Gatti si riferisce alla politica dei cosiddetti “porti chiusi” per le navi delle ong applicata dal governo Meloni, assai controversa per il diritto internazionale. Concretamente si traduce in una esplicita ostilità del governo e in giorni e giorni di attesa affinché venga indicato un porto per sbarcare: che alla fine può anche non materializzarsi, visto quello che è successo la settimana scorsa con la nave Ocean Viking della ong Sos Mediterranée, costretta di fatto a sbarcare a Tolone, in Francia.

Gatti precisa che le tensioni e le ostilità nei giorni finali di ogni missione sono una cosa da tenere sempre in conto e da affrontare, ma che non condiziona le operazioni di preparazione della nave. «Fondamentalmente siamo un’ambulanza. Dobbiamo sempre prepararci al peggio».

Personale di Medici Senza Frontiere con alcune persone soccorse (ANSA)

La nave è lunga 77 metri e larga 20. Per attraversarla da poppa a prua, un tragitto che in linea d’aria si farebbe in meno di un minuto, ci vogliono almeno 4 minuti passando per corridoi stretti e facendo su e giù per tre rampe di scale. Le persone soccorse vengono sistemate sui due ponti, gli spazi più ampi della nave.

In teoria la nave è omologata per 383 persone. Nell’ultima missione di soccorso ce n’erano 572, il massimo mai raggiunto è stato di circa 700. Gatti ritiene che in caso di emergenza ce ne stiamo anche 2.500, esclusi i circa 40 membri dell’equipaggio. Tutte queste persone, traumatizzate dal naufragio e in condizioni fisiche e psicologiche molto precarie, devono essere nutrite, curate e avere a disposizione bagni e uno spazio per riposare, nelle migliori condizioni che si possono offrire su un grosso pezzo di metallo a centinaia di chilometri dall’ospedale e dall’albergo più vicino.

Quello del cibo è un notevole problema logistico. A bordo non ci sono cucine: tutto dev’essere preparato con attrezzature simili a quelle da campeggio, anche se molto più grandi. Per preparare il tè per la colazione per esempio si usano pentoloni e quattro o cinque termos da 25 litri ciascuno. I pasti comprendono spesso cibi liofilizzati, zuppe e simili, e cibo che garantisce un grande apporto calorico, come riso e pasta. In una missione di qualche anno fa si riuscì perfino a servire un piatto di pasta ai quattro formaggi, che fu molto apprezzata. In genere però le condizioni sulla nave non permettono di sperimentare granché.

Da Medici Senza Frontiere fanno sapere che prima di ogni missione vengono imbarcate circa 9.500 porzioni individuali per una giornata completa, da razionare in caso di emergenza. Pesano 14 tonnellate, cioè come cinque camper, e occupano 80 metri cubi di spazio.

La fila per ricevere un pasto (AP Photo/Ahmed Hatem)

L’acqua invece non viene caricata a bordo. Come quasi tutte le navi mercantili la Geo Barents ha un dispositivo per desalinizzare l’acqua di mare e renderla potabile, anche se di un sapore dolciastro e non esattamente gradevole. Il desalinizzatore produce circa 9 tonnellate di acqua dolce al giorno. Sulla nave viene utilizzata per bere, cucinare e lavarsi.

Gatti stima che nell’ultima missione, quando a bordo c’erano circa 600 persone, il consumo giornaliero di acqua era di circa 23 tonnellate, quindi più del doppio della capacità giornaliera del desalinizzatore. A un certo punto infatti è stata razionata la possibilità di accedere alle docce.

In tutto ci sono 7 docce, così come 7 sono i gabinetti. Vengono puliti costantemente, circa ogni ora, dal personale di Medici Senza Frontiere e dai naufraghi in condizione di poter dare una mano. Tutti gli altri passano la giornata sul ponte, riposando e dormendo su centinaia di materassini da yoga sparsi un po’ ovunque. Per evitare la diffusione di malattie e del coronavirus alle persone soccorse viene consegnata una mascherina al giorno.

I materassini da yoga e alcuni gabinetti sulla Geo Barents (AP Photo/Ahmed Hatem)

Chi sta particolarmente male può farsi visitare dai medici e dagli psicologi di Medici Senza Frontiere, in servizio «24 ore su 24», spiega Gatti. I disturbi più comuni sono quelli legati alla traversata, sotto un sole spesso micidiale, con poca acqua a disposizione, in balìa delle onde. Molti sono disidratati o soffrono di mal di mare, hanno preso la scabbia stando a contatto con altre persone, o più in generale hanno problemi alle vie respiratorie.

Alcune persone soccorse si sottopongono a un test per il coronavirus a bordo della Geo Barents (AP Photo/Samy Magdy)

Soccorrere, nutrire e curare centinaia di persone su una nave in mezzo al mare ha costi molto ingenti. La singola spesa più alta riguarda il carburante: era così anche prima della crisi energetica attualmente in corso. Medici Senza Frontiere spiega che per far funzionare la Geo Barents servono circa 10mila litri di carburante al giorno quando la nave si muove per andare sul luogo di uno o più naufragi, circa la metà quando si muove a velocità di crociera, un quinto (cioè circa 2.000 litri al giorno) quando sta ferma. Per l’ultima missione di soccorso, durata poco meno di un mese e conclusa l’8 novembre, la Geo Barents ha consumato più di 200mila euro soltanto di carburante, pari a circa 2.600 pieni di una normale auto a benzina.

La Geo Barents non può essere rifornita mentre è in mare. Quando il carburante sta per finire bisogna tornare in porto. Per arrivare a Pozzallo, in provincia di Ragusa, dalla zona dove avviene la maggior parte dei naufragi la Geo Barents impiega circa 24 ore di navigazione. Per arrivare fino a Taranto, in Puglia, ce ne vogliono 35. La nave è attrezzata per mantenere a bordo le persone soccorse solo per pochi giorni: le porzioni di cibo possono essere razionate fino a un certo punto, il carburante finisce, e senza energia il desalinizzatore dell’acqua non può funzionare.

Ma soprattutto nessuna nave, per quanto attrezzata, può gestire troppo a lungo centinaia di persone in condizioni psicofisiche molto precarie, ferite, traumatizzate, malate, impaurite. «Puoi attrezzare l’ambulanza migliore del mondo, ma rimane comunque uno strumento limitato: lo sbarco delle persone che soccorriamo deve avvenire il prima possibile, come prevedono le leggi», dice Gatti.