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  • Venerdì 4 novembre 2022

Il governo ha vietato alla nave Humanity One di entrare nei porti italiani

Nei giorni scorsi la nave aveva soccorso 179 persone: è tornata di fatto la politica dei "porti chiusi"


(la nave Humanity One, foto dal profilo Facebook di SOS Humanity)
(la nave Humanity One, foto dal profilo Facebook di SOS Humanity)

Il governo di Giorgia Meloni ha approvato un decreto che vieta alla nave Humanity One di far sbarcare nei porti italiani decine di migranti soccorsi nei giorni scorsi nel Mediterraneo. Lo ha annunciato venerdì sera il ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, in una conferenza stampa. È il primo decreto di questo tipo adottato dal governo: nei giorni scorsi si era limitato a scoraggiare in via informale diverse navi delle ong che avevano soccorso migranti nel Mediterraneo a entrare nei porti italiani.

Il governo Meloni ha così ripreso la cosiddetta politica dei “porti chiusi” applicata dal primo governo guidato da Giuseppe Conte, promossa dall’allora ministro dell’Interno Matteo Salvini. Le motivazioni giuridiche usate da Conte e Salvini, allora, provocarono grandissima perplessità da parte degli esperti di diritto internazionale e del mare; e anche le motivazioni diffuse da Piantedosi per bloccare la Humanity One sembrano piuttosto fragili dal punto di vista giuridico.

Venerdì sera Piantedosi ha spiegato che col decreto approvato dal governo «abbiamo imposto a questa nave di fermarsi in rada», cioè a pochi chilometri dalla costa italiana. Potrà rimanere «solo per tempo necessario a verificare emergenze a bordo di cui ci faremo carico», ha detto Piantedosi: poi «sarà invitata a lasciare le acque italiane». Per emergenze a bordo si intendono persone malate, minori o donne incinte, ha specificato Piantedosi.

Sulla Humanity One, come su altre due navi di ong ferme al largo delle coste italiane, la Ocean Viking di Sos Méditerranée e la Geo Barents di Medici Senza Frontiere, le condizioni igieniche e sanitarie a bordo sono molto complicate. Ci sono centinaia di bambini e le previsioni meteo per i prossimi giorni sono in peggioramento, con possibili tempeste e onde alte fino a sei metri.

Nel suo intervento in conferenza stampa Piantedosi ha dato una versione assai opinabile e poco condivisa dagli esperti su diversi aspetti del soccorso in mare: ha detto per esempio che le navi che battono bandiera di un certo stato devono essere trattate «come un’isola» di quello stato, implicando che quindi il governo dello stato in questione dovrebbe farsi carico delle richieste d’asilo che avvengono a bordo. È un’interpretazione molto creativa delle norme sul diritto d’asilo.

Scendendo nello specifico, Piantedosi ha detto che il decreto contro la Humanity One è stato emesso in base all’articolo 1 comma 2 del decreto legge 130/2020, il cui testo convertito in legge prevede che «il Ministro dell’interno può limitare o vietare il transito e la sosta di navi nel mare territoriale», «fermo restando quanto previsto dall’articolo 83 del codice della navigazione, per motivi di ordine e sicurezza pubblica».

È vero che l’articolo 83 del Codice della Navigazione italiano garantisce al governo la possibilità di vietare il transito e la sosta di navi private nel mare territoriale italiano «per motivi di ordine pubblico». Sarebbe difficile però difendere un argomento del genere in tribunale: com’è possibile che l’arrivo di poche decine di persone in condizioni di estrema vulnerabilità metta a rischio l’ordine pubblico di un paese da 60 milioni di abitanti?

Per il governo, specialmente uno di destra come quello Meloni, le ong sono un obiettivo piuttosto facile. I loro dirigenti e capi missione spesso sono stranieri, le navi battono bandiera straniera – perlopiù per ragioni fiscali – e dal punto di vista mediatico sono finite diverse volte al centro di critiche perché accusate (senza dati a sostegno) di favorire le partenze dei migranti. Da anni le ong lamentano di essere trattate dalla destra europea come «capri espiatori» di una questione molto più grande, cioè la gestione dei flussi migratori da parte dell’Italia e dei paesi dell’Unione Europea.

Nel frattempo la gran parte dei migranti che arrivano in Italia lo fa via terra, oppure via mare con piccole imbarcazioni gestite da trafficanti, o ancora a bordo di navi della Guardia Costiera italiana, per esempio dopo un naufragio.