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  • Giovedì 17 novembre 2022

I gravi problemi del carcere di Torino

Sovraffollamento e strutture fatiscenti creano una situazione degradante e rischiosa sia per i detenuti sia per gli operatori penitenziari

Il carcere Lorusso e Cutugno di Torino (Ansa)
Il carcere Lorusso e Cutugno di Torino (Ansa)
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Cinque giorni fa un detenuto ha tentato di suicidarsi nella casa circondariale Lorusso e Cutugno di Torino, conosciuta comunemente come carcere Le Vallette. Il tentativo di suicidio è avvenuto nella cosiddetto reparto “nuovi giunti”, cioè la sezione dove sostano i detenuti appena arrivati in carcere mentre vengono sottoposti alle pratiche burocratiche e ai colloqui con il personale sanitario, in attesa di essere assegnati a una sezione. Nella sezione dei nuovi giunti i detenuti dovrebbero rimanere per un tempo molto limitato, accade però spesso che la permanenza duri più a lungo. 

Un giorno prima un altro detenuto, un autotrasportatore torinese di 56 anni sottoposto a misura cautelare per stalking, si era ucciso impiccandosi alla grata della cella con un lenzuolo. Il 28 ottobre, nello stesso modo, si era ucciso un detenuto in attesa di giudizio arrestato il giorno prima per il furto di un paio di auricolari.

Nel carcere torinese dall’inizio dell’anno i suicidi sono stati quattro. In tutta Italia nel 2022 sono stati 78: più della metà dei 151 detenuti morti dall’inizio dell’anno. Gli ultimi due suicidi sono avvenuti nel carcere di Ariano Irpino (Avellino) e in quello di Lecce.

La situazione al Lorusso e Cutugno per diversi aspetti è analoga a quella di tante altre carceri. C’è un problema di sovraffollamento, quasi 400 detenuti in più del numero previsto, e di strutture in alcuni casi fatiscenti. La capienza regolamentare è di 1.062 detenuti, le presenze giornaliere sono circa 1.400. 

Della situazione nel carcere torinese ha parlato recentemente il deputato di Italia Viva Ivan Scalfarotto, membro della commissione Giustizia della Camera, che ha fatto un’ispezione visitando i padiglioni più problematici e parlando con molti detenuti. A colpire in particolare Scalfarotto è stata la sezione “nuovi giunti”: «È una sorta di kasbah», spiega, «la parte peggiore del carcere dove si ha l’impressione di un disordine assoluto, c’erano urla da rabbrividire. Ho visto alcune celle fatiscenti. I detenuti le chiamano “le stanze”: al reparto nuovi giunti sono quelle meno “umanizzate”. Una volta assegnati a una cella dove sanno che dovranno restare per lungo tempo, i detenuti tendono a creare un ambiente più vivibile. Nella sezione “nuovi giunti” questo non avviene».

Ha raccontato Scalfarotto parlando con il Corriere della Sera: «Ho incontrato un detenuto che mi ha portato a visitare la sua cella fatiscente. Poi si è sollevato la maglietta e mi ha mostrato le ustioni sul corpo che gli avrebbero fatto altri detenuti versandogli addosso l’olio bollente. Mi ha detto che da tre mesi era in quel padiglione, se fosse vero sarebbe davvero inquietante».

Sotto altri aspetti la situazione al Lorusso e Cutugno è addirittura migliore che in altri istituti penitenziari, come spiega lo stesso Scalfarotto: «Ci sono due persone per cella e questo evita le situazioni di “stanze” con 10-12 persone. Però mancano le docce, che sono comuni: questo comporta problemi organizzativi e di sicurezza sanitaria oltre che di mancanza privacy e di dignità per i detenuti». 

Problemi sanitari derivano anche dalla presenza di scarafaggi e topi all’interno della struttura. Poche settimane fa gli agenti di polizia penitenziaria hanno denunciato la presenza di topi in mensa. 

Il carcere di Torino risale agli anni Settanta, non ci sono mai stati interventi di ristrutturazione e ammodernamento. Ha detto al Corriere della Sera la garante dei detenuti per la città di Torino, Monica Cristina Gallo: «La struttura delle Vallette è fatiscente. Bisognerebbe chiudere i padiglioni, trasferire i detenuti, procedere a una riqualificazione che restituisca dignità. Invece si continua a impegnare la manutenzione ordinaria e ciclicamente ci si trova ad affrontare problemi che si ripresentano. Solo per il padiglione Sestante è stato deciso un intervento di ristrutturazione massiccia, sull’onda emotiva delle inchieste giudiziarie».

Susanna Marietti, presidente dell’associazione Antigone, aveva definito il Sestante «un luogo vergognoso in cui si rinuncia a vite umane come se valessero niente». Il Sestante era il reparto psichiatrico del carcere in cui i detenuti, secondo numerose denunce che avevano portato a inchieste della magistratura, erano costretti a vivere in condizioni degradanti.

Non tutte le parti del carcere torinese hanno questi problemi. Ha spiegato Scalfarotto: «Ho visitato il polo universitario e incontrato i membri della squadra di rugby: lì la situazione è completamente diversa, si respira un’altra atmosfera. Il carcere dovrebbe avere anche una funzione riabilitativa, preparare il detenuto al suo reinserimento nella società. Questo purtroppo in generale non avviene, chi prende decisioni sulle carceri non ha mai visto una cella, non ha mai visitato un istituto penitenziario». 

Il 10 novembre nel padiglione A della terza sezione del carcere è scoppiata una rivolta. Quarantasei detenuti che contestavano la gestione della sanità all’interno del penitenziario si sono chiusi all’interno bloccando l’accesso con i letti. Il giorno dopo la polizia penitenziaria ha fatto irruzione, i detenuti si sono arresi. Non ci sono stati feriti ma l’episodio dimostra che la situazione all’interno del carcere è a rischio. La polizia penitenziaria ha denunciato dall’inizio dell’anno 35 aggressioni e 61 agenti feriti. Per questo i sindacati hanno chiesto un incontro urgente al ministro della Giustizia, Carlo Nordio. Dopo l’ultimo ferimento di un agente, alcuni sindacati della polizia penitenziaria hanno definito la situazione del Lorusso e Cutugno «un far west».

«Bisognerebbe investire nelle strutture ma anche per l’assunzione di nuovi agenti », dice ancora Scalfarotto, «ci sono carenze di organico, il personale della polizia penitenziaria lavora sotto stress e questo rappresenta un pericolo anche per la loro stessa incolumità». Ha detto parlando con il rappresentante della commissione Giustizia un agente della polizia penitenziaria: «Un carcere sovraffollato dove mancano direttive precise non è un posto di rieducazione ma un posto pericoloso. Dove un solo agente non riesce a proteggere i deboli dai soprusi dei forti».

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Dove chiedere aiuto
Se sei in una situazione di emergenza, chiama il numero 112. Se tu o qualcuno che conosci ha dei pensieri suicidi, puoi chiamare il Telefono Amico allo 02 2327 2327 oppure via internet da qui, tutti i giorni dalle 10 alle 24.

Puoi anche chiamare l’associazione Samaritans al numero 06 77208977, tutti i giorni dalle 13 alle 22.