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  • Martedì 15 novembre 2022

Il caso degli abusi nella ginnastica ritmica si allarga

Altre atlete hanno denunciato maltrattamenti e umiliazioni, e oltre alla procura di Brescia sta indagando anche la procura federale

Mondiali di ginnastica ritmica a Baku, Azerbaigian, 9 ottobre 2005 (ANSA/SERGEI ILNITSKY/PAL)
Mondiali di ginnastica ritmica a Baku, Azerbaigian, 9 ottobre 2005 (ANSA/SERGEI ILNITSKY/PAL)
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L’inchiesta di Repubblica sugli abusi nella ginnastica ritmica ha avuto, nelle ultime due settimane, diversi sviluppi. Dopo le prime denunce di tre campionesse (Nina Corradini, Anna Basta e Giulia Galtarossa) molte altre atlete hanno fatto altrettanto, non solo ginnaste della Nazionale ma anche di categorie inferiori. Nel frattempo, il centro federale di ginnastica ritmica dell’Accademia di Desio, coinvolto nei racconti delle atlete, è stato commissariato, la procura di Brescia ha aperto un’inchiesta e sono in corso anche le indagini della procura federale, l’organo che svolge le indagini sulle irregolarità sportive nella disciplina.

Il caso era cominciato lo scorso 30 ottobre quando Nina Corradini, che oggi ha 19 anni, aveva raccontato in modo molto dettagliato le enormi pressioni, le offese e le umiliazioni subite dal 2019 all’interno dell’Accademia di Desio per soddisfare innanzitutto i parametri di peso della Nazionale italiana di ritmica. Aveva raccontato che veniva quotidianamente pesata con le altre compagne, «in mutande e davanti a tutti, sempre dalla stessa allenatrice», che segnava i dati su un quadernino e dava poi il proprio giudizio, ripetendole tra le altre cose: “Vergognati”, “mangia di meno”, “come fai a vederti allo specchio? Ma davvero riesci a guardarti?”.

Dalla testimonianza di Corradini era emersa la pratica di assumere lassativi per pesare di meno, cosa che provocava debolezza e sofferenze: in un caso la ginnasta era anche svenuta a colazione, ma era stata comunque costretta dalle allenatrici ad andare in palestra.

Dopo la sua intervista avevano parlato pubblicamente anche le campionesse Anna Basta e Giulia Galtarossa, che hanno raccontato esperienze molto simili tra loro. Galtarossa aveva attribuito alle sofferenze patite all’Accademia di Desio i gravi disturbi del comportamento alimentare che più tardi le erano stati diagnosticati. Una volta era stata rimproverata perché sorpresa a mangiare una pera, un’altra volta era stata definita “maialino” dopo essere stata pesata. Le loro testimonianze avevano dato modo a molte altre ginnaste, e non solo della Nazionale, ma anche di categorie inferiori e di altre discipline, di raccontare la loro storia, tanto che si sta parlando di una sorta di #MeToo della ginnastica italiana.

Qualche giorno fa Change The Game, un’organizzazione di volontariato impegnata a proteggere atlete e atleti da violenze e abusi sessuali, emotivi e fisici, ha scritto un appello in cui chiede giustizia per tutte le ginnaste vittime di violenza. La lettera ha raccolto l’adesione di oltre quaranta ex atlete di tutta Italia e l’organizzazione ha raccolto oltre cento segnalazioni di abusi, alcune delle quali sono state pubblicate sulla loro pagina Facebook. Questa situazione, ha detto la presidente di Change The Game Daniela Simonetti, è «la dimostrazione chiara che il fenomeno non si può ridurre a “quattro mele marce”» e «che dimostra come Desio non sia un’eccezione».

Dopo l’intervista alla prima atleta, Nina Corradini, la Federginnastica aveva pubblicato un comunicato stampa: «Non tolleriamo alcuna forma di abuso (…). Sono state date disposizioni perché siano immediatamente informati la Procura Federale e il Safeguarding Officer», un organo indipendente della Federazione con competenze specifiche, psicologiche e legali, in materia di abusi e molestie e che avvierà ora una propria indagine interna.

Il ministro dello Sport Andrea Abodi ha poi incontrato il presidente del Coni Giovanni Malagò e il presidente della Federginnastica Gherardo Tecchi per affrontare la questione. Dopodiché, con una delibera d’urgenza, la Federginnastica ha deciso alcuni interventi immediati: commissariare l’Accademia di Desio, istituire un ufficio di servizio per verificare la situazione delle atlete e vigilare sul loro rapporto con allenatrici e tecnici, e stanziare 120 mila euro per un progetto di salvaguardia di atleti e atlete.

– Leggi anche: I sistematici abusi sessuali, emotivi e verbali nel calcio femminile statunitense

Nel frattempo sono iniziate le indagini della procura federale e del Safeguarding Officer. Mercoledì 9 novembre la procura federale ha convocato a Roma Nina Corradini e Anna Basta. Repubblica dice che il 17 novembre saranno ascoltate, in qualità di persone informate dei fatti, le attuali ginnaste della Nazionale. Dopodiché, venerdì 18, il procuratore federale Michele Rossetti incontrerà lo staff tecnico e la direttrice tecnica dell’Accademia di Desio Emanuela Maccarani, che è stata rimossa dal ruolo di direttrice, ma non da quello di allenatrice della Nazionale.

Un messaggio audio di Maccarani, che Repubblica è riuscita ad ottenere, è finito ieri al centro della discussione: si tratta di una registrazione di sei minuti inviata via WhatsApp ad altre direttrici tecniche della Federazione e nel quale la direttrice tecnica dell’Accademia di Desio sostiene che le ragazze che hanno denunciato gli abusi siano state manipolate: «Credo che siano vittime degli abusi di alcuni adulti o comunque di persone anche specializzate nelle varie materie che in questo momento stanno vicino a loro».

Maccarani sostiene anche che la colpa del caso che è stato sollevato sia da attribuire alla «società civile, alla responsabilità genitoriale e all’attività scolastica di base che non forma e non prepara i nostri ragazzi alla vita». Nell’audio Maccarani invita poi le colleghe ad «allertare tutte le vostre allenatrici e i vostri tecnici che ora verranno assediati sicuramente nei piccoli paesi e cittadine da intervistatori e da giornalai che non faranno altro che estrapolare piccole espressioni verbali o piccole testimonianze da altre testimonianze che vanno più in profondo».

Non è chiaro a che cosa potrebbe portare l’indagine della giustizia sportiva. Finora, altri casi trattati dall’organo della federazione che indaga su Desio, e che avevano sempre a che fare con abusi e maltrattamenti delle atlete, si sono conclusi con semplici ammonizioni delle allenatrici responsabili o con brevi sospensioni. Nel 2021 Daniela Simonetti, di Change the Game, aveva pubblicato un libro per Chiarelettere intitolato Impunità di gregge. Sesso, bugie e omertà nel mondo dello sport: lì si dice che tra il 2017 e il 2020 ci sono stati oltre 40 processi a carico di tesserati per abusi sessuali all’interno del mondo sportivo italiano e che, nonostante questo e nonostante la realtà dei maltrattamenti non sia nuova, nessuna federazione prevede ad oggi l’obbligo di radiazione per chi commette questo tipo di reati. Le diverse federazioni, finora, hanno dunque agito in modo discrezionale e non sono mancati casi, scrive Simonetti, in cui un allenatore condannato è stato semplicemente spostato in un’altra federazione.

Un’indagine su quel che è accaduto a Desio è stato avviata anche dalla Procura della Repubblica di Brescia, dopo la denuncia per maltrattamento presentata dai genitori di due ginnaste che hanno poi lasciato la ritmica a causa delle violenze psicologiche e fisiche subite. L’indagine è coordinata dal procuratore aggiunto Alessio Bernardi e dal procuratore Francesco Prete. Nonostante per i casi precedenti e le segnalazioni dirette in molte e molti suggeriscano che la Federginnastica non potesse non essere a conoscenza di quanto accadeva, la federazione ha fatto sapere che, nei casi in cui venissero accertate responsabilità individuali in sede giudiziaria, si costituirà parte civile «come segno di vicinanza alle ginnaste e di ferma volontà di fare chiarezza».