• Mondo
  • Martedì 1 novembre 2022

La città di Tokyo ha iniziato a distribuire “certificati di unione” alle coppie omosessuali

È un primo passo verso il loro riconoscimento, che trova ancora fortissime resistenze nel governo giapponese

Due coppie omosessuali giapponesi (AP Photo/Mari Yamaguchi)
Due coppie omosessuali giapponesi (AP Photo/Mari Yamaguchi)
Caricamento player

Martedì il governo metropolitano di Tokyo, la capitale del Giappone, ha iniziato a distribuire i cosiddetti “certificati di unione” per le coppie omosessuali: è un documento che, pur non avendo alcun valore legale, certifica l’esistenza di una relazione sentimentale tra due persone dello stesso sesso e permette alle coppie di accedere più facilmente a determinati servizi come l’acquisto di una casa.

Benché siano un’iniziativa della città di Tokyo e non siano riconosciuti a livello nazionale, i certificati sono considerati un primo e importante passo verso un riconoscimento giuridico delle unioni omosessuali: a oggi il Giappone è l’unico tra i paesi del G7 a non riconoscerle e all’interno del governo – che è da anni dominato dai conservatori – ci sono ancora eccezionali resistenze in merito.

I certificati di unione permettono inoltre alle coppie di accedere più facilmente ad alcune prestazioni sanitarie e ad alcuni servizi pubblici. Non equivalgono però a una forma di riconoscimento giuridico come può essere un’unione civile o un matrimonio: non permettono ad esempio di adottare, di avere alcun diritto sui figli biologici della propria compagna o del proprio compagno, di ereditare i loro beni o di ricevere un permesso di soggiorno, se si è stranieri, in virtù dell’unione esistente.

I certificati di unione erano stati istituiti per la prima volta nel 2015 in uno dei distretti di Tokyo, quello di Shibuya, ed erano stati successivamente adottati anche dalle amministrazioni di altri distretti dell’area metropolitana: con l’ordinanza del governo metropolitano di Tokyo il programma sarà invece esteso e regolarizzato in tutte le aree della capitale, che nel loro insieme comprendono circa 14 milioni di abitanti.

Yuriko Koike, che guida il governo metropolitano di Tokyo, ha detto venerdì che già 137 coppie omosessuali giapponesi avevano fatto domanda per ottenere il certificato (i requisiti per farlo sono essere maggiorenni e vivere o lavorare in Giappone).

Le coppie omosessuali giapponesi e le attiviste e gli attivisti che le rappresentano sperano che la distribuzione dei certificati possa contribuire a combattere il forte stigma ancora esistente in Giappone nei confronti delle coppie omosessuali, integrando maggiormente questi nuclei familiari nella vita pubblica e incoraggiando chi ne fa parte a condividere più facilmente il proprio status.

Il percorso verso un pieno riconoscimento è però ancora molto lontano: nonostante i piccoli passi avanti come quello appena compiuto dal governo metropolitano di Tokyo, l’eventuale legalizzazione delle unioni omosessuali è un argomento piuttosto divisivo. In un sondaggio fatto nel 2021 dall’emittente pubblica giapponese NHK, il 37 per cento dei giapponesi si diceva contrario alla legalizzazione delle unioni omosessuali.

La legge giapponese prevede che il matrimonio debba essere basato sul «reciproco consenso di entrambi i sessi» e per questo è stato sempre interpretato come un’unione tra un uomo e una donna. Nel marzo del 2021, con una sentenza considerata storica, il tribunale di Sapporo aveva stabilito che il divieto di sposarsi per le coppie omosessuali era incostituzionale; ma a giugno di quest’anno un altro tribunale, quello di Osaka, aveva invece definito costituzionale lo stesso divieto.