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  • Giovedì 27 ottobre 2022

Il processo sulla valanga all’hotel Rigopiano praticamente non è mai partito

Deve accertare eventuali responsabilità per la morte di 29 persone, ma mercoledì è saltata per la quindicesima volta un'udienza

I vigili del fuoco salvano un bambino sopravvissuto nell'albergo colpito della valanga. (Foto Vigili del Fuoco-LaPresse)
I vigili del fuoco salvano un bambino sopravvissuto nell'albergo colpito della valanga. (Foto Vigili del Fuoco-LaPresse)
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Il processo che dovrà accertare le eventuali responsabilità sulla morte di 29 persone all’Hotel Rigopiano, causata da una valanga nel 2017, è stato nuovamente rinviato. È la quindicesima volta che il processo, che si celebra secondo il rito abbreviato, viene fermato. L’udienza del 26 ottobre è servita esclusivamente per ufficializzare il rinvio dovuto a uno sciopero degli avvocati del foro di Avezzano, in provincia dell’Aquila, che protestano contro la mancanza di personale del tribunale locale (due dei legali impegnati nel processo sono di lì). Il giudice per l’udienza preliminare (gup) Gianluca Sarandrea ha formalizzato anche il rinvio delle udienze del 27 e 28 ottobre. Il processo riprenderà il 9 novembre.

Di fatto il processo non è ancora iniziato. Gianluca Tanda, presidente del Comitato vittime di Rigopiano e fratello di una delle persone morte il 18 gennaio 2017, ha detto: «È il terzo sciopero che va ad interferire con il processo e inizia a sembrare davvero strano che queste astensioni vengano proclamate ogni volta che c’è un’udienza su Rigopiano. Non siamo i soli a ritenere che questo processo sia uno dei più importanti che si stanno tenendo in questo momento nel paese e dunque crediamo che debba andare avanti e che meriti la massima attenzione».

Le udienze del 26, 27 e 28 ottobre avrebbero dovuto essere interamente dedicate alla discussione della perizia dei quattro consulenti nominati dal gup per esaminare una serie di questioni determinanti per verificare eventuali responsabilità. I tecnici nominati sono Claudio e Marco Di Prisco, Daniele Bocchiola e Giovanni Menduni, tutti docenti al Politecnico di Milano. A loro il gup aveva chiesto a gennaio di rispondere a una serie di domande tecniche su cosa accadde quel giorno. Durante le indagini preliminari, gli studi presentati dall’accusa e dalla difesa avevano fornito versioni opposte. 

L’indagine su ciò che avvenne a Rigopiano, che è una località del comune di Farindola, in provincia di Pescara, è stata divisa in quattro filoni: i ritardi dei soccorsi, la gestione dell’emergenza, la realizzazione del resort in quel luogo e la mancata realizzazione da parte della regione Abruzzo della Carta di localizzazione da pericolo di valanga, quella che indica le località e i territori potenzialmente in pericolo basandosi su eventi accaduti in passato o su tracce verificate sul terreno.

Secondo la procura di Pescara, il luogo nel quale era costruito l’Hotel Rigopiano possedeva tutte le caratteristiche per essere catalogato come “sito valanghivo”, cioè soggetto a valanghe. Se si fosse realizzata la Carta di localizzazione dei pericoli da valanga (CPLV), di cui però la regione Abruzzo non era dotata fino al 2021, secondo l’accusa il sito sarebbe stato identificato certamente come pericoloso. I periti delle difese hanno sostenuto invece che la carta che segnala il pericolo delle valanghe non è un documento di previsione: si riportano soltanto gli eventi già avvenuti senza alcuna pretesa di essere una carta del grado e della previsione di pericolo. Insomma, secondo la difesa se anche la carta ci fosse stata il sito dell’Hotel Rigopiano non sarebbe stato inserito tra quelli pericolosi.

Le perizie devono anche stabilire se quattro scosse di terremoto che si verificarono quel giorno tra le 9:25 e le 13:33, di magnitudo superiore a 5 e a una distanza di circa 45 chilometri dall’hotel, influirono sul distacco della valanga. Anche su questo le tesi di accusa e difesa divergono totalmente. Secondo l’accusa il terremoto non ebbe nessuna rilevanza mentre secondo la difesa le scosse di quella mattina determinarono ciò che accadde dopo.

Un’altra domanda a cui il processo dovrà cercare di rispondere è se ci siano state negligenze e ritardi nelle iniziative da prendere. I consulenti tecnici incaricati dalla procura hanno infatti sostenuto che sarebbe dovuta avvenire «la tempestiva evacuazione delle persone presenti ben prima che i quantitativi di neve al suolo rendessero ingestibile la percorribilità della strada provinciale». Questo anche perché un cameriere dell’hotel, Gabriele D’Angelo, morto poi sotto la valanga, alle 11:38 di quel giorno telefonò al Centro coordinamento dei soccorsi della prefettura di Pescara chiedendo un intervento perché gli ospiti e il personale volevano lasciare l’hotel ma la strada non era praticabile.

Il processo riguarda 29 persone e un’azienda. Tra gli imputati ci sono rappresentanti della regione Abruzzo, della provincia di Pescara e del comune di Farindola e alcuni rappresentanti legali del resort. Inoltre sono indagati sette impiegati della prefettura di Pescara accusati di depistaggio. Tra loro c’è anche l’ex prefetto Francesco Provolo. I sette sono accusati di aver fatto sparire i documenti sulle segnalazioni che arrivarono il 18 gennaio 2017 alla squadra mobile di Pescara. Tra le segnalazioni c’era anche la telefonata di Gabriele D’Angelo.

Il procedimento è andato molto a rilento per via del Covid, per gli scioperi ma anche per i tempi tecnici richiesti per completare le perizie. Il procuratore capo di Pescara, Giuseppe Bellelli, ha chiesto «impegno, da parte di ciascuno, affinché il processo cammini con maggiore speditezza». Il gup Sarandrea ha detto che nelle prossime due udienze si andrà avanti a oltranza con l’esame dei periti: «Poi avrà inizio la discussione e qualora ci rendessimo conto che è necessario intensificare il calendario delle udienze, valuteremo insieme se aggiungerne altre». Le udienze sono state fissate per il 10, l’11, il 23, il 24 e il 25 novembre e poi per il 14, il 15 e il 16 dicembre. «Abbiamo quasi perso il conto dei rinvii. Speriamo che il processo inizi, noi siamo qui con tanta sete di giustizia» ha detto Tanda.

– Leggi anche: Secondo il tribunale di Milano, la valanga che nel 2017 distrusse l’Hotel Rigopiano provocando la morte di 29 persone non fu causata da un terremoto