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  • Domenica 16 ottobre 2022

L’incendio nella prigione di Evin a Teheran

È il carcere dove si trovano detenuti politici, giornalisti e cittadini stranieri: è avvenuto sabato sera e ha provocato la morte di almeno 8 persone

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Sabato sera c’è stato un grande incendio nel carcere di Evin a Teheran, in Iran, noto per essere la struttura in cui sono imprigionati oppositori politici, giornalisti e cittadini stranieri. La magistratura iraniana, tramite il sito Mizan.news, ha riferito che otto persone detenute sono morte, e che più di cinquanta sono rimaste ferite. BBC scrive però che il numero di morti e feriti sarebbe molto più alto, citando sue fonti nel carcere. Su cosa abbia causato l’incendio e se abbia a che fare in qualche modo con le grosse proteste in corso da settimane nel paese contro il regime non ci sono ancora notizie certe.

Nella serata di sabato, sui social sono circolati video che mostravano una densa colonna di fumo nero uscire da uno degli edifici della prigione: nei video registrati intorno al carcere si sentono quelli che sembrano spari ed esplosioni. Le autorità di Teheran, nella stessa sera di sabato, avevano detto che la situazione era stata riportata sotto controllo, ma anche dopo questi annunci diversi testimoni hanno raccontato di una situazione tutt’altro che risolta. Fino alle prime ore della mattina di domenica, ha scritto il New York Times, i residenti del quartiere in cui si trova il carcere hanno sentito esplosioni provenienti dalla prigione.

Non è chiaro come sia nato l’incendio. IRNA, l’agenzia di stampa di stato iraniana, ha scritto che durante una protesta un gruppo di detenuti aveva dato fuoco a un deposito di vestiti dentro il carcere; il governatore dei Teheran Mohsen Mansouri ha detto che l’incendio è nato durante una rissa tra detenuti in un laboratorio di cucito. È stata fatta anche l’ipotesi che l’incendio potesse essere parte di una protesta legata alle grandi manifestazioni antigovernative delle ultime settimane. Centinaia di persone arrestate dalla polizia durante le manifestazioni, ha scritto BBC, si trovano infatti nella prigione di Evin.

Il carcere di Evin si trova nel benestante quartiere di Evin ed è stato costruito sette anni prima della rivoluzione islamica del 1979. La prigione, ha scritto il New York Times, ha delle sezioni che sono controllate direttamente dai servizi segreti iraniani e dalle Guardie rivoluzionarie, il potente corpo militare responsabile di difendere la Rivoluzione, ed è nota come simbolo dell’autoritarismo del regime iraniano e per le accuse di torture ai detenuti.

Domenica la situazione sembra essere tornata sotto controllo e i parenti di alcune delle persone detenute nel carcere sono riuscite a mettersi in contatto con loro telefonicamente. Tra i detenuti ci sono anche cittadini stranieri o con doppia cittadinanza e le ambasciate di diversi paesi stanno cercando rassicurazioni sulle condizioni di salute dei loro cittadini. Tra le persone detenute ad Evin potrebbe esserci anche la cittadina italiana Alessia Piperno, detenuta in Iran da settembre. Il ministero degli Esteri italiano, domenica, ha però detto di aver avuto rassicurazioni sulle buone condizioni di Piperno dall’ambasciata italiana a Teheran.