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  • Mercoledì 12 ottobre 2022

Cos’è successo alla giornalista che ha reso pubblico il caso di Mahsa Amini

Era stata arrestata pochi giorni dopo aver raccontato per prima la morte della ragazza iraniana: ad oggi non si sa ancora con quali accuse

Niloofar Hamedi (Shargh)
Niloofar Hamedi (Shargh)
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Le proteste della popolazione iraniana per la morte della 22enne Mahsa Amini, avvenuta in carcere dopo che era stata arrestata perché non indossava correttamente il velo islamico, vanno avanti ormai da più di tre settimane. Se sono diventate così partecipate e se la notizia della morte della ragazza ha raggiunto così tante persone nel paese, lo si deve anche al lavoro di chi per primo ha raccontato la storia di Mahsa Amini. A farlo era stata una giornalista, Niloofar Hamedi, cronista del quotidiano progressista Shargh, che pochi giorni dopo era stata però arrestata e di cui oggi non si hanno molte notizie.

Mahsa Amini era stata arrestata il 13 settembre dalla polizia iraniana. Tre giorni dopo era stata trasferita in un ospedale di Teheran perché, secondo la polizia, avrebbe avuto un attacco cardiaco in carcere, una versione smentita da subito dai genitori della ragazza. Secondo loro, la figlia sarebbe stata picchiata duramente in carcere, e le percosse sarebbero state la causa del ricovero in ospedale il 16 settembre, e della morte avvenuta sempre lo stesso giorno.

Proprio quel giorno, dopo che erano iniziate a circolare voci su una ragazza in coma dopo essere stata picchiata in carcere, Niloofar Hamedi era riuscita a entrare nell’ospedale dove Amini era stata ricoverata, e a fotografare i genitori della ragazza che si abbracciavano fuori dal reparto dove si trovava la figlia.

Hamedi pubblicò quella foto su Twitter poco dopo che Amini venne dichiarata morta: fu la prima giornalista a documentare che Amini era morta e da quel momento la notizia della morte della ragazza iniziò diffondersi molto rapidamente sui social network, tanto che lo stesso giorno cominciarono le prime proteste nel paese.

Dopo quella foto, Hamedi non pubblicò altro sul suo account Twitter, che venne in seguito sospeso (non si sa se su richiesta delle autorità iraniane e per quale eventuale infrazione delle regole del social network, e Twitter per ora non ha fornito chiarimenti al riguardo).

Il 22 settembre il suo avvocato disse che quel giorno la polizia aveva fatto irruzione nella casa di Hamedi e l’aveva arrestata. Nei giorni successivi il marito della giornalista ha scritto su Twitter che la moglie era stata portata nel carcere di Evin, nel nord di Teheran, e rinchiusa in isolamento.

Le ultime informazioni riferite dal marito risalgono a pochi giorni fa: domenica 9 ottobre lo ha chiamato dal carcere per dirgli che viene interrogata quotidianamente, ma che ancora non sa quali siano le accuse a suo carico.

Secondo la ong Committee to Protect Journalists, che si occupa della tutela della libertà di stampa, Hamedi è solo una delle decine di giornalisti arrestati dall’inizio delle proteste per via del loro lavoro di documentazione di ciò che sta succedendo in Iran. La ong stima che siano in tutto 28 i giornalisti arrestati.

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