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  • Lunedì 26 settembre 2022

A Cuba saranno legali i matrimoni tra persone dello stesso sesso

Si è votato in un referendum su diverse leggi per i diritti degli omosessuali: ha vinto il “sì” con il 66 per cento dei voti

Un attivista per i diritti delle persone omosessuali durante una manifestazione a L'Avana, la capitale di Cuba, nel 2019 (AP Photo/Ramon Espinosa)
Un attivista per i diritti delle persone omosessuali durante una manifestazione a L'Avana, la capitale di Cuba, nel 2019 (AP Photo/Ramon Espinosa)
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Domenica a Cuba ha vinto largamente il “sì” in un referendum per approvare il cosiddetto “Codice delle famiglie”, un pacchetto di leggi che comprende al suo interno la legalizzazione dei matrimoni tra persone dello stesso sesso: è una decisione storica e molto rilevante, in un paese in cui gli omosessuali sono stati vittime di violenze e persecuzioni per anni, e in cui l’omosessualità è diventata legale solo nel 1979. Ha votato per il “sì” circa il 66 per cento delle persone, cioè due terzi dei votanti, e l’astensione è stata del 26 per cento degli aventi diritto (piuttosto alta per le abitudini cubane).

Il Codice delle famiglie è considerato da giuristi ed esperti una delle leggi più moderne e garantiste al mondo sul tema, e oltre ai matrimoni gay comprende anche la legalizzazione dell’adozione da parte di coppie dello stesso sesso e della gestazione per altri (cioè il processo per cui una donna mette a disposizione il proprio utero e porta avanti la gravidanza per conto di committenti). Ci sono poi altre misure che riguardano la tutela dei diritti dei minori, la responsabilità genitoriale e la violenza di genere.

Quello sul Codice delle famiglie è peraltro solo il terzo referendum nella storia di Cuba postrivoluzionaria (cioè dopo il 1959), e il primo indetto per approvare una norma specifica: gli altri due si erano tenuti nel 1976 e nel 2019 per approvare le nuove costituzioni.

Gli attivisti per i diritti della comunità LGBTQ+ chiedevano questo genere di riforme da tempo, e le possibilità che venissero introdotte si erano fatte più concrete dopo l’elezione nel 2018 del presidente Miguel Díaz-Canel, che si era da subito detto apertamente favorevole ai matrimoni gay. Il governo di Díaz-Canel ha sostenuto il “sì” nel corso di questa campagna referendaria.

Alla riforma si sono opposti soprattutto movimenti religiosi e conservatori, ma c’è stata anche una non trascurabile opposizione che ha riguardato soprattutto il governo: una parte dell’opposizione infatti ha fatto campagna per il “no”, sostenendo che fosse una delle poche occasioni di manifestare il dissenso nei confronti di Díaz-Canel, che è stato accusato di voler sfruttare le riforme per migliorare l’immagine del suo governo, dopo che negli ultimi anni aveva cercato di reprimere il dissenso con la forza in più occasioni. Tra chi ha fatto campagna per il “no” per queste ragioni ci sono stati anche esponenti della comunità LGBTQ+. Cuba sta inoltre affrontando una grave crisi economica ed energetica delle cui responsabilità molti incolpano il governo e le sue scelte.

È indubbio però che l’approvazione del Codice delle famiglie sia un enorme passo avanti per i diritti nel paese. Le maggiori discriminazioni contro gli omosessuali a Cuba si ebbero dopo la rivoluzione comunista degli anni Cinquanta e l’ascesa al potere di Fidel Castro, e durante gli anni Sessanta gli omosessuali furono emarginati e internati in campi di lavoro forzato, definiti di “rieducazione”.

Violenze e discriminazioni ebbero però conseguenze fino ai primi Duemila, nonostante l’omosessualità fosse stata legalizzata da alcuni decenni. Nel 2010 Castro ammise le gravi ingiustizie portate avanti per anni e si scusò pubblicamente.