Cos’è successo all’alleanza tra PD e M5S in Sicilia

A farla saltare è stato Conte, ufficialmente per alcune candidature giudicate “impresentabili”: ma secondo altri c'entra un calcolo politico

Caterina Chinnici, candidata del centrosinistra alle regionali siciliane (Fabio Cimaglia / LaPresse)
Caterina Chinnici, candidata del centrosinistra alle regionali siciliane (Fabio Cimaglia / LaPresse)
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La magistrata ed europarlamentare Caterina Chinnici alla fine sarà la candidata del centrosinistra alle elezioni per il nuovo presidente della Regione Sicilia che si terranno il 25 settembre, contemporaneamente alle politiche. Chinnici, che è figlia di Rocco, magistrato ucciso dalla mafia nel 1983, ha deciso di confermare la sua candidatura dopo averci pensato per un giorno intero, convinta dalle richieste arrivate dai vertici locali e nazionali del Partito Democratico.

Lunedì, infatti, il Movimento 5 Stelle aveva deciso di rompere l’alleanza con il PD, provocando caos e ripensamenti nel centrosinistra siciliano a poco più di un mese dalle elezioni. È una vicenda locale strettamente intrecciata con quello che è successo e sta succedendo al M5S a livello nazionale, e che secondo molti garantisce di fatto in anticipo la vittoria alle regionali del centrodestra, che ha candidato l’ex presidente del Senato Renato Schifani.

Il PD e il M5S, che da anni fanno insieme opposizione all’amministrazione regionale di centrodestra guidata da Nello Musumeci, avevano tenuto le primarie congiunte per individuare il candidato alla presidenza della Sicilia lo scorso 23 luglio, cioè pochi giorni dopo la caduta del governo Draghi e la conseguente fine dell’alleanza tra i due partiti a livello nazionale. Ma i dirigenti locali dei due partiti avevano deciso comunque di tenere le primarie, confermando in questo modo la coalizione a livello regionale: una scelta che era apparsa da subito rischiosa e complicata, ma che era anche stata vissuta come obbligata vista la natura improvvisa e inaspettata della crisi di governo.

Alle primarie avevano votato oltre 30mila persone, e Chinnici aveva preso il 44,9 per cento dei voti contro il 31,8 per cento della candidata del M5S, Barbara Floridia, e il 23,3 per cento di Claudio Fava, candidato di Sinistra Italiana. Ma a partire dai giorni successivi la tenuta dell’alleanza era sembrata precaria, e in vari momenti aveva scricchiolato. Per la sua storia personale e per la lunga carriera nel campo della giustizia minorile, Chinnici era particolarmente rispettata nel M5S e questo ha garantito per alcune settimane il rispetto del patto fatto con le primarie, nonostante alcune tensioni sul programma. Poi però le cose sono cambiate negli ultimi giorni.

Già dal weekend era emerso che il M5S avrebbe potuto rompere l’alleanza. La decisione è arrivata direttamente dal leader del partito Giuseppe Conte, che è andato contro le volontà e i consigli di molti importanti dirigenti locali come Giancarlo Cancelleri, ex vice presidente dell’assemblea regionale siciliana, e Giampiero Trizzino, deputato regionale, entrambi favorevoli al mantenimento dell’alleanza. Annunciando la decisione, Conte ha scritto su Facebook:

Da una settimana c’è un’impasse dovuta all’insistenza dei democratici per infilare nelle liste esponenti impresentabili. Una posizione che ha messo in imbarazzo anche Caterina Chinnici, che è stata costretta a richiamare il Pd su questo punto: chi ha procedimenti penali pendenti deve restare fuori dalle liste.

Il PD dice che questa ragione è invece un pretesto. Secondo le cronache locali, Conte avrebbe deciso di interrompere l’alleanza per via di un sondaggio che dava il M5S con 5 punti percentuali in più se si fosse presentato da solo. Conte poi è candidato alle elezioni politiche anche in Sicilia, dove si prevede farà un’attiva campagna elettorale, e l’essere avversario del PD a livello nazionale e alleato a livello regionale gli avrebbe probabilmente creato difficoltà e imbarazzi.

Con “impresentabili”, Conte si riferiva a tre persone che avrebbero potuto essere incluse nelle liste della coalizione per le regionali, che però in realtà non sono ancora state consegnate. Sono Giuseppe Lupo, capogruppo del PD nell’assemblea regionale e coinvolto in un processo per corruzione, e Angelo Villari e Luigi Bosco, ex assessori del comune di Catania che in quanto tali sono imputati nel processo in corso sul dissesto del comune. Le direzioni provinciali del PD avevano approvato i loro nomi nelle liste, e questo non era piaciuto per niente al M5S, che non voleva tra i candidati persone con procedimenti penali in corso. Anche Chinnici, secondo le cronache, era contraria alla loro candidatura.

Per giorni il PD aveva rinviato la direzione regionale, in attesa di capire cosa avrebbe deciso il M5S. Secondo Repubblica, nel weekend c’erano state delle trattative che avevano riguardato anche i posti in giunta in caso di un’eventuale vittoria: «Gli assessorati ai quali i grillini ambiscono li elenca il capogruppo Nuccio Di Paola, che sta trattando con i dem su mandato di Conte, Beni culturali, Ambiente, Energia e Sanità: deleghe importanti che ci possano permettere di svolgere un ruolo centrale nel nuovo governo».

Alla fine però Conte ha deciso di uscire dall’alleanza, facendo arrabbiare non solo il PD, ma anche alcuni dirigenti locali. Trizzino ha dato una dura intervista a Repubblica in cui lo ha accusato di «consegnare la Sicilia a Salvini e a Meloni» per «una poltrona in più», sostenendo che si potesse spiegare agli elettori la situazione diversa dell’alleanza a livello nazionale e regionale: «Se non siamo capaci di spiegare una situazione del genere che ci stiamo a fare in politica? Io l’ho fatto più di una volta in questi mesi e non ho avuto particolari difficoltà». Ha aggiunto Trizzino riguardo ai candidati controversi: «avremmo potuto chiedere anche che fossero espunti e in caso contrario allora sì che avremmo potuto valutare di chiudere col PD. E in ogni caso anche Chinnici aveva chiesto la stessa cosa. Non inventiamo scuse che non esistono».

Intanto martedì Lupo ha ritirato la sua candidatura, e Villari e Bosco sono passati con la coalizione di centro che sostiene Cateno De Luca, ex sindaco di Messina candidato alle regionali. Ma il PD siciliano è uscito molto malconcio da quanto accaduto: le correnti si stanno rinfacciando errori e fallimenti e si sta evidentemente preparando una contesa interna per la guida del partito. A questo si aggiungono rancori e tensioni seguite all’esclusione dalle liste nazionali per le politiche di alcuni importanti esponenti locali del partito, come Antonello Cracolici e Fausto Raciti.

Se non altro, però, il segretario nazionale Enrico Letta e il suo vice Giuseppe Provenzano hanno convinto Chinnici a rimanere alla guida della coalizione: in caso contrario i guai sarebbero stati ancora maggiori, anche perché nel simbolo già depositato che ci sarà sulle schede sarebbe comparso comunque il suo nome.

Se Chinnici avesse rinunciato, al suo posto sarebbe probabilmente stato candidato Claudio Fava, storico attivista antimafia nonché figlio del giornalista Pippo Fava, ucciso dalla mafia nel 1984. Fava era arrivato terzo alle primarie, e rimane alleato di coalizione, a sinistra. Ma con il centrosinistra e il M5S che si presenteranno divisi, non ci sono molti dubbi sul fatto che vincerà la coalizione di centrodestra: «Avremmo potuto dare ai siciliani le risposte che proponiamo da 10 anni. Invece abbiamo voltato le spalle a una magistrata dalla storia priva di sbavature, figlia di Rocco Chinnici, giudice ucciso dalla mafia. Ne risponderemo davanti alla storia» ha detto Trizzino, che ora dovrebbe candidarsi con il centrosinistra.