Cosa c’è a sinistra del PD

Un gran numero di partitini, frammentati e litigiosi e spesso guidati da persone abbastanza note

(Paco Freire/SOPA Images via ZUMA Wire)
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Nelle ultime settimane gran parte delle attenzioni nel campo del centrosinistra è stata rivolta soprattutto al centro, e all’alleanza firmata e poi rotta in pochi giorni tra il Partito Democratico e Azione di Carlo Calenda. La situazione è ancora più movimentata a sinistra, dove si trova un’ampia serie di partiti, sia dentro alla coalizione con il PD sia fuori, spesso in contrapposizione tra loro e divisi a volte dall’ideologia e a volte dalle personalità contrastanti dei loro leader.

Eccetto le liste di sinistra che sono entrate in coalizione con il PD, quasi nessuno di questi partiti ha davvero una possibilità di superare la soglia di sbarramento al 3 per cento, e spesso nei sondaggi si trovano nella sezione “Altri”, quella che raggruppa i partiti troppo piccoli per essere trattati individualmente, benché molti di questi siano comunque guidati da persone con una certa riconoscibilità.

Quelli che stanno con il PD
Nella coalizione di centrosinistra c’è la lista unica fra Verdi e Sinistra Italiana, piuttosto noti e consistenti dal punto di vista elettorale, dati vicini al 4 per cento dei consensi secondo gli ultimi sondaggi. La lista unica è nata da un’alleanza di Europa Verde (cioè l’ultimo movimento nato dallo storico partito italiano dei Verdi) e Sinistra Italiana, realizzata a inizio luglio con un evento piuttosto peculiare, in cui i dirigenti dei due partiti hanno mostrato delle fette di cocomero, un frutto verde fuori (come i Verdi) e rosso dentro (come la Sinistra).

Il leader dell’alleanza è Angelo Bonelli, co-portavoce di Europa Verde, mentre Sinistra Italiana è guidata da Nicola Fratoianni, deputato da quasi dieci anni e prima di allora storico capo della sezione giovanile di Rifondazione Comunista. Dell’alleanza fa parte anche Possibile, la formazione che fu fondata da Giuseppe Civati nel 2015 (ora la segretaria è Beatrice Brignone).

Né Verdi né Sinistra Italiana hanno sostenuto il governo di Mario Draghi, al contrario del PD.

I due partiti si sono uniti con un programma condiviso di nove punti. L’obiettivo esplicito era quello di aderire alla coalizione di centrosinistra. «Abbiamo necessità di costruire un fronte democratico, perché dall’altra parte c’è un polo sovranista che non fa questioni di principio», aveva detto Bonelli nell’evento di presentazione dell’alleanza. La decisione del PD di allearsi con Azione di Carlo Calenda aveva creato grossi malumori e polemiche tra Bonelli e Fratoianni da una parte e Calenda dall’altra, ma la questione si è risolta quando Calenda è uscito dall’alleanza.

Benché sia in coalizione con il PD, l’alleanza tra Verdi e Sinistra ha un suo simbolo, che potrà essere votato sulla scheda elettorale. Non si può dire lo stesso di tre formazioni più o meno note che invece sono state di fatto assorbite dal PD, e che hanno acconsentito di creare con il Partito Democratico una lista unica: Articolo Uno, il gruppo degli ex scissionisti che nel 2018 si presentarono fuori dal PD con Liberi e Uguali, ormai quasi tutto rientrato nel PD, e il Partito socialista italiano. È in lista con il PD anche DemoS, che però è un piccolissimo partito di ispirazione cattolico-democratica.

Quelli fuori dalla coalizione
I movimenti più notevoli sono però fuori dalla coalizione di centrosinistra, dove si confrontano vari cartelli elettorali.

La lista probabilmente più nota è quella guidata da Luigi de Magistris, ex sindaco di Napoli e attualmente leader di UP, Unione popolare, un cartello elettorale che tiene assieme Rifondazione comunista, Potere al Popolo! – che alle elezioni del 2018 superò di poco l’1 per cento dei voti – e altre due formazioni minori come DemA e ManifestA. De Magistris ha presentato molto esplicitamente la sua lista come in opposizione alla coalizione di centrosinistra guidata dal PD: «È il fronte dei non allineati. Ci sono i pacifisti non rappresentati, gli ambientalisti non rappresentati, la sinistra non rappresentata, i delusi delle involuzioni dei 5 stelle, gli astenuti…», ha detto a Repubblica.

Nel corso delle scorse settimane ci sono state discussioni anche per la formazione di un altro cartello elettorale di sinistra, guidata da Marco Ferrando, che ebbe una certa notorietà durante la campagna elettorale del 2006 per le sue posizioni radicali e che attualmente è segretario del Partito comunista dei lavoratori. Ferrando a fine luglio ha fatto un appello a tutta una serie di movimenti di estrema sinistra (Fronte Comunista / Fronte della Gioventù Comunista, Sinistra Anticapitalista, Sinistra Classe Rivoluzione, Tendenza Internazionalista Rivoluzionaria) per unirsi in un cartello elettorale in nome della «battaglia di classe anticapitalista», ma alla fine non se n’è fatto niente.

Il Partito comunista dei lavoratori ha presentato da solo il suo simbolo, ma difficilmente riuscirà a raccogliere le firme necessarie per finire sulla scheda elettorale.

Quelli non proprio di sinistra
Un altro cartello elettorale che più o meno appartiene all’area è Italia Sovrana e Popolare, formata dal Partito comunista di Marco Rizzo assieme ad Azione Civile, il movimento dell’ex magistrato antimafia Antonio Ingroia, che ebbe vari momenti di celebrità una decina di anni fa per le sue inchieste, e ad Ancora Italia, un’altra piccola formazione radicale. Il Partito comunista di Rizzo è noto per essere definito “rosso-bruno”, cioè un partito che sposa sia teorie dell’estrema sinistra (il rosso) e della destra radicale e antisistema (il bruno era il colore delle divise di alcuni reparti della Germania nazista). Rizzo e i suoi hanno posizioni estreme da tutti i punti di vista, che vanno dalla lotta di classe al nazionalismo, dal sostegno al regime russo di Vladimir Putin all’antieuropeismo.

Anche in questo caso, la lista deve raccogliere circa 56 mila firme necessarie per formalizzare la propria candidatura, ma difficilmente ce la farà.