Com’è andato il “referendum” di Damien Hirst sugli NFT e l’arte fisica

Le 10mila persone che un anno fa avevano comprato le sue opere si sono divise a metà tra chi ha tenuto il certificato digitale e chi ha scelto l'oggetto concreto

Caricamento player

Il 27 luglio 2021 l’artista e imprenditore britannico Damien Hirst vendette gli NFT (dei contratti digitali di proprietà, la cui autenticità è certificata tramite blockchain) di 10mila sue opere. Ogni NFT costava duemila dollari e fu assegnato per estrazione ad alcuni degli aspiranti acquirenti che si erano registrati su un apposito sito. Il progetto, chiamato “The Currency”, aveva una regola: dopo un anno dall’acquisto i proprietari di quelle 10mila opere, esistenti sia in forma fisica che come NFT, avrebbero dovuto scegliere se tenere l’NFT (e vedere bruciata la rispettiva opera fisica) o se invece tenere l’opera fisica, ma perdere la proprietà del relativo NFT. Nel frattempo erano comunque liberi di provare a vendere ad altri i loro NFT, cosa che molti hanno fatto.

Era insomma un grande esperimento con al centro le opere di uno degli artisti più quotati al mondo, fatto in un periodo in cui gli NFT erano molto in voga. Artnet lo ha definito «un referendum» sugli NFT e l’arte fisica, e ora è arrivato il risultato. Un anno più tardi, e dopo la crisi sia delle criptovalute che degli NFT, i proprietari hanno scelto: 5.149 tra loro prenderanno le opere fisiche, i restanti 4.851 terranno invece gli NFT.

Nel frattempo si è peraltro scoperto che tra i partecipanti c’era Hirst stesso, che un anno fa aveva scelto di tenere per sé 1.000 opere di “The Currency” e che – a quanto dice lui dopo averci pensato molto, e dopo aver cambiato più volte idea – ha scelto per sé gli NFT.

Le 10mila opere di “The Currency” (“la valuta”) sono state realizzate a mano da Hirst su fogli di 20×30 centimetri e hanno un unico tema comune: i pois, che l’artista realizza in varie forme da più di trent’anni. Nel realizzare le opere Hirst ha seguito una serie di semplici regole su forme e colori; l’autenticità di ognuna è certificata da una serie di elementi, per molti versi simili a quelli usati per evitare la contraffazione delle banconote. Su ogni opera ci sono infatti un’immagine olografica di Hirst, una sua firma, un numero di serie e un microdot.

(HENI)

A rendere diverse le varie opere, che Hirst realizzò in gran parte nel 2016 senza pensare all’epoca agli NFT, è anche il loro titolo, «generato applicando il machine learning ad alcune delle strofe di canzoni preferite dall’artista». Il titolo della prima opera tra le 10mila è “Totally gonna sell you”, “ti venderò di sicuro”. Come spesso succede per gli NFT prodotti in serie limitate (i cosiddetti collectibles) a dare più o meno valore alle opere di “The Currency” è stata la rarità di certi loro elementi estetici o testuali: solo 122 su 10mila, per esempio, contengono una parola volgare nel titolo.

Come ha raccontato Artnet, nell’agosto 2021, il primo mese in cui gli NFT legati alle opere di “The Currency” furono liberamente vendibili, ci furono oltre duemila transazioni che generarono in tutto circa 47 milioni di dollari. Una delle opere, intitolata “Yes” (resa rara, tra le altre cose, dal fatto di avere un titolo di una sola parola) fu venduta per 120mila dollari. Exibart scrisse che in quel momento, su OpenSea, importante piattaforma per la compravendita di NFT, il prezzo più basso con cui si poteva provare a comprare una delle opere di The Currency era pari a 8,8 ether, la valuta legata al sistema Ethereum, che al tempo corrispondevano a circa 30mila dollari (ora, dopo quello che qualcuno ha definito “l’inverno delle criptovalute”, quella stessa quantità di Ether corrisponde invece a poco meno di 15mila euro).

Dopo le attenzioni iniziali, dovute al generale interesse verso gli NFT e al fatto che “The Currency”era riuscita a travalicare i settori dell’arte contemporanea e delle criptovalute, l’interesse verso il progetto diminuì. Nel giugno 2022 ci sono state solo 170 transazioni legate a “The Currency”, che avevano spostato in un anno un totale complessivo di circa 89 milioni di dollari. Al momento su OpenSea alcuni NFT legati al progetto vengono proposti a prezzi inferiori ai 10mila dollari.

In virtù della svalutazione delle criptovalute e della notevole flessione del settore degli NFT, è interessante capire perché qualcuno ha comunque scelto, nell’estate del 2022, di continuare a puntarci, rinunciando di portarsi a casa un’opera di un artista famoso e quotato come Hirst.

Dopo aver consultato i post del canale Discord associato al progetto, Artnet ha scritto che un motivo pragmatico spesso citato aveva a che fare con la maggior velocità e facilità con cui un NFT può essere venduto. Ci sono comunque anche proprietari più idealisti, che si sono detti interessati a tenere l’NFT in nome del progetto: come ha scritto un utente, vendendo l’NFT «si perde il posto in quello che potrebbe essere un viaggio interessante».

È invece più facile comprendere le ragioni per cui – al netto di assicurazioni e rischi legati al possesso di un’opera fisica – altri si sono detti invece decisi a rinunciare al loro NFT. Sempre considerando però che a qualsiasi proprietario conveniva fare una scelta minoritaria rispetto agli altri, così da rendere il più rara possibile la sua opera e il suo formato.

Per quanto lo riguarda, Hirst – che è noto come artista, ma anche come abile manovratore del mercato dell’arte – ha detto di aver scelto di mantenere le sue opere in formato NFT per mostrare «totale supporto e fiducia» al settore. Ha scritto che all’iniziò pensava che avrebbe scelto solo opere fisiche, poi soprattutto opere fisiche, poi metà e metà e che solo negli ultimi giorni, dopo diversi altri ripensamenti, ha scelto di puntare tutto sugli NFT. «Anche se è passato un anno» ha scritto, «mi sento come se il viaggio fosse appena iniziato».

Insieme con HENI – la piattaforma che ha lanciato e gestito “The Currency” – Hirst ha fatto sapere che dal 9 settembre organizzerà alla Newport Street Gallery di Londra una mostra con le opere in questione. Quelle legate a NFT che i proprietari hanno scelto di mantenere saranno bruciate, una al giorno; e a ottobre ci sarà poi un qualche tipo di evento in cui le rimanenti opere fisiche scartate da chi sarebbe potuto diventarne proprietario saranno bruciate tutte insieme.

– Leggi anche: Beeple dopo gli NFT