L’influencer sudcoreana che non esiste davvero

Rozy balla, canta, sponsorizza marchi di abbigliamento e cosmetici ed è creata al computer

Immagine tratta dalla pagina Instagram di Rozy
Immagine tratta dalla pagina Instagram di Rozy
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Su Instagram Rozy ha 135mila follower. È sudcoreana, ha 22 anni e pubblicizza vari marchi di moda e cosmetici, ma racconta anche dei suoi viaggi a Singapore, a Roma o a Siviglia. Da quando ha cominciato a comparire su internet, nel 2020, ha partecipato a varie sfilate virtuali e ha inciso due singoli. Spesso viene scambiata per una persona reale, però è la prima influencer “virtuale” sudcoreana, generata interamente al computer: la sua popolarità tra le persone più giovani è una buona risorsa per le aziende che la scelgono per farsi pubblicità, ma in una società ossessionata da canoni di bellezza estremamente rigidi sta anche creando qualche preoccupazione.

L’azienda informatica che ha inventato Rozy si chiama studio Sidus X e l’ha messa a punto grazie alla CGI (Computer Generated Imagery), la tecnologia molto utilizzata nel cinema, nella tv e nei videogiochi che permette di sfruttare la computer grafica per creare immagini digitali ed effetti speciali. A volte lo studio usa la CGI per creare la figura di Rozy nella sua interezza, mentre altre solo per innestare la sua testa sul corpo di una modella umana, per esempio nel caso di alcuni servizi fotografici.

La figura di Rozy ha ottenuto un buon seguito online grazie ai social media, dove chi gestisce il suo profilo condivide momenti della sua “vita” e interagisce con i follower, che a volte la considerano e le si rivolgono come a una ragazza vera, anziché come a una forma di intelligenza artificiale. Il suo profilo Instagram è pieno di foto e video in cui balla e canta, assieme a post sponsorizzati in cui fa da testimonial a borse, profumi e ristoranti; fuori da internet, si trovano spot con lei in televisione, sui cartelloni pubblicitari e sui mezzi pubblici.

 

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Baik Seung-yup, il CEO dello studio Sidus X, ha detto a CNN che adesso sono moltissime le società sudcoreane che vogliono usarla come modella, dalle riviste di moda alle compagnie di assicurazioni, alle banche. Come dice il sito dello studio, Rozy «può fare tutto quello che gli umani non possono fare… in una forma molto simile a quella umana», e questo è uno dei motivi per cui le influencer virtuali come lei stanno interessando sempre di più le aziende che cercano figure giovani e attraenti per sponsorizzarsi, sia in Corea del Sud che in altri paesi.

Il suo trucco è sempre impeccabile, non invecchia mai ed è improbabile che finisca al centro di scandali o indiscrezioni. Tra progettazione, realizzazione e post-produzione, inoltre, il tempo per creare un post o un video pubblicitario con un’influencer creata al computer è molto minore rispetto a quello che serve per produrre una pubblicità con persone vere: da poche ore ad alcuni giorni.

Baik ha detto che quest’anno lo studio stima di superare i 2 miliardi di won coreani (l’equivalente di 1,5 milioni di euro) in ricavi solo grazie all’utilizzo della sua immagine. A breve, ha aggiunto Baik, Rozy lancerà anche una propria linea di cosmetici e un proprio NFT (“Non-Fungible Token”), un certificato di autenticità che attesta l’originalità e l’unicità di un’opera digitale.

 

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Rozy non è la sola modella generata al computer ad aver ottenuto così tanto successo sui social media e la Corea del Sud non è il solo paese ad averne sviluppate.

Tra le altre ci sono la modella statunitense Lil Miquela, che ha più di 3 milioni di follower su Instagram e ha sponsorizzato vari marchi molto famosi, tra cui Chanel, Supreme o Prada, e Lu do Magalu, l’influencer virtuale della catena della grande distribuzione brasiliana Magazine Luiza, che pur essendo molto meno realistica di Rozy e Lil Miquela ha quasi 6 milioni di follower sullo stesso social network.

Con 81mila follower sempre su Instagram, Lucy invece è un’altra influencer sudcoreana creata al computer per fare pubblicità ai grandi magazzini Lotte Home Shopping: come è accaduto allo studio Sidus X grazie a Rozy, la popolarità di Lucy ha fatto ottenere alla società informatica che l’ha creata una serie di offerte da parte di aziende ed enti di vari settori che vogliono utilizzarla per farsi pubblicità.

 

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Secondo vari esperti di tecnologia sentiti da CNN, in Corea del Sud l’utilizzo delle influencer “virtuali” sta avendo un buon successo in particolare tra le generazioni di persone più giovani, che passano varie ore del giorno online, e per questo può essere un buon modo per attirare le fasce più giovani di consumatori, specialmente le donne.

Il ruolo delle influencer come Rozy però ha cominciato a essere visto come un problema, soprattutto perché le aziende che le disegnano tendono a replicare certi ideali di bellezza tradizionale che in Corea del Sud – una società altamente competitiva – moltissime persone cercano già di ottenere attraverso la chirurgia plastica: un fisico minuto, la pelle chiara e priva di imperfezioni, occhi grandi, naso piccolo e bocca carnosa, tra gli altri.

Come ha spiegato a CNN Lee Eun-hee, professoressa del dipartimento di Consumer Science della Inha University, la preoccupazione è che le modelle generate al computer possano spingere ancora di più le ragazze che le seguono a voler raggiungere standard di bellezza non realistici. C’è poi chi si chiede se sia etico sfruttare la loro immagine a scopo pubblicitario quando i consumatori non sanno distinguere con precisione se siano persone vere oppure frutto dell’utilizzo di sistemi di intelligenza artificiale.

 

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Le aziende che gestiscono l’immagine di Rozy e Lucy tendono a respingere queste critiche, sostenendo che le influencer create al computer abbiano anche una storia e una personalità, oltre a un aspetto gradevole. Lucy per esempio «cerca di avere una buona influenza sulla società», raccontando della sua “vita” e delle sue esperienze ai propri follower sui social network, ha detto a CNN un rappresentante di Lotte; Baik invece sostiene che Rozy sia stata creata deliberatamente con le lentiggini e gli occhi leggermente distanti proprio «per dimostrare che si può essere belle anche senza un viso affascinante secondo le convenzioni».

Negli ultimi tempi comunque molte sudcoreane hanno cercato di rifiutare i modelli di bellezza tradizionali, per esempio attraverso il movimento per “rimuovere il corsetto”, che dal 2018 organizza mostre e attività per convincere le donne a non accettare i canoni e a rivendicare la validità di un aspetto estetico diverso.

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