Ascesa e declino dei virologi

In due anni di pandemia, hanno avuto grande visibilità soprattutto in televisione, ma la divulgazione funziona diversamente

di Clorinda Chicca

Una statuetta in legno ispirata al virologo tedesco Christian Drosten 
(Annette Riedl/dpa/ansa)
Una statuetta in legno ispirata al virologo tedesco Christian Drosten (Annette Riedl/dpa/ansa)
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In due anni e mezzo di pandemia, virologi, epidemiologi e altri specialisti sono diventati familiari a molti italiani grazie alla loro frequente presenza in televisione, sulle radio e sui giornali. Le loro dichiarazioni, riguardanti temi per lo più scientifici, sono state talvolta strumentalizzate per fini politici, diventando argomenti di discussione intorno a una crisi sanitaria inedita e dalle enormi proporzioni. Il grande numero di pareri individuali, e spesso discordanti, da parte di scienziati ritenuti affidabili ha progressivamente alimentato la confusione di spettatori e lettori, sommersi di informazioni. Da questo è emersa la necessità di di ripensare il modo di fare divulgazione corretta per il pubblico su temi così importanti e sentiti.

Il primo lockdown era iniziato a marzo 2020, durando oltre due mesi: in questo periodo i canali televisivi Rai e Mediaset avevano registrato un aumento di ascolti sia per la TV tradizionale sia per le piattaforme on demand. Per entrambe le aziende l’incremento di pubblico era stato associato alla situazione pandemica, in particolare la Rai aveva rilevato un aumento del 60% degli ascolti per i programmi informativi tra i primi due mesi del 2020 e il seguente periodo del lockdown. Come conseguenza della ricerca di notizie su ciò che stava accadendo da parte del pubblico, la televisione aveva iniziato ad ospitare i primi esperti: virologi, immunologi, infettivologi, epidemiologi.

Oltre ad avere confermato l’aumento di pubblico e di interesse per specifici canali TV e radiofonici, un’analisi di Nature Italy – una rivista online dedicata alla divulgazione scientifica – pubblicata ad agosto 2021, aveva raccolto opinioni delle persone nei confronti degli esperti di questo genere, nell’arco di tempo tra marzo 2020 e maggio 2021. Ad aprile 2020, in pieno lockdown, un italiano su tre riteneva gli interventi pubblici degli esperti scientifici «chiari ed efficaci», ma già allora quasi la metà del campione pensava che invece ci fossero stati «pareri troppo diversi» da parte loro, con il rischio di «creare confusione». Nello stesso periodo le trasmissioni che ospitavano i virologi erano diventate le fonti principali di informazione per due italiani su tre, ed erano ritenute le più affidabili dal 22% del campione.

Arrivando a maggio 2021, in poco più di un anno, l’opinione delle persone era drasticamente cambiata, diventando sempre più critica e distaccata dalle informazioni fornite da TV e radio: meno di un terzo del pubblico aveva continuato a cercare informazioni principalmente su questi canali, e solo l’11% li riteneva ancora le fonti più affidabili; in entrambi i casi si era dimezzata la percentuale iniziale, e dal quadro generale la fiducia si era redistribuita, nella maggior parte, tra i medici di base e i siti istituzionali, ma anche giornali e social media avevano ottenuto un crescente aumento di pubblico e consensi.

Nel suo complesso, questo andamento era derivato da una maggiore consapevolezza maturata dagli spettatori via via che l’emergenza sanitaria si prolungava e in un certo senso si normalizzava: dopo un anno dall’inizio della pandemia, gli interventi degli esperti erano ancora considerati «chiari ed efficaci» solo dal 15% del campione, perdendo più di metà dei punti percentuali rispetto all’inizio del 2020 – quando si erano attestati al 33%. I cittadini avevano confermato, con questi dati, di non aver apprezzato i metodi divulgativi delle fonti più accessibili e diffuse, né di essere riusciti a fruire di un servizio pubblico all’altezza delle loro aspettative – e delle loro necessità – in un periodo come quello della pandemia. Una situazione che non è rimasta inosservata neanche dalle istituzioni stesse e dagli esperti di comunicazione e divulgazione scientifica, che dalla fine della prima quarantena hanno espresso diverse perplessità sia sulla presenza assidua di alcuni virologi e colleghi nelle trasmissioni sia sulla loro effettiva utilità, per come si era evoluto il fenomeno.

L’assidua presenza di alcuni virologi nelle trasmissioni televisive aveva portato ad alcune inchieste giornalistiche per cercare di quantificare i loro ritorni economici derivanti dalla grande visibilità che avevano acquisito. Non erano mancate speculazioni e polemiche sui presunti vantaggi che avrebbero portato alle aziende con cui collaborano e sulle proposte politiche ricevute. Per alcuni virologi ed esperti era stata messa in discussione l’effettiva competenza come professionisti, tramite l’analisi dell’impatto scientifico delle loro ricerche e pubblicazioni. Infine, in Parlamento era stata discussa una proposta di legge, finita rapidamente nel nulla, per regolamentare più severamente la presenza dei virologi in televisione.

Un rapporto del CENSIS di aprile 2021 aveva raccolto dati simili al report di Nature Italy e aveva esplicitamente affermato la presenza di un «sovraffollamento comunicativo» rischioso e dannoso, invitando poi le agenzie comunicative ad affidarsi a professionisti competenti e contemporaneamente attivare campagne di sensibilizzazione all’uso consapevole delle fonti informative riferite alla pandemia.

Soprattutto in televisione, e in parte sui giornali, il costante ricorso ai pareri dei singoli virologi ed esperti ha portato a un’informazione spezzettata e disunita, fatta di tante opinioni personali, separate e individuali. Secondo numerosi osservatori ed esperti di divulgazione, si è perso di vista il vero confronto scientifico, che non avviene sulle pagine dei giornali o nelle trasmissioni televisive, ma nei laboratori e nelle università. Le evidenze scientifiche devono poi essere divulgate correttamente, rendendole comprensibili anche a chi non è del settore e sceglie di affidarsi alla scienza e agli studiosi per avere consapevolezza di ciò che lo circonda.

Questo e gli altri articoli della sezione Tra cultura e pandemia sono un progetto del workshop di giornalismo 2022 del Post con la Fondazione Peccioliper, pensato e completato dagli studenti del workshop.