La biblioteca umana, dove i libri sono le persone

È un’iniziativa nata in Danimarca per combattere i pregiudizi, raccontati da chi normalmente li subisce

Muffe Vulnuz, un volontario della Human Library durante un evento organizzato al Covent Garden di Londra nel 2017 (foto tratta dalla pagina Facebook della Human Library)
Muffe Vulnuz, un volontario della Human Library durante un evento organizzato al Covent Garden di Londra nel 2017 (foto tratta dalla pagina Facebook della Human Library)
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Esiste un particolare tipo di biblioteca dove anziché prendere in prestito un libro ci si può far raccontare da una persona la sua storia: è la Human Library, la “biblioteca umana” o “biblioteca vivente”, un’iniziativa nata in Danimarca nel 2000 e da allora diffusa in moltissimi paesi. L’idea è far conoscere le storie di persone che appartengono a categorie più o meno emarginate o subiscono discriminazioni di qualche tipo, per far superare i pregiudizi che potrebbero avere nei loro confronti. Un evento della Human Library è uno spazio aperto in cui ciascun lettore o lettrice è invitato a instaurare un dialogo aperto con il proprio libro “umano”, ovvero una persona disposta, su base volontaria, a raccontare la propria storia e a rispondere alle domande di chi la ascolta.

La Human Library infatti non è un luogo fisico: durante un evento, che può essere organizzato in una biblioteca o anche in altri spazi come per esempio un parco, i lettori scelgono una persona con cui conversare mezzora da un catalogo dei “libri” disponibili. Ognuna di queste persone è identificata da un titolo corto e descrittivo, per esempio “Transgender”, “Ex alcolista”, “Vittima di violenze sessuali” o “Persona con grave disabilità”, proprio come se fosse un libro; ciascuna rappresenta un gruppo sociale che è oggetto di preconcetti o discriminazioni per via della sua identità di genere, delle sue esperienze di vita o della sua religione, ma anche per il suo aspetto fisico, per la sua nazionalità o per il suo stile di vita.

Lettrici e lettori sono invitati a fare le domande più scomode o imbarazzanti proprio per superare i propri pregiudizi: per usare il motto della Human Library, l’obiettivo dell’iniziativa è quello di “unjudge someone”, ovvero smettere di giudicare qualcuno.

 

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Una “lettura” organizzata in una biblioteca di Edimburgo, Scozia, nel marzo del 2021

Uno dei “libri viventi” della biblioteca umana a Lima, in Perù, è Samantha Braxton, crossdresser e attivista per i diritti delle comunità LGBT+, il cui titolo per così dire è “Transformista”. Il crossdressing è l’atto di utilizzare gestualità e abiti opposti a quelli tradizionalmente attribuiti al proprio sesso biologico, ma non è collegato per forza a una diversa identità di genere o a un diverso orientamento sessuale: tra i lettori di Braxton, spiega il sito della Human Library, ci sono comunque molte persone che spesso non hanno ancora parlato apertamente della propria omosessualità e cercano consigli o spunti a partire dalla sua esperienza.

C’è poi un insegnante di 29 anni che si chiama Christian (il suo cognome non è specificato), si descrive come «un grande nerd» e, ha spiegato a BBC Mundo, soffre di schizofrenia, ed è convinto di essere costantemente spiato. Christian spera che la libreria umana aiuti a «eliminare i pregiudizi su certi temi su cui credo debbano essere rimossi».

Una “lettura” organizzata a Copenaghen nell’agosto del 2021

La Human Library fu fondata nel 2000 dal danese Ronni Abergel. Insieme al fratello e ad alcuni amici ebbe l’idea di radunare un gruppo di volontari che raccontassero le proprie storie e rispondessero alle domande dei curiosi durante un festival musicale. Ebbe subito un riscontro «incredibile» e in poco tempo la biblioteca raccolse «più di 50 libri diversi sui propri scaffali», ha raccontato a BBC Mundo.

All’inizio la biblioteca era un passatempo, ma nel 2013 Abergel cominciò a dedicarcisi a tempo pieno, esportando il modello in più di 80 paesi, tra cui Norvegia, Portogallo, Australia e Singapore. In questi anni la biblioteca ha organizzato eventi anche in Italia, per esempio a Torino, a Firenze e a Verona, e ne ha ispirati altri del tutto simili in molte città, compresa Milano. Dall’anno scorso a Copenaghen, la capitale danese, c’è anche un giardino di lettura dedicato dove lavorano alcune persone che aiutano a trovare i “libri” disponibili e a organizzare gli incontri.

 

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Una “lettura” organizzata a Norwich, in Inghilterra, nell’agosto del 2021

In un’intervista a BBC Abergel ha detto che di solito nessuno ha tempo di fermarsi a parlare con le persone che non conosce per capire chi siano e per questo si tende «a infilarle in certe caselle, basando molti dei propri giudizi e pregiudizi sull’istinto anziché sulla conoscenza». L’invito della biblioteca umana è entrare in contatto con quelle con cui normalmente non si ha niente a che fare, che mettono a disagio, preoccupano o imbarazzano chi non sa nulla di loro, per ascoltare le loro storie e scoprire qualcosa di nuovo. In questo modo «si impara moltissimo non solo sulle altre persone, ma anche su di sé», ha detto Abergel.

Generalmente le lettrici e i lettori sembrano soddisfatti dall’esperienza: secondo uno studio di una società esterna svolto dopo una serie di eventi organizzati con i dipendenti della società assicurativa Zurich, le storie dei “libri viventi” hanno «un impatto profondo» su chi le ascolta, ha aggiunto Abergel. È poco probabile che un’esperienza di questo tipo cambi le opinioni più radicate, però può essere utile per mantenere una mente più aperta, ha concluso. Uno dei progetti per il futuro è sviluppare un’app attraverso cui le persone possano registrarsi e richiedere la lettura di un libro “vivente” online.

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