Dove sono gli alberi monumentali in Italia

Ce ne sono 3.662, sparsi un po' ovunque, e i più facili da salvaguardare sono quelli di cui ci siamo dimenticati

Il fico magnolioide di piazza Marina, a Palermo (Carlo Columba/Wikimedia)
Il fico magnolioide di piazza Marina, a Palermo (Carlo Columba/Wikimedia)
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In piazza Marina, nel centro di Palermo, c’è uno degli alberi più grandi d’Italia e probabilmente d’Europa: è un esemplare piuttosto eccezionale di fico magnolioide (Ficus macrophylla), una specie originaria dell’Australia e importata in Italia nell’Ottocento. La grandezza è la sua caratteristica più spettacolare: l’albero di Palermo è alto 21 metri, ha un fusto di 36 metri di circonferenza, e occupa una parte significativa di villa Garibaldi, il giardino storico realizzato negli anni Sessanta dell’Ottocento all’interno di piazza Marina.

Il fico magnolioide ha radici aeree, che crescono in altezza e non in profondità, trasformandosi in delle specie di colonne che aiutano a sostenere il notevole peso di questi alberi. Secondo il ministero delle Politiche agricole e forestali, il fico di piazza Marina è di particolare interesse per età, dimensioni, forma e portamento, rarità botanica, architettura vegetale, valore storico, e per questi motivi è stato inserito nell’elenco degli alberi monumentali italiani.

Il primo censimento degli alberi monumentali italiani, organizzato dal corpo forestale dello Stato, risale al 1982. All’epoca, per la prima volta in Italia, venne riconosciuto ufficialmente un valore al significativo patrimonio arboreo, da salvaguardare attraverso un’opera di conservazione. Dal 2017 l’elenco degli alberi monumentali è stato preso in carico dal ministero delle Politiche agricole e forestali, che ha il compito di aggiornarlo con costanza.

Secondo la legge, può rientrare nell’elenco un albero che costituisca un «raro esempio di maestosità e longevità, che mostri un particolare pregio naturalistico per rarità della specie o che costituisca un preciso riferimento ad eventi o memorie rilevanti dal punto di vista storico, culturale, documentario e delle tradizioni locali». Vengono presi in considerazione ​​sia esemplari appartenenti a specie autoctone, cioè quelle naturalmente presenti in una determinata area geografica, sia gli appartenenti a specie alloctone, non legati alla flora originaria ma cresciuti per l’intervento intenzionale o accidentale delle persone.

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L’elenco attuale è aggiornato al giugno dello scorso anno: in Italia gli alberi monumentali sono 3.662. La Sardegna è la regione con più alberi monumentali (410), seguono il Friuli Venezia Giulia con 334 alberi e l’Abruzzo con 298. Se si osservano i dati provinciali, Udine è la provincia con il maggior numero di alberi monumentali, 244, mentre nelle province di Grosseto e Rimini ne sono stati segnalati soltanto 3.

In questa mappa è possibile individuare tutti gli alberi monumentali italiani: per ogni albero sono indicati il luogo, le principali caratteristiche come l’altezza e la circonferenza del fusto, e i motivi per cui l’esemplare è stato inserito nell’elenco del ministero. 

Per poter conservare gli alberi monumentali e garantire la loro sopravvivenza il più a lungo possibile è necessario gestirli con molte accortezze. Le indicazioni del ministero dicono che gestirli significa «accompagnarli delicatamente e con la massima attenzione nel loro naturale processo evolutivo», senza alterare forma e funzionalità dell’albero, ma anche dell’ambiente circostante.

Negli ecosistemi naturali la miglior salvaguardia è normalmente il “non intervento”, perché la morte di un albero alla fine del suo ciclo di vita è un fatto normale. In ambienti antropizzati, come le città, sono necessarie molte più attenzioni. Se da un lato molti alberi hanno raggiunto la loro monumentalità perché conservati dell’intervento umano, dall’altro è proprio l’intervento umano a costituire un pericolo: potature errate, traumi al tronco, danni alle radici, conflitti con impianti tecnologici e pavimentazioni, interventi sbagliati di irrigazione e concimazione, diffusione di sostanze dannose, modifica del livello originario del terreno sono, infatti, le principali cause della prematura morte di molti grandi alberi.

Giovanni Morelli è un arboricoltore, cioè un esperto che si dedica alla cura e gestione degli alberi in contesti urbani, in particolare degli alberi monumentali. Vive in Emilia-Romagna, una delle regioni più sensibili a questo tema. Morelli, che tra le altre cose è docente di diversi corsi per professionisti del settore, da molti anni viene contattato dalle amministrazioni pubbliche in tutta Italia per la gestione del loro patrimonio arboreo. Il suo lavoro consiste nel prendersi cura degli alberi monumentali attraverso analisi di stabilità, trattamenti del terreno, programmi di potatura pluriennali. «Ma uno dei compiti più interessanti, e forse sottovalutati, è la parte divulgativa, cioè la spiegazione dell’importanza ambientale e storica di un albero monumentale, che fa parte dei modi per tutelarli», dice.

Morelli sostiene di essere un po’ come un geriatra, perché l’albero monumentale è come una persona anziana: bisogna capire quando si può intervenire senza creare conseguenze pericolose e quando invece alcune operazioni sono insostenibili. La pazienza, spiega, è essenziale, così come la consapevolezza che alcune condizioni sono irrecuperabili e come tali vanno gestite.

Molti dei protocolli applicati agli alberi comuni non sono adatti agli alberi monumentali: i criteri per decidere come intervenire sono molto diversi e dipendono da tante caratteristiche, soprattutto dal luogo in cui gli alberi si trovano. Il rischio, se venissero applicate le regole abituali, è di abbattere esemplari che potrebbero essere mantenuti. «Un altro degli aspetti importanti è la cosiddetta arboricoltura palliativa, cioè l’accompagnamento dell’albero verso la sua fine», dice Morelli. «Si può comunque mantenere una certa dignità negli alberi che stanno per morire, magari perché legati a vicende storiche significative per una comunità. Dieci, venti o trent’anni di sopravvivenza per un albero possono essere pochi, mentre per le persone sono molti».

Sono due le categorie di persone che preoccupano di più gli arboricoltori: chi ignora completamente l’importanza degli alberi e chi invece prova un affetto così grande al punto da danneggiarli. «Alcuni alberi finiscono vittima del troppo amore», dice Morelli. «Sono costretti a subire carichi di frequentazione spaventosi, con decine di persone che calpestano il suolo attorno, salgono sui rami. Purtroppo questa è una visione antropocentrica della natura, a cui attribuiamo un valore parametrato su di noi, sul nostro benessere, come se fosse al nostro servizio».

Gli alberi dimenticati sono più semplici da gestire perché nelle loro condizioni di abbandono non sono stati disturbati dagli esseri umani. Nelle città, invece, ci sono le condizioni peggiori: le modifiche costanti come la costruzione di un parcheggio, la posa di cavi nel sottosuolo o nuove costruzioni creano molti problemi. Molti alberi monumentali vengono danneggiati anche con interventi pensati per tutelarli, come le opere di riqualificazione dei parchi storici. «Si installa nuova illuminazione o pavimentazione con l’intento di avvicinare le persone all’albero e il risultato è esattamente opposto rispetto agli intenti: quando veniamo chiamati non c’è più molto a fare per salvarli», dice Morelli. «Purtroppo l’atteggiamento delle persone non è molto equilibrato. Ci vorrebbe un approccio più etico a questo nostro patrimonio».