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  • Domenica 19 giugno 2022

La Formula 1 fa scintille

Con l’introduzione del nuovo regolamento tecnico, le scintille delle auto sono diventate sintomo di un problema non ancora risolto

(Mark Thompson/Getty Images)
(Mark Thompson/Getty Images)
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Una macchina di Formula 1 che sfreccia lasciando dietro di sé una scia di scintille è l’immagine per eccellenza della velocità e delle corse automobilistiche. Fino all’anno scorso la presenza di scintille non voleva dire granché, e anzi rendeva tutto un po’ più scenografico: venivano create infatti dal contatto con l’asfalto delle piastre messe a protezione del fondo delle vetture, a seconda del peso e della velocità raggiunta.

Con l’introduzione del nuovo regolamento tecnico che ha modificato le auto per favorire competitività e spettacolo, le scintille sono però diventate sintomo del più grosso problema con cui la nuova Formula 1 si trova alla prese, il porpoising, o rimbalzo aerodinamico.

Sotto le vecchie macchine di Formula 1 venivano applicate delle tavole in legno composito — dette skid block — per imporre un’altezza minima da terra e limitare l’uso del cosiddetto “effetto suolo”, che poteva migliorare aderenza e stabilità in pista. A protezione di queste tavole rettangolari venivano applicate delle piastre in titanio per proteggerle e per proteggere anche i pianali delle vetture. In pista, dato che le macchine vengono spinte verso il basso all’aumentare della loro velocità, queste piastre potevano toccare l’asfalto creando appunto una scia di scintille, più o meno evidente anche a seconda del peso delle auto e dei carichi di benzina.

Da quest’anno l’effetto suolo un tempo vietato — perché il carico aerodinamico veniva creato in modo diverso, con alettoni e appendici sopra le vetture — è diventato invece il fulcro del regolamento, ed è il metodo con cui, tramite l’uso di fondi scanalati che agiscono come fossero ventose sull’asfalto, le auto producono il carico aerodinamico, cioè la forza che garantisce aderenza e stabilità durante la corsa.

Fin qui il nuovo regolamento tecnico ha dato segnali incoraggianti, se non già ampiamente positivi, ma dai test invernali persiste un problema comune a diverse squadre. Il porpoising è infatti la conseguenza indesiderata del ritorno all’effetto suolo. Nei picchi di velocità le macchine si avvicinano sempre di più all’asfalto, e quando arrivano a sfiorarlo perdono l’aderenza e ritornano verso l’alto, per poi essere subito “risucchiate” iniziando a rimbalzare fastidiosamente su e giù fino a quando la velocità diminuisce e l’auto si allontana da terra.

Da mesi le squadre tentano di modificare le auto per evitare il porpoising: alcune hanno risolto o non hanno mai avuto grossi problemi, altre invece non riescono ad uscirne, come le Mercedes. Le immagini dell’ex campione del mondo Lewis Hamilton uscito dolorante alla schiena dalla sua monoposto dopo la gara di Baku sono state emblematiche. Proprio in seguito a Baku, si erano intensificate le richieste di un intervento sul regolamento da parte della Federazione per risolvere il problema. A questo intervento si era però opposto, tra gli altri, Christian Horner, team principal della Red Bull, in quanto avrebbe penalizzato le squadre — come la sua — che hanno trovato soluzioni.

Nei giorni scorsi la Federazione ha seguito la linea di Horner e in un certo senso ha rimandato il problema alle squadre, imponendo loro da regolamento un maggior controllo della sicurezza e dei problemi legati ai fondi delle auto su dei parametri in fase di elaborazione.

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