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  • Domenica 19 giugno 2022

La campagna contro Gustavo Petro, alle elezioni in Colombia

È stata chiamata “petrofobia”, e potrebbe danneggiare seriamente il candidato di sinistra al secondo turno di domenica

Gustavo Petro (AP Photo/Fernando Vergara)
Gustavo Petro (AP Photo/Fernando Vergara)
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Domenica 19 giugno si tiene il ballottaggio delle elezioni presidenziali in Colombia, a cui partecipano Gustavo Petro, il candidato della coalizione di sinistra chiamata Pacto Histórico, che potrebbe diventare il primo presidente di sinistra della storia del paese, e Rodolfo Hernández, candidato indipendente e populista che ha messo al centro della sua proposta la lotta alla corruzione. Al primo turno, il 29 maggio, Petro era risultato il più votato, ma nella campagna elettorale per il ballottaggio è stato oggetto di una grossa demonizzazione, portata avanti da varie forze conservatrici e di centro che si sono coalizzate dietro a Hernández.

“Gustavo Petro ha un patto con Satana?”, è un esempio dei titoli comparsi in parte della stampa colombiana (nel caso specifico sul sito della rivista Semana) in questo ultimo periodo di campagna elettorale. La campagna contro Petro, condotta da una parte consistente della società colombiana anche con fake news, video editati e catene WhatsApp, è stata definita “petrofobia”, un termine introdotto dalla giornalista colombiana María Jimena Duzán, che lo definisce una “paura irrazionale del candidato Petro”.

La “petrofobia” potrebbe essere un fattore importante per l’elezione del prossimo presidente della Colombia: i sondaggi a pochi giorni dal voto sono concordi nel segnalare un sostanziale pareggio. Al primo turno Petro ha preso il 40 per cento dei voti (circa 8 milioni e mezzo di preferenze), contro il 28 di Hernández, che a sorpresa ha superato l’ex sindaco di Medellín Federico Gutiérrez, di centrodestra, che non è riuscito a differenziarsi a sufficienza dalla precedente presidenza di Iván Duque, che ha concluso il suo mandato con una popolarità molto bassa.

Dopo il primo turno del 29 maggio Petro non ha fatto nessuna alleanza elettorale: la destra, compreso il partito dell’ex presidente Uribe, nonché parte delle formazioni di centro, hanno dichiarato il loro appoggio al poco conosciuto Hernández, quasi esclusivamente in una logica di opposizione al candidato di sinistra. La situazione in bilico favorisce il proliferare su entrambi i fronti di discorsi su possibili frodi elettorali.

Petro è un economista di 62 anni e un politico esperto: è stato due volte senatore, sindaco della capitale Bogotà dal 2012 al 2015 e si è già candidato due volte alla presidenza, l’ultima quattro anni fa, quando ha perso al ballottaggio con Duque. È un ex guerrigliero del Movimento 19 aprile (M-19), un gruppo rivoluzionario di sinistra attivo negli anni Settanta e Ottanta che nel 1990 firmò un accordo di pace con il governo e si ritirò dalla lotta armata, diventando il partito Alleanza Democratica M-19. Petro ha sempre sostenuto di non aver combattuto direttamente, e di aver svolto soltanto incarichi amministrativi, ma il suo passato è uno degli elementi al centro dell’opera di demonizzazione della sua figura.

La destra colombiana sostiene che Petro sia “una minaccia per la democrazia”, che potrebbe imprimere al paese una svolta autoritaria simile a quella che Hugo Chávez diede al Venezuela. Sui social e nelle catene su WhatsApp hanno cominciato a circolare varie notizie false contro Petro, come la sua presunta volontà di rendere la città di Barranquilla centro del satanismo o l’accusa di essere stato uomo di fiducia del narcotrafficante Pablo Escobar. Anche su parte della stampa più schierata circolano con frequenza false dichiarazioni del candidato, con proposte di legge estreme mai prese in considerazione.

Il programma reale del Pacto Histórico è sicuramente molto diverso dal passato, con proposte come istruzione superiore gratuita, posti di lavoro statali garantiti ai disoccupati, aumento delle pensioni, una forte attenzione all’ambiente e la volontà di un superamento della dipendenza dal petrolio. Dovrà comunque essere approvato da un parlamento molto frammentato, cosa che non si preannuncia semplice.

Anche il mondo imprenditoriale colombiano è molto duro con Petro, come sottolinea sempre la giornalista Duzán: «Non è paura, è proprio una fobia: nelle riunioni sbraitano contro di lui considerandolo l’Anticristo, lo definiscono tiranno e populista». Petro ha anche un pessimo rapporto con i vertici della Forze dell’ordine e delle Forze armate, che ha già promesso di sostituire se eletto, e ha messo in discussione l’indipendenza della Banca Centrale colombiana.

In un’intervista al País, Petro ha spiegato le motivazioni dell’ostilità contro di lui dicendo: «Abbiamo vissuto una guerra, con il suo lascito di metodi violenti, settarismo e odio come strumenti privilegiati per affrontare le divergenze politiche. Per questo c’è una componente della popolazione che si compatta intorno all’“antipetrismo”, perché in me vede l’incarnazione delle proprie paure: paura del comunismo, del Venezuela, delle trasformazioni economiche».

Un altro fattore sta condizionando la campagna elettorale: di recente oltre mille ore di conversazioni registrate illegalmente nel centro operativo della campagna di Petro sono state rese pubbliche. Una fonte anonima le ha recapitate a vari mezzi di informazione che le stanno pubblicando a puntate in queste settimane prima del ballottaggio. Pur non emergendo alcuna ipotesi di reato, le conversazioni private mostrano un candidato pronto a utilizzare tutti i mezzi, anche quelli meno puliti, per screditare l’avversario, oltre a rendere pubblici giudizi e strategie in certi casi imbarazzanti. Anche i suoi collaboratori concordano sul fatto che Petro abbia un carattere difficile e poco incline a mettere in discussione le proprie convinzioni.

Il fronte opposto alla sinistra si è compattato intorno a Rodolfo Hernández, ingegnere e costruttore edile di 77 anni, considerato fino a poche settimane fa un candidato improbabile. Forte di un patrimonio personale di oltre 100 milioni di dollari, dopo un’esperienza dal 2016 al 2019 come sindaco di Bucaramanga – una città di mezzo milione di abitanti nel nordest del paese – ha fondato la Liga de Gobernantes Anticorrupción nel 2019, e si è candidato alla presidenza facendo della lotta alla corruzione il proprio slogan centrale.

Paragonato da molti osservatori all’ex presidente degli Stati Uniti Donald Trump, ha sfruttato la sua scarsa notorietà per presentarsi come candidato fuori dal sistema dei partiti. La sua campagna si svolge soprattutto sui social (Twitter, Facebook, ma anche TikTok), mentre evita confronti diretti e interviste. Durante la campagna elettorale ha espresso posizioni misogine e razziste, ha detto di ammirare Adolf Hitler, salvo poi sostenere che fosse un lapsus e che stesse pensando ad Albert Einstein. Hernández ha detto che è intenzionato “a gestire il paese come una azienda”, ed è accusato proprio di corruzione per un appalto di raccolta rifiuti concesso, quando era sindaco, a un’impresa che aveva sotto contratto suo figlio come intermediario e lobbista.

Fra i punti del suo programma ci sono tagli ai costi della politica, misure di sostegno ai più poveri perché «tutti i colombiani possano andare al mare una volta l’anno» e la dichiarazione immediata di uno “stato di emergenza” (conmoción interior), che gli permetta di emettere decreti immediati contro la corruzione. Negli ultimi giorni, su consiglio dei suoi collaboratori, sta cercando di comparire in pubblico il meno possibile, facendo affidamento più sul voto contro Petro che su quello a proprio sostegno.