A che punto è l’avanzata della Russia nel Donbass

Le forze russe stanno spingendo da est e da nord e guadagnando pezzi di terreno, ma le prossime settimane saranno le più critiche per l'andamento dell'offensiva

Un carro armato ucraino nella regione di Donetsk (AP Photo/Evgeniy Maloletka)
Un carro armato ucraino nella regione di Donetsk (AP Photo/Evgeniy Maloletka)

Dall’inizio di aprile la Russia ha cambiato la propria strategia nell’invasione dell’Ucraina, ritirandosi da varie zone del paese, compresa la periferia della capitale Kiev, per concentrare le forze sulla regione del Donbass, nell’Ucraina orientale. Da allora è iniziata una fase diversa della guerra, che secondo diversi analisti e osservatori sta per entrare nel suo momento più delicato.

«Credo sia esatto affermare che le prossime settimane saranno estremamente critiche per l’esito finale della battaglia», ha detto qualche giorno fa, per esempio, Mark A. Milley, capo dello Stato maggiore congiunto dell’esercito degli Stati Uniti.

Le forze russe controllano già un pezzo del Donbass: sono le due repubbliche autoproclamate di Luhansk e Donetsk, cioè quei territori dove nel 2014 gruppi ribelli separatisti e filorussi iniziarono una guerra contro i soldati ucraini e, appoggiati dal governo russo, dichiararono la loro autonomia. Ora la Russia sta cercando di estendere il proprio controllo anche al resto del Donbass, per diverse ragioni: sia per cercare di ottenere un risultato che possa essere considerato una vittoria dopo la sconfitta subita nel nord del paese, sia per consolidare la propria presenza in Ucraina in vista di una nuova, eventuale offensiva.

Se nel Donbass le forze ucraine non riusciranno a mantenere la propria posizione, ha sintetizzato di recente il Washington Post, «i russi non avranno quasi più nessun ostacolo che possa impedirgli di spostare tutte le proprie attenzioni verso l’Ucraina centrale, e forse ancora più in là».

L’obiettivo principale dell’avanzata, almeno in queste settimane, sembra essere la conquista di due città attualmente sotto il controllo ucraino vicine al confine occidentale della regione, Kramatorsk e Sloviansk, cercando di accerchiarle. Da nord, scendendo dalla città di Izyum, già controllata dalle forze russe, e da est avanzando lungo le strade principali dal pezzo di Donbass ormai da anni sotto il controllo delle forze filorusse, verso ovest.

Nel Donbass i russi godono di una situazione molto più favorevole rispetto alle zone da dove sono state respinti dalle forze ucraine. Prima di tutto hanno un vantaggio numerico: alcuni analisti militari hanno spiegato a BBC News che le forze russe presenti nella regione sono circa il triplo di quelle ucraine. Secondo Daniele Raineri, corrispondente di guerra di Repubblica, i russi sarebbero invece il doppio: circa 80mila contro 40mila ucraini.

Il territorio piatto e brullo del Donbass sta permettendo alla Russia di combattere una battaglia molto più convenzionale, con un impiego massiccio di carri armati e artiglieria che prendono di mira da lontano le posizioni degli ucraini, che invece nella prima fase della guerra si erano distinti per la quantità e l’efficacia delle loro imboscate in territori urbani e più eterogenei.

Ormai da giorni, grazie a questi vantaggi, l’esercito russo sta lentamente avanzando verso Kramatorsk e Sloviansk. Nel suo ultimo aggiornamento l’Institute for the Study of War, il centro studi militare statunitense che ogni giorno descrive dettagliatamente la situazione sul campo, ha scritto che fra il 26 e il 27 aprile le forze russe hanno conquistato alcuni paesi a ovest di Izyum e sono riuscite ad avanzare, anche se non di molto, nella direttrice da est a ovest. Parlando col Wall Street Journal, diversi funzionari e analisti occidentali e ucraini sottolineano comunque che le forze russe stanno avanzando in maniera lenta e che non hanno ottenuto nessuna vera svolta nell’offensiva.

Nel medio termine, poi, non è chiaro cosa possa succedere su questo fronte. È vero che le forze russe hanno una serie di vantaggi nei confronti di quelle ucraine, ma questo non significa che queste ultime siano spacciate. Su Vox il giornalista esperto di affari militari Zack Beauchamp ha ricordato che nel Donbass «ci sono alcuni dei combattenti ucraini più abituati alla battaglia, avendo speso gli ultimi otto anni a combattere i filorussi», e che più in generale gli ucraini «stanno ricevendo un ingente aiuto dall’Occidente e continuano ad avere un morale più alto e una migliore gestione della logistica».

Non aiuta la Russia, inoltre, il fatto che secondo alcuni analisti abbia dispiegato nel Donbass alcune truppe sconfitte poche settimane fa nel nord dell’Ucraina, senza avere dato loro il tempo di riposare e riorganizzarsi.

Se e quanto gli ucraini riusciranno a resistere, dipenderà anche dal fattore tempo. Diversi analisti ritengono che in questi giorni i russi stiano cercando di avanzare il più rapidamente possibile per guadagnare terreno prima che l’esercito ucraino riceva i carichi di armi decisi nelle ultime settimane dai paesi occidentali. Gli Stati Uniti, in particolare, la scorsa settimana hanno approvato un nuovo pacchetto di aiuti militari che comprende per esempio 72 obici in grado di sparare al triplo della distanza rispetto a quelli al momento in dotazione all’esercito ucraino, oltre a 10 radar ad altissima precisione per individuare da dove provengono i colpi di artiglieria da terra, e almeno 121 droni armati in grado sia di fare attività di ricognizione sia di attaccare posizioni nemiche.

Tenendo conto del fatto che servirà qualche settimana per addestrare l’esercito ucraino all’utilizzo delle armi che gli Stati Uniti e i paesi europei stanno inviando, il governo ucraino ha fatto sapere che per la metà di giugno sarà in grado di provare a riconquistare i territori presi dalla Russia nella sua avanzata di queste settimane.

Sembra sempre più remoto, insomma, l’obiettivo della Russia di concludere almeno una parte della propria avanzata per il 9 maggio, l’anniversario del giorno in cui nel 1945 l’Unione Sovietica annunciò la fine della Seconda guerra mondiale e la sconfitta della Germania nazista, che secondo diverse testimonianze il presidente russo Vladimir Putin aveva individuato come giorno ideale per celebrare una vittoria militare, anche se ridimensionata rispetto all’inizio della guerra.