In Abruzzo c’è un grosso problema con l’acqua

La maggior parte di quella immessa nella rete idrica non arriva alle case delle persone per via della scarsa manutenzione

(AP Photo/Andrew Medichini)
(AP Photo/Andrew Medichini)

Il 24 marzo a Lanciano, Ortona, San Vito Chietino, Fossacesia, Castel Frentano, Frisa, Rocca San Giovanni, comuni in provincia di Chieti, in Abruzzo, le scuole sono rimaste chiuse perché per l’intera giornata è stata interrotta la distribuzione dell’acqua per via di alcuni lavori di riparazione di una condotta. Il giorno successivo ​​l’acqua è stata tolta in diverse fasce orarie in altri dodici comuni – Vasto, Gissi, Scerni, Atessa, Casalbordino, Torino di Sangro, Altino, Archi, Mozzagrogna, Santa Maria Imbaro, San Vito Chietino e Lanciano – sempre in provincia di Chieti. Anche in questo caso molti sindaci hanno deciso di chiudere le scuole.

Giovedì 31 marzo l’acqua è mancata per tutta la mattinata in diverse zone del capoluogo e ci sono state interruzioni della fornitura in molti comuni anche lunedì 4 e martedì 5 aprile. «Ho smesso di pubblicare sul mio profilo Facebook le comunicazioni relative alla chiusura dell’acqua perché la gente mi rispondeva che tanto ci sono interruzioni tutte le sere», ha detto Filippo Paolini, il sindaco di Lanciano. «Da tempo diciamo che non si può più perdere tempo: bisogna intervenire per sistemare le reti di distribuzione».

Le ultime notizie sull’interruzione della fornitura di acqua in alcuni comuni della provincia di Chieti sono un segnale di un problema che in tutto l’Abruzzo è storico, molto esteso e grave: la maggior parte dell’acqua che viene immessa nella rete idrica viene dispersa prima di raggiungere i rubinetti delle case e delle aziende.

Secondo gli ultimi dati pubblicati dall’ISTAT, l’istituto nazionale di statistica, i comuni abruzzesi capoluogo di provincia sono ai primi posti in Italia per dispersione idrica: nel 2020 a Chieti, il comune capoluogo con la dispersione più alta, per ogni cento litri immessi nella rete di distribuzione, 71,7 non sono arrivati nelle case. A Pescara la dispersione idrica è al 58,9 per cento e anche L’Aquila è oltre il 50 per cento (per la precisione al 50,7 per cento). L’unico capoluogo abruzzese sotto la media italiana è Teramo, dove la dispersione idrica è al 28,9 per cento.

I risultati dell’indagine di ISTAT sono piuttosto evidenti, ma vanno interpretati con qualche cautela.

Innanzitutto sono relativi soltanto ai capoluoghi e non a tutti i comuni delle province, dove la situazione può essere anche peggiore. Inoltre c’è da considerare che la dispersione idrica si riferisce all’acqua misurata dai contatori, che hanno un alto livello di affidabilità solo con portate elevate e flussi continui. Nelle case, per esempio, i contatori sono solitamente poco precisi perché spesso vecchi: ci possono essere errori di misurazione che rischiano di sovrastimare o sottostimare la dispersione idrica in un intero territorio. L’ISTAT spiega che gli errori di misura possono arrivare mediamente fino al 3 per cento delle perdite, una stima che varia molto nelle diverse province.

Non è semplice capire dove finisce l’acqua sprecata. Quando la percentuale di dispersione è così alta, significa che i problemi riguardano la maggior parte della rete idrica. In presenza di un guasto grave si possono creare pozzanghere nelle strade, e nel peggiore dei casi, quando collassa una grande tubatura, si può verificare un temporaneo allagamento.

Ma in Abruzzo le perdite sono tantissime e contenute, quindi non evidenti: l’acqua viene per lo più assorbita dal terreno, nei campi e nei centri abitati. Questo è il motivo per cui anche qui, come nel resto d’Italia, è più complicato discutere della tutela dell’acqua rispetto ad altri temi ambientali più noti: la rete idrica è sotterranea, invisibile, e le conseguenze della gestione approssimativa emergono soltanto quando i danni sono rilevanti.

Negli ultimi anni sono state comunque tantissime le proteste e le segnalazioni presentate da sindaci, comitati, associazioni e cittadini stanchi dei disservizi.

La scorsa estate il sindaco di Pescara, Carlo Masci, scrisse più volte all’ACA, l’azienda che si occupa della gestione dell’acqua, per protestare contro le continue interruzioni in un periodo dell’anno in cui in città arrivano molti turisti. Non era la prima volta che Masci si rivolgeva con una sorta di diffida all’ACA. «Non ci si può stupire dell’aumento dei consumi con l’arrivo del caldo, ma ci si stupisce per il fatto che si arriva regolarmente impreparati alla stagione estiva», disse Masci.

Nell’estate del 2017 i problemi furono decisamente peggiori soprattutto nella zona di Vasto, dove il sindaco Francesco Menna fu sul punto di chiedere lo stato di emergenza idrica a causa della cronica carenza di acqua; e prima che il problema rientrasse si valutò la distribuzione di bottiglie nelle piazze principali della città.

A differenza del passato, quest’anno i disservizi sono iniziati nei mesi invernali: a gennaio e febbraio ci sono state molte interruzioni del servizio che hanno portato la capogruppo del Movimento 5 Stelle in Consiglio regionale, Sara Marcozzi, a chiedere l’istituzione di una commissione d’inchiesta sulla crisi idrica. All’inizio di aprile a Lanciano, invece, associazioni e attivisti hanno promosso una raccolta firme per chiedere una migliore gestione del servizio idrico.

In Abruzzo la situazione è così grave per diverse ragioni. La prima è dovuta al fatto che la rete idrica è vecchia: fu costruita a partire dagli anni Cinquanta con i fondi della cosiddetta Cassa del Mezzogiorno. Da allora gli interventi di manutenzione sono stati molto limitati e la struttura della rete è ancora quella dell’epoca.

La seconda ragione, direttamente collegata alla prima, riguarda lo sviluppo urbanistico: negli ultimi decenni i piani urbanistici di quasi tutti i comuni abruzzesi hanno consentito la costruzione di migliaia di case e ville sparse sul territorio che hanno costretto i gestori delle reti ad ampliare in modo notevole le condutture. La rete è molto estesa e mal organizzata. Il risultato è che in molti casi nemmeno le società di gestione sanno quanti tubi ci sono nel terreno e soprattutto dove passano: in queste condizioni trovare i guasti è un lavoro lungo e complicato e non è un caso che da tempo venga sollecitata una mappatura precisa di tutta la rete idrica.

Dalla fine degli anni Ottanta e durante gli anni Novanta, inoltre, molte delle società di gestione delle reti idriche hanno accumulato decine di milioni di euro di debiti nei confronti dei fornitori. Nel 2008 l’ACA, la società che gestisce l’acqua nei comuni della provincia di Pescara, aveva debiti per 80 milioni di euro, saliti a 120 milioni nel 2014.

I problemi economici, spiega Augusto De Sanctis, portavoce del Forum H2O, sono emersi concretamente a partire dal 2010 e soltanto dal 2015 sono iniziati i piani di rientro, con pesanti conseguenze per la gestione ordinaria. «A causa di questi vecchi debiti non è stato possibile fare investimenti sulla rete», spiega. «Il buco nero dell’acqua abruzzese è dovuto a una rete vecchia e a 20 anni di mancati investimenti e scarsa manutenzione».

Il forum H2O stima che servirebbero tra 600 e 700 milioni di investimenti immediati per risolvere i problemi. Tra le altre cose, a causa delle difficoltà economiche è molto difficile partecipare a progetti di cofinanziamento, in cui una parte dei soldi viene messa dalla Regione, dai ministeri o dall’Unione Europea, e un’altra parte dalle società stesse. «Tutti i guai derivano da una scarsa pianificazione che riguarda non solo la gestione delle reti, ma anche della depurazione, della salvaguardia delle sorgenti e dei fiumi, della prevenzione contro le contaminazioni», continua De Sanctis.

Negli ultimi due anni le società che gestiscono l’acqua hanno commissionato alcuni cantieri per rendere la rete più efficiente. Per recuperare i mancati investimenti del passato, però, servirebbero molti più progetti e quindi più soldi.

Alla fine di ottobre dello scorso anno il Consiglio comunale di Pescara ha approvato l’istituzione di una “cabina di regia” per investire 30 milioni di euro in arrivo con il PNRR, il piano nazionale di ripresa e resilienza. Durante un recente incontro organizzato per la giornata internazionale dell’acqua, Gianfranco Basterebbe, presidente della SASI, la società che gestisce l’acqua in provincia di Chieti, ha annunciato un progetto da 20 milioni di euro per aumentare la capacità di trasporto dell’acqua da Casoli a Scerni e un investimento tra 10 e 15 milioni di euro per sistemare la rete in molti comuni, soprattutto nella zona di Lanciano, Ortona e Casalbordino.