Le serie sulle startup abbondano

“WeCrashed”, “The Dropout” e “Super Pumped” sono tre esempi di una tendenza recente, che probabilmente continuerà

(Apple)
(Apple)

WeCrashed, una serie sull’ascesa e caduta di WeWork, è disponibile da pochi giorni su Apple TV+. Ad aprile arriverà su Disney+ The Dropout, miniserie sulla storia della fondatrice della startup biomedica Theranos, che sosteneva di poter rivoluzionare la sanità con analisi del sangue accuratissime ma i cui prodotti in realtà non funzionavano. È invece arrivata negli Stati Uniti a febbraio, ma non ancora in Italia, Super Pumped, che parla della turbolenta storia di Uber ed è la prima stagione di una serie antologica la cui seconda stagione si occuperà di di Facebook.

Ognuna di queste tre serie ha attirato attenzioni per i suoi protagonisti (Jared Leto e Anne Hathaway in WeCrashed, Amanda Seyfried in The Dropout e Joseph Gordon-Levitt in Super Pumped), ma anche perché raccontano storie recenti e reali (due su tre sono tra l’altro tratte da podcast piuttosto famosi) tra loro molto simili: ciascuna presenta infatti l’ascesa e la caduta – a seconda dei casi più o meno trionfale e più o meno repentina e drammatica – di un guru tecnologico e dell’innovativa azienda nata dalla sua idea.

WeCrashed, The Dropout e Super Pumped sono esempi di una più generale tendenza a scegliere soggetti per le serie tv che raccontino storie vere di truffe o quantomeno di eventi notevoli e poco limpidi (come nel caso che ha riguardato Reddit e GameStop) legati agli affari e alla tecnologia. In queste tre serie, inoltre, gli indiscussi protagonisti sono i capi delle rispettive aziende (i coniugi Neumann per WeWork, Elizabeth Holmes per Theranos e Travis Kalanick per Uber), ognuno presentato in modo molto critico. Il tutto sebbene, come ha fatto notare un recente articolo del Wall Street Journal, «solo una di loro [Holmes] sia stata condannata per un qualche reato».

È probabile che questo particolare filone o sottogenere nei prossimi anni non farà altro che ampliarsi, visto che già sono in lavorazione storie simili, per esempio un film su Holmes con Jennifer Lawrence, e visto che vicende di successo e rovina non sembrano mancare. Sebbene storie simili vengano apprezzate da tempo – The Social Network su Mark Zuckerberg e sul suo Facebook ha ormai più di dieci anni – la necessità di raccontare startup e guru tecnologici ha portato, sempre secondo il Wall Street Journal, all’affermarsi di alcuni approcci comuni, a volte addirittura modelli e canoni narrativi. Perché se è vero che certi personaggi della Silicon Valley hanno caratteristiche molto televisive, è altrettanto vero che certe altre cose non lo sono per nulla, e quindi bisogna cambiarle un po’.

Un primo approccio usato per raccontare in forma seriale storie tecnologiche prevede di sintetizzare molto, in pochi passaggi significativi, l’intera fase che porta a fondare e far crescere una startup. È un periodo spesso complicato e magari noioso, di incontri con possibili finanziatori e possibili clienti. Il Wall Street Journal fa invece notare come WeCrashed, The Dropout e Super Pumped provino a «rendere drammatico ogni incontro d’affari».

Nel cinema e nella televisione si prova sempre a sintetizzare e drammatizzare gli inizi, per rendere più interessanti le storie e far sembrare tutto più emozionante e serio. Ma in questi casi è più difficile, perché si tratta di aziende giovani, di cui molti sanno tanto e su cui è quindi difficile prendersi troppe libertà. Una strada possibile – scelta da ognuna di queste tre serie – prevede inoltre di mostrare come, nel far nascere l’azienda, i fondatori tendano ad abbandonare, dimenticare o tradire qualcuno che prima era stato loro vicino.

Un altro aspetto evidenziato dal Wall Street Journal riguarda la necessità di tradurre in inglese il linguaggio tecnico. Così come The Wolf of Wall Street o La grande scommessa provano a semplificare la finanza, o così come Interstellar o The Martian devono semplificare l’astrofisica, queste serie devono «rendere interessanti algoritmi, linee di codice e strategie di crescita e finanziamento». La soluzione passa spesso per «l’uso di descrizioni incisive e il ricorso alle analogie». Nel caso di Super Pumped, pronunciate da Quentin Tarantino, narratore della serie.

Un’altra caratteristica comune a WeCrashed, The Dropout e Super Pumped è, sempre secondo il Wall Street Journal, il ricorso a un tipo di canzoni piuttosto specifico per la loro colonna sonora: «tutte provenienti dall’era Obama», peraltro utili a rimarcare quanto recenti siano le storie raccontate.

L’ultimo aspetto comune prevede la necessità, in quello che comunque è un racconto più breve rispetto a un libro o un podcast, di «entrare nelle teste dei guru», un elemento imprescindibile per creare immedesimazione negli spettatori, per renderli partecipi dell’ascesa prima che arrivi la caduta. «Restiamo completamente affascinati» ha detto Brian Koppelman, creatore di Billions e co-creatore di Super Pumped – «da una persona che pensa che il mondo debba cambiare, e che crea di poterlo cambiare».

Tra questi aspetti, nessuno è davvero nuovo, quel che è nuovo è però – secondo il Wall Street Journal – come la loro costante declinazione in un forma simile, su storie con grosse analogie reciproche, abbia portato alla nascita di un «nuovo genere della serialità televisiva». Un genere che peraltro ha la peculiarità di essere il racconto della Silicon Valley spesso fatto per servizi di streaming di aziende tecnologiche della Silicon Valley.