In molti paesi europei sono tornati ad aumentare i contagi

Ma la situazione negli ospedali sembra essere sotto controllo: per questo i governi hanno confermato l'allentamento delle restrizioni

(Cecilia Fabiano/ LaPresse)
(Cecilia Fabiano/ LaPresse)

Nell’ultima settimana in molti paesi europei, tra cui l’Italia, sono stati trovati più contagi rispetto alla settimana precedente. La curva è tornata a salire dopo il calo registrato da metà gennaio con la fine della cosiddetta quarta ondata dell’epidemia.

È ancora presto per capire se la risalita dei casi sia l’inizio di una nuova ondata. È anche molto complesso capire perché i contagi siano tornati a crescere: secondo molti esperti, l’aumento è dovuto principalmente all’allentamento delle misure restrittive deciso da molti governi, al conseguente rilassamento della popolazione, e alla diffusione di alcune sottovarianti della omicron di cui una, chiamata BA.2, molto contagiosa. In merito all’efficacia dei vaccini contro il coronavirus, invece, i dati dicono che per ora non è in calo, anche se sarà importante continuare a osservare la situazione nelle prossime settimane.

Come si può osservare dal grafico di Our World in Data, l’incidenza settimanale dei casi è tornata a salire in Austria, Germania, Francia, Regno Unito, Portogallo, Belgio, Svizzera e anche in Italia.

Il presidente dell’Istituto superiore di sanità, Silvio Brusaferro, ha spiegato che la crescita dei contagi segnalata in tutte le regioni italiane è dovuta all’incidenza più alta tra le persone giovani, tra 10 e 19 anni, e tra i bambini fino ai 10 anni. L’andamento, ha detto Brusaferro, mostra chiaramente che anche in Italia la situazione epidemiologica sta peggiorando anche se «la crescita dell’incidenza settimanale è un quadro coerente con la situazione europea».

Sono dati che vanno letti con attenzione. Come è ormai evidente, il numero dei contagi giornalieri è un indicatore che va considerato, anche se ci dice poco in merito a una possibile nuova emergenza. Essere positivi al coronavirus, infatti, non vuol dire essere malati di COVID-19: la maggior parte delle persone infettate, soprattutto se vaccinate, ha sintomi lievi e non deve essere ricoverata in ospedale. Per questo è più indicativo considerare la situazione negli ospedali, che al momento sembra essere sotto controllo, come dimostrano i dati relativi all’incidenza dei ricoveri in terapia intensiva.

Oltre alla protezione garantita dai vaccini, la bassa percentuale di persone in gravi condizioni sul totale delle persone infettate è dovuta dalle caratteristiche della variante omicron, già prevalente in Italia dall’inizio di dicembre. Nelle ultime settimane è stata individuata una nuova sottovariante, la BA.2, che sembra avere caratteristiche piuttosto simili: si diffonde a una velocità rapidissima, ma sembra causare sintomi significativamente più lievi delle varianti precedenti per la maggioranza dei vaccinati.

Secondo l’ultima indagine rapida commissionata dall’Istituto superiore di sanità (ISS) con i dati dei tamponi sequenziati il 7 marzo, la variante omicron ha una prevalenza stimata del 99,9 per cento, di cui il 44,1 per cento riconducibile alla sottovariante BA.2 presente in quasi tutte le regioni. In totale hanno partecipato all’indagine 117 laboratori regionali che hanno sequenziato 1984 tamponi.

Tra le altre cose, il bollettino di sorveglianza epidemiologica pubblicato sabato dall’ISS ha confermato l’efficacia dei vaccini soprattutto contro le forme gravi della malattia: l’incidenza di contagi, ricoveri e decessi è decisamente più alta tra le persone non vaccinate rispetto a chi ha ricevuto una protezione. L’efficacia è evidente dal confronto tra vaccinati e non vaccinati tra le fasce più anziane della popolazione, quelle più a rischio.

L’efficacia dei vaccini e le conseguenze meno gravi di omicron hanno consentito agli ospedali italiani di mantenere una pressione piuttosto bassa sui reparti di terapia intensiva già durante la quarta ondata. Le cose non sembrano essere cambiate: la pressione sulle terapie intensive è ancora bassa anche per via dell’incidenza dei contagi tra le persone più giovani, meno a rischio rispetto agli anziani. Anche in questo caso, sarà importante continuare a osservare i dati nelle prossime settimane.

Per tutte queste ragioni il governo italiano, così come quasi tutti gli altri governi europei, ha deciso di confermare l’allentamento delle restrizioni deciso alla fine della quarta ondata.

Il 31 marzo finirà lo stato di emergenza imposto per la pandemia e non sarà prorogato. Dal primo aprile il Green Pass – sia quello rafforzato (ottenibile solo con la vaccinazione o con la guarigione dal COVID-19) sia quello base (ottenibile anche dopo essere risultati negativi a un test antigenico o molecolare per il coronavirus) – non sarà più obbligatorio per accedere a negozi, hotel, uffici pubblici, poste, banche, piscine e per accedere a un bar o un ristorante e consumare stando all’aperto.

Fino al 30 aprile quello rafforzato continuerà a essere obbligatorio per accedere a ristoranti e bar al chiuso, centri benessere, sale da gioco, discoteche, congressi ed eventi e competizioni sportive al chiuso. Per gli eventi sportivi e non che si svolgono all’aperto fino al 30 aprile servirà invece il Green Pass base. Dal primo maggio ogni obbligo di Green Pass verrà eliminato definitivamente, così come anche ogni obbligo di indossare le mascherine.