Una canzone dei Devastations

Una storia finita che non facciamo finire proprio ora

Le Canzoni è la newsletter quotidiana che ricevono gli abbonati del Post, scritta e confezionata da Luca Sofri (peraltro direttore del Post): e che parla, imprevedibilmente, di canzoni. Una per ogni sera, pubblicata qui sul Post l’indomani, ci si iscrive qui.
Coi tempi che corrono, Sting ha ripescato la sua Russians, che non immaginavamo sarebbe tornata così attuale: era una lagna mortale, ma una grande invenzione di testo. Allora gravata da un’eccessiva equidistanza, forse, ma oggi invece ripresentata con le parole giuste.
Mi è capitato due volte in pochi giorni di sentire recuperata una delle più famose canzoni di Suzi Quatro, che quando avevo citato lei qui non riuscivo a ricordare. E ho già dimenticato anche la prima delle due, ma l’altra è nel nuovo film di Paul Thomas Anderson, Licorice pizza.
È uscito il notturnissimo nuovo disco dei Weather Station (su Spotify), band canadese fatta soprattutto da Tamara Lindeman e di cui parlammo qui.
Gli americani stanno preparando – per invidia – una loro versione dell’Eurofestival: ma la stanno imbottendo di celebrities.
La piattaforma di streaming e vendita per artisti indipendenti Bandcamp è stata acquistata dalla società di giochi Epic Games.
Non so se vi siete appassionati a Wordle (io sì), il gioco online con le parole che ha fatto notizia perché se lo è comprato il New York Times. Comunque, qualcuno ha inventato una versione con le canzoni, Heardle: ovvero ci sono sei tentativi per indovinare una canzone (quel vecchio gioco che abbiamo sempre fatto e che a un certo punto ritornò televisivamente noto con il programma che si chiamava Sarabanda, erede di quello che si chiamava Il Musichiere) ascoltandone progressivamente lunghezze maggiori dell’incipit. L’idea ha molti limiti (la scelta molto arbitraria e limitata delle canzoni, la shazammabilità del quesito) ma è divertente: io sono scarso, perché chi lo ha fatto ha attinto soprattutto a cose mainstream di pop americano contemporaneo, su cui sono scarso.

I don’t want to lose you tonight
Devastations

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Vivo in una nuova casa da meno di un anno, più piccola di quella di prima, un po’ meno bella, ma ho cercato di conservare la luce: oggi è il primo sette marzo che ci sto dentro, e il sole alle cinque si è messo in un punto sopra ai tetti dei condomini accanto per cui si infilava nella finestra della cucina e attraversava tutto il soggiorno fino dalla parte opposta, una specie di laser dorato, e mi ha fatto venire in mente quella scena dei Predatori dell’arca perduta, o quelle cose che fanno a Stonehenge, e che poi hanno dato il nome a Manhattanhenge e ora ogni volta che mi trovo in una strada in cui si infila il sole dritto e non vedo più niente mi viene da declinarla in -henge, ma per avvicinarsi un po’ alla ragione per cui siamo qui, siccome era ancora un po’ presto per “basso il sole all’orizzonte colorava la vetrina” ho pensato invece a “ora un raggio di sole si è fermato” e a “benvenuto raggio di sole a questa terra di terra e sassi” che quando era piccola Emilia cantavamo sempre, insieme a “gli aerei stanno al cielo“.

Ieri invece, per curiosità, dopo aver sentito usare l’espressione “smoccolare” che al paese mio vuol dire bestemmiare, sono andato a controllare l’etimologia e il rapporto con le candele: Treccani dice “per un’interpretazione antifrastica di frasi quali accendere un moccolo a un santo“. E allora sono andato pure a controllare l’esatto ambito di uso di “antìfrasi”: “Figura retorica che consiste nell’esprimersi con termini di significato opposto a ciò che si pensa, o per ironia (per es.: «Ora viene il bello!») o per eufemismo (per es.: «Finirà di perseguitarmi questa benedetta iella!»). Di solito, è una parola di senso positivo che, per antifrasi, viene usata con senso negativo (come negli esempî prec.); più raro è il caso in cui sia usata in senso positivo una parola o locuzione avente di per sé un valore negativo; per es., le espressioni brutto muso!brigante!, e sim., adoperate come vezzeggiativi”.

E insomma, è un po’ una forzatura del termine, lo ammetto: ma tutta questa insistenza di oggi sulle canzoni da raggio-di-sole ha qualcosa di antifrastico rispetto all’introdurre la consueta canzone notturna del lunedì sera, che è di una tenebrosa band australiana – un po’ nickcavish – che fece tre dischi prima di sciogliersi una decina d’anni fa, e racconta di una storia finita ma non la facciamo finire proprio ora.
Now our eyes fill with water
While our bones soak with rage
I didn’t want to end it like this
But I won’t survive in this cage
But darling I don’t wanna lose you, not tonight
Darling I don’t wanna lose you, not tonight, no not tonight

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