Non è semplice fare un funerale laico in Italia

La possibilità di una funzione non religiosa è prevista dalla legge, che però spesso non viene applicata

La sala del commiato di Padova (Richard Brown)
La sala del commiato di Padova (Richard Brown)

Spesso, e quasi automaticamente, in Italia il momento del funerale viene legato a un rito religioso, anche se la persona per cui viene organizzato non era particolarmente religiosa o non lo era affatto. È però possibile organizzare funerali laici, chiamati anche civili, aconfessionali o non tradizionali, cioè cerimonie che sganciate dal rito religioso abbiano la stessa funzione che la commemorazione funebre assolve di per sé, socialmente e collettivamente.

Sebbene in Italia sia in vigore una normativa che prevede l’apertura di spazi per i funerali laici, molti comuni non l’hanno attuata costringendo chi non vuole una cerimonia religiosa a soluzioni sbrigative o di ripiego. Non c’è molta informazione su cosa si possa fare o non fare e quali siano le reali alternative alla chiesa, con la conseguenza che spesso è più semplice la via delle esequie religiose benché non siano la cosa desiderata, né la più rispettosa o la più adatta.

I funerali laici sono un fenomeno relativamente recente: storicamente, spiega l’UAAR, l’Unione degli atei e degli agnostici razionalisti, a parte qualche eccezione è solo nel XVII secolo, e in Francia, che alcune persone iniziarono a pretendere che le proprie esequie non fossero assistite da esponenti ecclesiastici: «La rivoluzione francese portò alle prime normative che prevedevano la possibilità, e il luogo, per i funerali civili».

Nell’Ottocento, molti personaggi famosi cominciarono a «difendersi dagli interessi clericali sul proprio trapasso, come Victor Hugo che fece sorvegliare la propria stanza da persone fidate», scrive l’UAAR, o come Giuseppe Garibaldi che lasciò in proposito un testamento politico piuttosto chiaro:

«Siccome negli ultimi momenti della creatura umana il prete, profittando dello stato spossato in cui si trova il moribondo e della confusione che sovente vi succede, s’inoltra e, mettendo in opera ogni turpe stratagemma propaga, con l’impostura in cui è maestro, che il defunto compì, pentendosi delle sue credenze, ai doveri di cattolico; in conseguenza io dichiaro che, trovandomi in piena ragione, oggi non voglio accettare in nessun tempo il ministero odioso, disprezzevole e scellerato di un prete, che considero atroce nemico del genere umano e dell’Italia in particolare».

Nella recente storia italiana ci sono molti esempi di richiesta e svolgimento di esequie laiche, con camere ardenti, solenni e pubbliche messe a disposizione se la persona è nota o è appunto un personaggio pubblico. Basti pensare a Enrico Berlinguer o a Italo Calvino, ma anche a Carmelo Bene, Nilde Iotti, Indro Montanelli, Dario Fo, Umberto Veronesi, Luigi Pintor, Valentino Parlato, Franca Rame, Vittorio Foa, Mario Monicelli, Miriam Mafai, Marco Pannella, Tullio De Mauro, Stefano Rodotà e molte e molti altri.

Per le persone comuni, invece, il rispetto delle proprie volontà o delle proprie convinzioni in vita può essere più complicato da difendere, per vari motivi.

Il regolamento c’è, ma non si applica
Richard Brown è un celebrante laico, un professionista che definisce la forma e il contenuto di una cerimonia funebre, ma anche di un matrimonio, e che la presiede per conto di chi sceglie di non rivolgersi alle autorità tradizionali di culto. Brown si è formato alla British Humanist Association, l’Associazione umanistica britannica che promuove l’umanesimo secolare e che è la principale fornitrice di servizi cerimoniali laici in Inghilterra e Scozia.

Brown vive e lavora in Sicilia dal 1984 dove, tra le altre cose, ricopre la carica di Console onorario britannico. Ci spiega che se si appartiene a quella che può essere considerata un’élite, l’organizzazione di una cerimonia laica «funziona benissimo». Per le persone comuni, invece, le cose vanno diversamente: «Quando muore qualcuno i familiari o gli amici, comprensibilmente nella fretta e nel dolore, tendono ad affidarsi all’impresa funebre che chiede subito in quale chiesa la salma debba essere portata. Spesso non si hanno né le informazioni né le forze per cercare delle alternative».

La prima difficoltà a celebrare un funerale laico, spiega, è la mancanza di un’informazione diffusa sia tra le persone sia nella categoria delle imprese funebri. La seconda, e principale, è però l’assenza di luoghi adatti. In Italia, il Decreto del presidente della Repubblica 285/90 sul regolamento di polizia mortuaria stabilisce anche lo svolgimento dei funerali e delega ai comuni la stesura delle norme locali per disciplinare la questione.

Il DPR è stato più volte aggiornato e superato da nuovi provvedimenti: da quello che permette la cremazione, ad esempio, e dal DPR del 14 gennaio 1997 che si occupa dei requisiti strutturali e organizzativi di base per l’esercizio delle attività sanitarie a cui devono sottostare le strutture pubbliche e private. Il DPR del 1997 ha introdotto un’importante novità per i servizi mortuari: tra i requisiti minimi previsti, stabilisce che oltre al locale per l’osservazione delle salme, alla camera ardente, alla stanza per la preparazione del personale e altro ancora, debba esserci una «sala per le onoranze funebri al feretro».

Molti comuni non hanno però applicato il DPR e non hanno messo a disposizione spazi per le commemorazioni civili, che sono invece molto diffusi in altri paesi europei: si tratta di sale prive di simboli religiosi permanenti, abbastanza capienti e che bene si adattano ad essere utilizzate per funerali o cerimonie di vario tipo.

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Per rimediare, il 21 novembre del 2001 l’allora deputata dei Democratici di Sinistra Gloria Buffo e altri 53 parlamentari presentarono una proposta di legge per l’istituzione in ogni comune di locali per la celebrazione delle esequie civili o di confessioni religiose minoritarie chiamate, nel testo, “case funerarie”. Assegnata alla Commissione Affari costituzionali nel 2002, la proposta non arrivò mai a essere discussa. L’anno dopo, su proposta dell’ex ministro della Salute Girolamo Sirchia, il Consiglio dei ministri decise di riprovarci: il provvedimento venne approvato nel febbraio del 2005 alla Camera, poi passò al Senato, ma non divenne mai legge.

La situazione italiana è dunque poco omogenea. In molte città, e soprattutto grazie alle pressioni di cui spesso l’UAAR e altre organizzazioni si sono fatte portavoce, sono stati creati dei luoghi pubblici per la celebrazione dei riti laici, ma altrove – e soprattutto in provincia – questi spazi non esistono e in loro assenza si possono tenere dei momenti di commiato collettivo in casa, nella sala dedicata ai familiari e agli amici nell’attesa della cremazione della salma, o accanto alla tomba.

Oltre a non aver istituito la sala per le onoranze laiche, molti comuni hanno dei regolamenti di polizia mortuaria molto datati che obbligano il feretro e il corteo funebre a percorrere il tragitto più breve tra l’obitorio, o la casa, e la chiesa, senza prevedere la possibilità di tappe alternative nel caso che la funzione non preveda il rito religioso. In assenza di un funerale in chiesa, cioè, il regolamento obbliga ad andare direttamente al cimitero.

Ci sono poi casi in cui la Chiesa locale non ha reso semplice l’apertura di sale laiche per il commiato. Il caso più famoso, negli scorsi anni, è stato quello di Venezia. Cathia Vigato, del direttivo del circolo UAAR locale, racconta che già dal 2001 il comune aveva individuato come luogo da destinare alle esequie laiche l’ex chiesa di Santa Maria del Pianto: vicina all’ospedale, chiusa al culto e abbandonata da decenni. Nel 2005, dopo l’approvazione del progetto e del finanziamento da parte della giunta, i lavori non vennero comunque avviati perché la curia dichiarò che l’ex chiesa non era sconsacrata e che non intendeva sconsacrarla per quel tipo di destinazione.

«È solo nel 2008 che il comune, nel cimitero di Chirignago, nella periferia della terraferma veneziana, è riuscito a ricavare una sala destinata alle cerimonie laiche». Dopodiché, nel 2010, è stata messa a disposizione un’ulteriore sala ricavata dall’ex refettorio del convento del cimitero sull’isola di San Michele: «Grazie a una giunta di centrosinistra e a un assessore sensibile al tema. Perché – conclude Cathia Vigato – ci vogliono anche le condizioni politiche perché questo tipo di progetto si concretizzi, non è solamente la Chiesa che ne può ostacolare la realizzazione».

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In molti casi i comuni hanno provveduto ad aprire delle sale per il commiato non religioso, ma si tratta di spazi che, per vari motivi, non hanno i requisiti adatti alla funzione che dovrebbero svolgere. Clarissa Botsford, che celebra funerali laici in Italia dal 2014, racconta ad esempio la situazione del Tempietto Egizio di Roma, al cimitero comunale monumentale Campo Verano, una delle tre sale per le cerimonie laiche disponibili in città: «Il posto è molto piccolo e in tempo di COVID non poteva contenere più di quindici persone. È poi molto trascurato, lo spazio e i servizi al suo interno non sono accessibili alle persone disabili, ed essendo parzialmente aperto è un luogo molto freddo d’inverno e molto caldo d’estate».

Clarissa Botsford e Richard Brown spiegano che a sopperire alla mancanza di sale pubbliche adatte – che solitamente sono gratuite o per le quali vengono richieste cifre piuttosto modeste (50-80 euro circa per la sala veneziana di Chirignago, ad esempio) – molto spesso interviene la Chiesa valdese che, su richiesta e per gentile concessione, lascia i propri luoghi a disposizione di celebrazioni laiche.

Negli ultimi anni, spiega infine Brown, «diverse imprese funebri si sono dotate, in proprio, di spazi per il commiato, così come è avvenuto negli Stati Uniti». Si tratta di luoghi privati, che possono dunque essere affittati. Pietro Coccato, responsabile della comunicazione per Gaia Funeral, impresa funebre di Milano che possiede una casa funeraria, ci ha detto che il costo di allestimento per due giorni della camera ardente e per svolgere il funerale il terzo giorno «è di circa 750 euro».

Come si svolge un funerale laico?
Richard Brown è autore, assieme a Jane Willson, del libro “Funerali senza dio”, un manuale per la celebrazione di funerali non religiosi. Spiega che una volta deciso che una cerimonia non religiosa è la scelta più appropriata, ci sono varie possibilità: la si può organizzare in proprio o si possono chiedere aiuto e assistenza a esterni come, per esempio, le organizzazioni laiche o umaniste.

Fare da sé è possibile perché il funerale, diversamente dai matrimoni, non ha vincoli o regolamenti che stabiliscono chi lo debba condurre: non ci sono tempi e modalità dettate da dogmi e prescrizioni da rispettare, non ci sono permessi speciali da richiedere o disposizioni alle quali attenersi. Anche gli eventuali spazi non hanno bisogno di particolari autorizzazioni.

Nella maggior parte dei casi il funerale laico viene condotto da un parente o da una persona vicina a quella scomparsa, anche se il compito di officiare la cerimonia può essere delegato ad appositi celebranti che hanno una preparazione specifica e che, spiega Clarissa Botsford, banalmente «sanno tenere i tempi: per evitare silenzi imbarazzati o per evitare che la cerimonia si protragga troppo a lungo. Il funerale è comunque un rituale, ha un inizio, uno svolgimento, una fine. Ha una sua forma che facendo da sé può essere faticoso mantenere».

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Non ci sono regole particolari per stabilire come si svolge un funerale laico e lo svolgimento è altrettanto libero. Solitamente, se condotto da un celebrante, prevede un’introduzione, alcune riflessioni sulla vita e sulla morte («A volte la famiglia suggerisce una poesia preferita o un autore prediletto», dice Brown) e l’elogio: il celebrante «si incontra con familiari o amici, raccoglie informazioni, cerca di capire chi fosse la persona scomparsa e poi scrive il racconto della sua vita, dando voce a chi non se la sente di prendere parola in quel momento di dolore».

Dopodiché si arriva al momento formale del commiato, «in cui si prende atto collettivamente della mancanza, chiudendo infine la cerimonia». Ciascun momento può poi essere arricchito da altre persone che intervengono, si possono proiettare video o foto, si può ascoltare musica o leggere testi scritti per l’occasione.

Brown dice che la diversità fondamentale tra il funerale laico e quello religioso cattolico è il ruolo che la persona che non c’è più assume all’interno del rito: la liturgia cattolica dei funerali è una celebrazione del mistero pasquale di Cristo «e il funerale diventa un momento per l’evangelizzazione». Il funerale laico è invece «un momento di ricordo, di espressione collettiva del dolore, e una celebrazione della persona che è venuta a mancare e che è al centro della cerimonia stessa».

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Brown è uno dei fondatori di FederCelebranti, che si definisce «un’aggregazione libera e autonoma di professionisti del settore delle cerimonie laiche, umaniste, simboliche, civili e non solo». Non si occupa solo di funerali, e tra il 2020 e il 2021 ha partecipato al tavolo tecnico di UNI, ente italiano per la normazione, pubblicando una prassi di riferimento che, per la prima volta in Italia e in Europa, definisce la figura e il servizio del celebrante professionista. «Non sappiamo quanti siamo esattamente in Italia», dice Brown. «Stiamo facendo un censimento. Io stesso ho formato un centinaio di persone, che coprono comunque tutto il territorio nazionale».

Se non rispettano la tua volontà
L’UAAR, sul sito, dice di ricevere spesso richieste di chiarimenti da parte di persone preoccupate che i familiari riservino loro delle esequie con rito cattolico. E spiegano che chi teme che il proprio erede, o chi altri, non rispetterà la volontà di esequie laiche potrebbe fare un testamento pubblico presso un notaio o «un testamento olografo, vale a dire scritto di suo pugno, a mano, datato e firmato, chiuderlo in una busta e consegnarlo a un notaio». In questo documento può scrivere, fra l’altro, «che se l’erede non rispetterà la sua volontà di esequie laiche le disposizioni testamentarie a suo favore s’intenderanno revocate, salvo solo quanto ha diritto di ricevere per legge».

Per garantire questa disposizione, la persona interessata potrà anche nominare un esecutore testamentario. Nel caso invece in cui la persona defunta «abbia provveduto a cancellare gli effetti civili del battesimo» si è privata automaticamente anche della possibilità di avere esequie ecclesiastiche.