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  • Venerdì 25 febbraio 2022

L’importante scelta del nuovo procuratore capo di Milano

Dopo gli scombussolamenti del processo Eni e del caso Palamara, per la prima volta in oltre 40 anni potrebbe essere scelto un magistrato esterno: ma il Csm è diviso

Magistrati milanesi a un'inagurazione dell'anno giudiziario (LaPresse-Mourad Balti Touati)
Magistrati milanesi a un'inagurazione dell'anno giudiziario (LaPresse-Mourad Balti Touati)

Ci sono divisioni all’interno del Consiglio superiore della magistratura sulla scelta del successore del procuratore capo di Milano Francesco Greco, in carica dal 2016 al 2021, andato in pensione il 13 novembre scorso. La Procura di Milano è, assieme a quella di Roma, la più ambita d’Italia. Per molti anni ha rappresentato un modello, portato come esempio di efficienza e autonomia. Da qualche tempo però è al centro di polemiche e scontri interni, e alcuni dei suoi procuratori più importanti della storia recente sono finiti nei guai.

Gli strascichi del grosso processo sulle presunte tangenti nigeriane di Eni, concluso con l’assoluzione di tutti gli imputati, avevano portato il procuratore aggiunto Fabio De Pasquale e il pubblico ministero Sergio Spadaro, ora alla Procura europea, a essere indagati per rifiuto d’atti d’ufficio. L’accusa è di non aver incluso negli atti del processo alcune intercettazioni ritenute favorevoli all’Eni e quindi controproducenti per l’accusa. Il sostituto procuratore Paolo Storari è invece indagato per rivelazione del segreto d’ufficio per aver consegnato a Piercamillo Davigo, membro del Consiglio superiore della magistratura, i verbali che ipotizzavano l’esistenza di una loggia massonica segreta, chiamata Ungheria, di cui avrebbero fatto parte alte cariche dello stato e magistrati.

La Quinta commissione del Consiglio superiore della magistratura, quella per il conferimento degli incarichi direttivi e semidirettivi, ha votato tre nomi, tra i nove che si erano candidati e che erano stati convocati in audizione. Saranno loro, dopo un’approvazione formale della ministra della Giustizia Marta Cartabia, a essere sottoposti al voto plenario del Csm, composto da 16 membri appartenenti alla magistratura e otto nominati dal Parlamento. Del Csm fanno poi parte di diritto il presidente della Repubblica, che lo presiede, e il primo presidente e il procuratore generale della Corte di Cassazione. La riunione per la nomina del prossimo procuratore di Milano sarà tra fine marzo e inizio aprile.

I tre candidati su cui voterà il Csm sono Marcello Viola, attuale procuratore generale di Firenze, che è candidato anche per la procura di Palermo e per la Direzione nazionale antimafia; Giuseppe Amato, procuratore della Repubblica di Bologna; e Maurizio Romanelli, procuratore aggiunto di Milano. Viola è stato votato da due membri della Quinta commissione mentre Amato e Romanelli hanno ricevuto un voto ciascuno.

I voti per i tre magistrati rispecchiano le divisioni tra le varie correnti dell’Associazione nazionale magistrati, e cioè l’organo rappresentativo a cui sono iscritti 9.149 dei 9.657 magistrati in servizio in Italia. L’Anm non dovrebbe avere connotazioni politiche ma in realtà le sue correnti fanno di fatto riferimento ad aree politiche.

Viola è stato votato dal membro della Quinta commissione iscritto a Magistratura indipendente, e cioè la più antica corrente dell’Anm, tradizionalmente moderata e, semplificando, dell’area di centrodestra. L’altro voto per Viola l’ha dato Sebastiano Ardita, che faceva parte della corrente Autonomia&Indipendenza, fondata da Piercamillo Davigo, poi abbandonata proprio per contrasti con il suo fondatore. Amato è stato sostenuto dal voto del rappresentante della corrente Unicost, Unità per la costituzione, da sempre definita “centrista”. A votare per Romanelli è stato invece il membro della Quinta commissione che fa riferimento ad Area, la corrente di sinistra dell’Associazione nazionale magistrati. I due membri laici della Quinta commissione, cioè i non magistrati, si sono astenuti probabilmente in attesa di capire quali saranno gli esatti schieramenti al momento del voto del plenum del Csm.

Viola è il favorito: è il più anziano professionalmente e ha dalla sua parte anche la passata esperienza alla guida di una procura considerata molto impegnativa, quella di Trapani: «avente competenza», come è scritto nella sua candidatura «su un territorio storicamente interessato da rilevante e radicata presenza di criminalità organizzata di stampo mafioso». Viola tre anni fa era il candidato più accreditato alla successione di Giuseppe Pignatone a capo della procura di Roma. Poi però il suo nome venne accostato a quello di Luca Palamara, l’ex magistrato ora radiato e rinviato a giudizio per corruzione, accusato di aver usato la sua funzione giudiziaria e di segretario dell’Anm per orientare nomine nelle procure.

Il nome di Viola venne fatto più volte durante una cena all’Hotel Champagne di Roma, intercettata dai magistrati di Perugia che indagavano su Palamara, alla quale parteciparono lo stesso Palamara, Luca Lotti, ex ministro per lo Sport molto vicino a Matteo Renzi, e Cosimo Ferri, magistrato, leader di Magistratura indipendente. I tre parlavano della nomina a capo della procura di Roma, sostenendo che per i loro interessi la scelta migliore sarebbe stata proprio Viola. Il magistrato era estraneo a queste manovre, ma il fatto che il suo nome fosse più volte citato nelle intercettazioni lo escluse dalla selezione per la procura romana, di cui dal 22 dicembre è divenuto capo Francesco Lo Voi.

L’avversario più quotato di Viola è Giuseppe Amato, figlio di Nicolò Amato, storico direttore del Dipartimento amministrazione penitenziaria dal 1982 al 1993, mentre sembra avere meno chance Romanelli, l’unico interno alla procura di Milano. Romanelli ha un curriculum rilevante: è stato nel pool antimafia nelle grandi operazioni contro la ‘ndrangheta a Milano degli anni Novanta, poi alla guida dell’antiterrorismo che indagò su eventuali pericoli terroristi jihadisti a Milano, e infine responsabile del dipartimento che si occupa dei reati contro la pubblica amministrazione.

In altri tempi la scelta del suo nome sarebbe stata la più logica, quasi scontata: per 40 anni il procuratore capo a Milano è stato scelto all’interno della procura stessa. I tempi però sono cambiati e le polemiche e gli scontri interni alla procura fanno prevedere che il prossimo capo sarà un magistrato non di Milano.

Dopo la nomina del procuratore capo di Milano ce ne saranno altre, molto importanti per la magistratura italiana. In primavera dovrà essere nominato il procuratore nazionale antimafia che dovrà sostituire Federico Cafiero De Raho: sarà scelto tra il procuratore di Napoli Giovanni Melillo, il procuratore di Catanzaro Nicola Gratteri e il viceprocuratore antimafia Giovanni Russo. Poi verranno nominati i procuratori capo di Napoli e Palermo. Infine, il Csm dovrà scegliere il nuovo procuratore capo di Firenze, un posto ambito e particolarmente esposto in seguito alle indagini sulla Fondazione Open e alle successive denunce di Matteo Renzi. Per l’incarico si sono candidati 18 magistrati.