Una canzone dei Felice Brothers

Per l'occasione in cui servono davvero belle canzoni

(Jason Kempin/Getty Images)
(Jason Kempin/Getty Images)

Le Canzoni è la newsletter quotidiana che ricevono gli abbonati del Post, scritta e confezionata da Luca Sofri (peraltro direttore del Post): e che parla, imprevedibilmente, di canzoni. Una per ogni sera, pubblicata qui sul Post l’indomani, ci si iscrive qui.
Matteo Bordone ci ha preso gusto e ha sviluppato la nostra conversazione sui valzer in una puntata del suo podcast, stamattina.
Jack Savoretti è un cantautore inglese 38enne di padre italiano e di discreti successi britannici (più che discreti: gli ultimi due dischi sono stati primi in classifica). A maggio ripubblica il suo ultimo disco con sei canzoni in più, a dicembre viene in Italia, e intanto ha pubblicato una sua cover bilingue di Io che non vivo.
Volevo scrivere presto di Eartha Kitt, ma nel frattempo vedo che è uscito un breve documentario del New Yorker su un passaggio eccezionale e drammatico della sua fama, ed è una gran storia.

Be at rest
The Felice Brothers

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C’è tutto un mondo intorno (pàm!) alle canzoni da suonare al proprio matrimonio (o suonate al proprio matrimonio) e anzi ora mi avete fatto ricordare che una lettrice della newsletter mi aveva chiesto un consiglio qualche settimana fa e non le ho ancora risposto (le canzoni ai matrimoni non sono consigliabili: lì devono proprio essere tue, vostre, fossero anche Toto Cutugno).

Poi capita anche di leggere che qualcuno faccia ipotesi su quale canzone voglia suonata al proprio funerale, che se ci pensate ha molto più motivo: è lì che bisogna impegnarsi a essere felici, anche con le canzoni. Al matrimonio si è felici lo stesso. Io devo confessare di non averci mai pensato, e l’imbarazzo della scelta mi mette molto in difficoltà: penserei più a una playlist di due ore (costringere le persone care ad ascoltare le mie canzoni preferite anche da morto, cosa c’è di più diabolicamente eterno?).
Comunque Emilia le sa.

Ian Felice invece ha scritto addirittura una canzone sul suo, di funerale, dolce e spiritosa. Lui è uno dei tre Felice brothers, che come band sono rimasti in due dopo che Simone se n’è andato a suonare per conto suo: Ian è quello che scrive le canzoni, poi le suonano con suo fratello James e altri musicisti. Sono di New York e sono in circolazione da una quindicina d’anni, fanno un folk-rock tradizionale con elementi creativi e sono ammirati per la composizione e l’originalità dei testi. Hanno fatto questo disco l’anno scorso, che ha avuto ottime recensioni, e che parlava spesso di morte: con questi toni, e con questo pianoforte.

Mister Felice, six foot tall
One hundred and forty-eight pounds
Soft teeth, sleep deprived, below average student
Owner of two ill-fitting suits
Wearer of hand me downs
Often lukewarm, and withdrawn
Bathrobe often loosely tied
(Be at rest my friend)
Be at rest
Never once named employee of the month
Lover of twenty-four hour laundromats
Avoider of eye contact
Avoider of blood drives
(Be at rest my friend)
Be at rest

Worked every night club in America
Had a fear of falling pianos
Now exists in the interval between being and illusion
In the saddle of a phosphorous horse
A patron of snow cone carts
Semi proficient at long division
Once spent over two months stuck in a painting by Bruegel the Elder
The hearse has been cleaned and polished
His body has been prepared for entombment
The guest book left open
The funeral parlor pillows
Have been fluffed
To his son he leaves a cloudless sky
One pair of ill-fitting shoes
To his wife a box of undeveloped negatives
And a bowl of onion soup
From dreams to dust

(Comunque se proprio dev’essere Toto Cutugno io consiglio questa).

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