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  • Domenica 20 febbraio 2022

La candidata dei Repubblicani alle presidenziali francesi è sempre più estrema

Valérie Pécresse si era presentata come moderata, ma le sue posizioni hanno spiazzato l'elettorato, specie dopo un comizio disastroso

Valérie Pécresse durante il suo comizio allo Zenith di Parigi, 13 febbraio 2022 (AP Photo/Francois Mori)
Valérie Pécresse durante il suo comizio allo Zenith di Parigi, 13 febbraio 2022 (AP Photo/Francois Mori)

Valérie Pécresse è la candidata del partito di destra Les Républicains (LR) alle presidenziali francesi che si terranno il prossimo aprile. Dopo aver vinto le primarie interne contro Éric Ciotti, esponente dell’ala più vicina all’estrema destra, la campagna elettorale di Pécresse si è però bloccata, per due principali motivi: pur rientrando nella linea tradizionale del centrodestra moderato ed europeista, Pécresse si è buttata sempre più a destra spiazzando così gran parte del suo elettorato. Il secondo problema è che il recente comizio che doveva rappresentare il punto di svolta della sua campagna elettorale, e rilanciarla nei sondaggi, è andato malissimo.

Diversi giornali francesi, ma non solo, negli ultimi tempi hanno messo in forte dubbio la possibilità che Pécresse possa superare il primo turno e arrivare al ballottaggio: nei sondaggi è in calo ed è stata superata dai candidati dell’estrema destra Marine Le Pen e Éric Zemmour.

Valérie Pécresse ha 54 anni, è presidente della regione Île-de-France dal 2015 e ha una lunga storia all’interno della destra francese: fu collaboratrice di Jacques Chirac e più volte ministra con Sarkozy.

In un lungo ritratto fatto qualche giorno fa su Le Monde, si legge che il percorso personale di Pècresse aderisce perfettamente allo stereotipo delle ragazze “di buona famiglia”, che hanno ricevuto un’educazione classica, borghese e cattolica («Avrei dovuto chiamarla Marianne», ha dichiarato la madre di Pécresse). Suo padre è Dominique Roux, accademico ed ex presidente di Bolloré Telecom, mentre il nonno materno, Louis Bertagna, era uno psichiatra molto famoso con pazienti altrettanto famosi.

Pécresse ha studiato alla scuola privata Sainte-Marie de Neuilly, poi al liceo privato Sainte-Geneviève di Versailles, è stata ammessa alla prestigiosa università HEC Paris per poi entrare all’École nationale d’administration (ENA), istituto elitario che da moltissimo tempo forma le classi dirigenti del paese e dal quale è uscito anche Macron. Pécresse ha conosciuto il marito ai balli delle Grandes Écoles, si è sposata nella cappella dell’École Militaire, fa parte di Siècle, un club parigino d’élite, vive a Versailles, «città reale e cattolica» e possiede diverse case di famiglia dove, spiega Le Monde, trascorre da sempre le sue vacanze con cadenza regolare.

“Una donna” all’Eliseo
Nella sua prima dichiarazione dopo la vittoria alle primarie dello scorso dicembre, Valérie Pécresse ha messo in risalto «l’audacia» dei 150 mila iscritti a LR, che nel partito «di de Gaulle, Pompidou, Chirac e Sarkozy» avevano scelto una donna.

Spesso, nei pochi momenti in cui dice qualcosa di più personale, fa riferimento al maschilismo e ai pregiudizi sessisti di quel “mondo di uomini” che è la politica, come ha scritto in uno dei quattro libri che ha pubblicato. Pécresse, che si presenta come «la signora del fare» e che si descrive come «tre quarti di Angela Merkel e un quarto di Margaret Thatcher», ha iniziato la sua campagna per le presidenziali, ai primi di gennaio, con un viaggio dedicato alla violenza contro le donne.

Nonostante questo, non ha mai partecipato a una manifestazione femminista, si mostra tollerante di fronte alle battute sessiste, non affronta mai le questioni strutturali delle disuguaglianze di genere, come quella del doppio carico di impegni a casa e al lavoro o del famoso “carico mentale” di cui tanto si è parlato in Francia. Ha poi sostenuto con molta cautela il movimento #metoo, nonostante il pesante ricordo del sessismo vissuto all’HEC che spesso racconta e il tentativo di aggressione sessuale subìto a 24 anni, che aveva scelto di non denunciare.

Ammiratrice di Simone Veil, la principale promotrice della legalizzazione dell’aborto in Francia, ha un suo ritratto in ufficio, ma ha marciato a Parigi accanto ai movimenti antiabortisti Manif pour tous e Sens commun, candidando diverse personalità vicine a questi gruppi anche nella sua lista per le regionali. Insiste sul valore della famiglia, si è opposta ai matrimoni tra persone dello stesso sesso, ma continua a spiegare che una donna all’Eliseo avrebbe «sulle proprie spalle la responsabilità di garantire il rispetto delle donne», qualsiasi cosa significhi.

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Pécresse gioca molto spesso la carta generica del genere, anche se questo significa nel suo caso giocare con gli stereotipi di genere: si vanta di aver fatto emergere nell’Île-de-France una generazione di politiche che «si fanno sentire a livello nazionale», ma il suo femminismo (definito da molte “di circostanza”) non piace affatto alle femministe che si muovono fuori dalle istituzioni e da quell’area politica. E quando lei stessa si definisce femminista, assume la definizione che gli antifemministi danno del movimento stesso: «Non condivido la visione di un femminismo che decostruisce gli uomini». E ancora: «Non sono qui per fare una guerra». Il suo, ha riassunto Le Monde, è il femminismo delle “superdonne”, ansiose di raggiungere lo stesso livello di riconoscimento e lo stesso stipendio di quei politici che fin dal tempo della sua prima campagna elettorale per le regionali, nel 2010, l’avevano soprannominata “la bionda”.

Il disastro allo Zenith di Parigi
In generale, Pécresse viene considerata una politica preparata, seria, intelligente e tenace, scrive l’Economist, ma è anche molto conformista e poco carismatica, aggiunge Le Monde. Ne ha dato prova domenica 13 febbraio allo Zenith di Parigi, quando ha tenuto il suo primo grande incontro elettorale che è stato definito un po’ da tutti, e anche all’interno del suo partito, un disastro.

Sul grande palco del palazzetto nel Parc de la Villette, davanti a una scenografia con tre immensi pannelli blu, bianco e rosso, in un’atmosfera di grande enfasi, e alla presenza di 7 mila sostenitori arrivati da tutta la Francia con le bandiere tricolori, Pécresse non è apparsa a suo agio: «Non è riuscita a liberarsi, né a trovare il suo stile, prigioniera di un testo che talvolta le è capitato di declamare, ma senza essere in grado di incarnarlo» ha scritto Le Monde.

Non sempre, ha commentato a sua volta Libération, sapeva cosa fare con l’entusiasmo del pubblico: ha aperto il suo discorso come fosse in tv a reti unificate («Miei cari compatrioti…»), ha spesso forzato la voce, il tono era piatto, quasi da recita scolastica, e non ha mai dissipato la sensazione che ogni frase pronunciata fosse stata studiata a tavolino.

Questo comizio avrebbe dovuto essere un punto di svolta nella campagna presidenziale di Pécresse, ma in molti e molte, ora, dubitano che andrà nella direzione desiderata dalla candidata.

Una donna di estrema destra
Se la performance di Pécresse è stata molto criticata, non lo è stato meno il contenuto del suo discorso. Pécresse ha fatto propri gli slogan e le parole d’ordine dell’estrema destra, in particolare sui temi della sovranità e dell’identità francese: ha parlato di «immigrazione straripante che porta alla creazione di zone di non-Francia» nel paese. Inoltre ha fatto riferimento alla teoria di un presunto progetto di sostituzione etnica che sarebbe portato avanti dalle persone migranti in Europa ai danni della popolazione bianca e cristiana: questa teoria è stata adottata come slogan a livello globale dai suprematisti bianchi, ed è un grande classico nei discorsi del candidato di estrema destra Éric Zemmour, ma nemmeno Marine Le Pen la usa perché troppo radicale e complottista.

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Rimproverando a Emmanuel Macron di aver «fallito» sul tema della laicità «rifiutandosi di votare per la messa al bando del velo nelle competizioni sportive», ha promesso di essere «implacabile» contro gli islamisti: «Marianne non è una donna velata», ha detto.

Infine, ha usato un’espressione molto controversa e nata alla fine dell’Ottocento negli ambienti antisemiti francesi, e che i giornali commentano ancora oggi: «Français de papiers» («francesi sulla carta»). I «français de papiers» – che Pécresse nel suo intervento ha contrapposto ai veri francesi – sono i cittadini naturalizzati, e che sono accusati di non provare un sentimento patriottico verso la Francia, ma solo di sfruttare, per convenienza, i vantaggi offerti dalla nazionalità francese.

Il discorso di Pécresse ha dunque confermato il suo spostamento verso l’estrema destra.

Per molto tempo il partito Repubblicano aveva avuto i tratti del tipico partito di centrodestra europeo: moderatamente tradizionalista e liberale sui temi economici e civili. Il progressivo spostamento a destra dell’elettorato e del dibattito pubblico ha prima disorientato il partito, che dopo Nicolas Sarkozy non ha più espresso un presidente, e poi ha spinto i suoi leader a prendere posizioni sempre più radicali. Tra loro anche Valérie Pécresse che nel 2019 aveva lasciato LR accusandolo di essersi spostato troppo a destra e che, dopo l’elezione di Macron, stava per entrare nel governo che si era appena formato.

Molti elettori di centrodestra sono ora confusi e poco convinti da questa nuova linea politica della loro leader: da una parte sono attratti dalle proposte liberiste che la candidata ha inserito nel programma (la diminuzione di 200mila dipendenti pubblici, meno tasse, un freno alla spesa pubblica, tra le altre cose), ma dall’altra sono scoraggiati dai toni e dalle idee molto radicali che ha espresso su diverse questioni.

I sondaggi
In mezzo a queste contraddizioni, la campagna presidenziale di Pécresse si sta logorando. Negli ultimi giorni ci sono state alcune defezioni importanti, come quella dell’ex ministro e compagno di governo di Pécresse Éric Woerth verso Macron, e quella di Natacha Bouchart, sindaca repubblicana di Calais. Anche Nicolas Sarkozy si è finora rifiutato di dare un sostegno pubblico alla candidata del suo stesso partito. Tutte queste difficoltà messe insieme si riflettono nei sondaggi.

Dopo la vittoria delle primarie del suo partito a dicembre, Pécresse aveva registrato un significativo aumento nei sondaggi, cosa che aveva portato a pensare che potesse essere la principale contendente di Emmanuel Macron, la cui candidatura ufficiale è attesa a giorni. Dal 19 per cento di dicembre, ha però perso diversi punti restando sempre comunque per settimane intorno alla media del 15-16 per cento, vicinissima e quasi sempre in vantaggio su Marine Le Pen ed Éric Zemmour. Dopo l’evento allo Zenith Pécresse ha perso tre punti fermandosi al 12 per cento.

Il rischio molto alto che Pécresse non riesca ad arrivare al secondo turno peserà parecchio sul futuro in generale di LR, partito che per la seconda volta consecutiva non riuscirebbe a essere presente al ballottaggio delle presidenziali.