La Nuova Zelanda ha approvato una legge che vieterà la terapia di conversione dell’orientamento sessuale e dell’identità o espressione di genere

La prima ministra neozelandese Jacinda Ardern durante la sfilata del Pride a Auckland nel 2018 (Fiona Goodall/ Getty Images)
La prima ministra neozelandese Jacinda Ardern durante la sfilata del Pride a Auckland nel 2018 (Fiona Goodall/ Getty Images)

Martedì il parlamento neozelandese ha approvato quasi all’unanimità una nuova legge che vieterà la terapia di conversione dell’orientamento sessuale e dell’identità o dell’espressione di genere. In base alla legge, che è passata con 112 voti a favore e 8 contrari, sarà considerato un crimine fornire, promuovere o costringere qualcuno a subire iniziative e attività orientate a reprimere o cambiare l’orientamento sessuale, l’identità e l’espressione di genere delle persone non eterosessuali o non cisgender, cioè che non si riconoscono nel genere corrispondente al proprio sesso biologico.

La legge entrerà in vigore tra sei mesi e prevede fino a tre anni di carcere per chi costringa a subire terapie di conversione bambine e bambini, minorenni oppure persone che non hanno autonomia decisionale. Prevede fino a cinque anni di carcere qualora gli interventi abbiano causato danni estremamente gravi, indipendentemente dall’età della persona che li subisce.

A inizio anno era entrata in vigore una legge del tutto simile in Canada, un paese in cui la terapia di conversione veniva praticata in varie forme da decenni, nonostante fosse stata ampiamente screditata sia da numerosi attivisti che dalla comunità scientifica.

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