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  • Venerdì 4 febbraio 2022

La riforma del lavoro in Spagna è stata approvata per uno sbaglio

Probabilmente di un deputato del Partito Popolare, all’opposizione, che ha votato da casa: e si è creata una gran confusione

Pedro Sánchez e Yolanda Díaz durante la discussione sulla riforma del lavoro, Madrid, 3 febbraio 2022 (YouTube)
Pedro Sánchez e Yolanda Díaz durante la discussione sulla riforma del lavoro, Madrid, 3 febbraio 2022 (YouTube)

Giovedì 3 febbraio il parlamento spagnolo ha approvato la riforma del lavoro necessaria per sbloccare miliardi di euro di fondi dell’Unione Europea, con il margine di un solo voto: 175 favorevoli e 174 contrari. Il voto in più è stato dato da un deputato del Partito Popolare per errore, causando una situazione di confusione in aula e discussioni che si sono trascinate nelle ore successive.

La riforma del lavoro è il risultato di una promessa elettorale fatta dal primo ministro socialista Pedro Sánchez. A fine dicembre, dopo lunghi negoziati, il governo aveva chiuso un accordo con le imprese e i sindacati e la riforma era entrata in vigore come decreto. «Questa è la legge più importante della legislatura», aveva detto al parlamento la ministra del Lavoro Yolanda Díaz prima del voto, sicura che la coalizione di governo avesse i numeri per arrivare alla sua approvazione.

La riforma soddisfa una condizione richiesta dall’Unione Europea per lo sblocco di una tranche da 12 miliardi del Recovery Fund: ha l’obiettivo di intervenire su disoccupazione e precariato e, tra le altre cose, limita il ricorso ai contratti a tempo determinato, ridimensiona la pratica del subappalto, e rivaluta la contrattazione collettiva e, dunque, il ruolo stesso dei sindacati.

A opporsi alla riforma erano stati Vox, di estrema destra, il Partito Popolare, di destra, e per motivi opposti anche alcuni partiti di sinistra o indipendentisti. Inizialmente, l’accordo di base del governo di coalizione prevedeva, in modo esplicito, la cancellazione della riforma del lavoro voluta nel 2012 dai Popolari dell’allora primo ministro Mariano Rajoy. Poi, però, il testo finale era stato ammorbidito lasciando invariati alcuni aspetti della riforma del 2012 come le condizioni sui licenziamenti. Il testo finale, frutto di un compromesso, era stato dunque criticato da alcuni partiti e sindacati di sinistra che avevano rinfacciato a Díaz di non aver rispettato la promessa di abrogare la riforma Rajoy.

Due degli alleati in parlamento dei socialisti, i nazionalisti baschi del PNV e gli indipendentisti catalani di sinistra di Esquerra Republicana, avevano dunque deciso di votare “no”, così come due deputati dell’Unione del Popolo della Navarra che avevano scelto di non seguire le indicazione di partito. Rivendicando una decisione dettata dal “senso di responsabilità”, avevano invece deciso di votare a favore alcune formazioni liberali, come Ciudadanos (di centrodestra), e altri piccoli partiti regionali non tutti sempre a sostegno di Sánchez.

Di fronte a un parlamento così diviso, l’approvazione finale del testo è stata resa possibile dal voto di un deputato del Partito Popolare che per uno sbaglio, suo o del sistema, ha votato “sì”.

Secondo la versione del Partito Popolare, Alberto Casero, che ha partecipato alla discussione e poi al voto da casa perché malato, avrebbe votato telematicamente “no”, ma il suo voto sarebbe stato registrato dal sistema come un “sì”. L’errore non sarebbe dunque stato, secondo i Popolari, del loro parlamentare ma del sistema telematico di registrazione della Camera. Quando Casero si è accorto dell’errore ha tentato di contattare la presidenza della Camera, senza riuscirci, ha chiesto al suo gruppo parlamentare di intervenire e è andato fisicamente in aula per tentare di correggere quanto accaduto, rivotando manualmente dal proprio posto. La presidente dell’aula Meritxell Batet non lo ha consentito.

Il sistema di voto telematico è stato molto utilizzato a partire dal maggio 2020, quando la pandemia dovuta al coronavirus aveva iniziato a limitare le presenze nelle due Camere. Il metodo consente di votare elettronicamente e richiede ai deputati una doppia conferma del proprio voto, proprio per ridurre il più possibile eventuali errori. Nei mesi in cui è stato utilizzato con frequenza, il sistema non ha mai rilevato guasti nel suo funzionamento, come hanno confermato i servizi tecnici della Camera. Per questo ci sono dunque molti dubbi sulla versione del Partito Popolare.

A questa situazione tesa e confusa si è poi aggiunta altra confusione.

Inizialmente, dopo il conteggio, Meritxell Batet ha annunciato che la legge era stata bocciata, prima di correggersi, dopo qualche secondo. «Ci sono stati alcuni secondi di smarrimento nelle file del governo, mentre nei seggi delle destre è esplosa l’euforia per quella che sembrava essere una loro vittoria», racconta El País. Batet si è poi corretta «e l’euforia ha cambiato schieramento, con i due gruppi dell’esecutivo uniti in una fragorosa ovazione».

Vox e il Partito Popolare hanno comunque annunciato che faranno ricorso alla Corte Costituzionale per l’errore informatico: «È stata un’anomalia e dovrebbe essere corretta», ha detto il portavoce del PP, Cuca Gamarra.