Come funziona l’elezione del presidente della Repubblica

Le soglie di maggioranza, come si vota, quando, e le altre cose da sapere prima che inizi tutto lunedì pomeriggio

Lunedì 24 gennaio ci sarà la prima votazione per eleggere il prossimo presidente della Repubblica, uno degli eventi più importanti e attesi della politica italiana, di cui si parla ormai da settimane. Essendo un passaggio istituzionale che avviene di norma ogni sette anni, per arrivarci preparati è utile ripassare le basi: chi lo elegge, chi può essere eletto, come funziona il voto, quanti voti serviranno e cosa significano certe espressioni di cui sentiremo molto parlare durante le votazioni.

L’elezione del presidente della Repubblica è indiretta, il che significa che non sono i cittadini e le cittadine a partecipare ma i loro rappresentanti.

In questo caso, parliamo di una platea di cosiddetti “grandi elettori” composta da tutti i parlamentari più 58 delegati regionali scelti dai consigli di tutte le Regioni, tre per ciascuna più uno per la Valle d’Aosta. In totale i grandi elettori sono 1.009, chiamati a votare in una seduta comune del Parlamento.

Normalmente votano insieme e nello stesso momento, ma a questo giro le regole saranno diverse per via della pandemia. Ci sarà un solo scrutinio al giorno – mentre in passato capitava che se ne facessero due – a partire dalle 15. I grandi elettori voteranno divisi per fasce orarie e in ordine alfabetico, in gruppi di non più di cinquanta persone, in modo da permettere la sanificazione delle cabine e delle superfici tra un gruppo e l’altro. Si parte dai senatori a vita, poi i senatori, i deputati e infine i delegati regionali.

Il presidente della Camera Roberto Fico ha poi deciso come voteranno i parlamentari positivi al coronavirus, che al momento sono circa una trentina: per loro sarà allestito un seggio speciale in un parcheggio adiacente alla Camera dei deputati, in via della Missione a Roma.

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Prima di ogni scrutinio verrà effettuata una chiama, cioè in sostanza un appello per verificare le presenze e contemporaneamente chiamare al voto. Poi se ne farà una seconda per chi non era presente alla prima. Il voto è segreto e fino alla scorsa elezione, quella del 2015 in cui venne eletto Sergio Mattarella, si votava all’interno di grosse cabine tendate detti catafalchi, per poi uscire e inserire la scheda nella cesta apposita (detta anche insalatiera). Sempre per ragioni sanitarie – le tende sono complicate da sanificare – a questo giro i catafalchi verranno sostituiti da cabine che facilitano la circolazione dell’aria.

Teoricamente i grandi elettori possono eleggere qualsiasi cittadino o cittadina con più di cinquant’anni che abbia diritti civili e politici. Nei primi tre scrutini è necessario avere la maggioranza qualificata per eleggere il presidente, ossia i due terzi dei grandi elettori: 673 voti. Dal quarto scrutinio in poi basta invece la maggioranza assoluta, cioè il cinquanta per cento più uno, 505 voti. Queste due soglie, anche dette quorum, non variano in base ai votanti.

Una volta eletto, il nuovo presidente presta giuramento nel giro di qualche giorno. Non c’è una regola né una prassi, Saragat e Pertini giurarono il giorno dopo la loro elezione, mentre Gronchi giurò quasi due settimane dopo. Mattarella venne eletto il 31 gennaio 2015 e giurò il 3 febbraio, giorno in cui scade formalmente il suo mandato. Nel caso le votazioni andassero oltre la scadenza del mandato del presidente in carica, i suoi poteri verrebbero prorogati fino a che non venga eletto un successore.

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