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  • Mercoledì 19 gennaio 2022

La passione dei narcos per i sommergibili

Ne costruiscono di sempre più grandi e sofisticati per il traffico della droga, e usano inoltre siluri subacquei per il trasporto e mezzi a noleggio

La Guardia Costiera americana recupera i pacchi di cocaina da un narco-sommergibile (U.S. Coast Guard via AP)
La Guardia Costiera americana recupera i pacchi di cocaina da un narco-sommergibile (U.S. Coast Guard via AP)

All’inizio di gennaio la polizia colombiana ha arrestato a Medellín Oscar Moreno Ricardo, l’uomo che la DEA americana, la Drug Enforcement Administration, ha definito «king of drug submarines», e cioè il re dei sommergibili della droga. Moreno, detto «el viejo», coordinava la costruzione di mezzi che, dalla costa pacifica della Colombia, partivano carichi di droga per raggiungere il Messico e poi gli Stati Uniti.

Secondo la DEA, ormai più del 60 per cento della cocaina che giunge negli Stati Uniti parte dal Sud America a bordo di sommergibili, chiamati narco-sub. Le agenzie che combattono il narcotraffico riescono a intercettare solo un quarto di questi mezzi. L’ammiraglio colombiano Hernando Mattos ha detto che nel 2021 sono stati intercettati 31 tra sommergibili e semi-sommergibili (i mezzi che, imbarcando acqua in appositi locali, possono immergersi parzialmente e viaggiare con solo una parte visibile a pelo d’acqua), sia in acque colombiane sia in acque internazionali.

All’utilizzo dei mezzi sottomarini i narcotrafficanti sono arrivati dopo aver sfruttato qualsiasi possibilità di nascondiglio sulle grandi navi cargo. Oltre che nei container, le partite di cocaina, eroina e droghe sintetiche vengono nascoste, come ha raccontato InSight Crime, nell’àncora, nelle prese d’aria, nello scafo, nel serbatoio di carburante, in sala motori e nelle eliche. Ingenti partite di droga viaggiano anche fissate allo scafo con grandi reti, sganciate in mare prima di arrivare in porto. Alla crescita di creatività dei narcotrafficanti corrisponde anche una sempre maggiore capacità delle agenzie antidroga di intercettare i carichi.

Così, soprattutto in periodo di pandemia, quando c’è stato un rallentamento nello spostamento delle merci, anche di quelle illegali, e al tempo stesso è aumentata la richiesta del mercato, soprattutto di quello della cocaina, le organizzazioni criminali hanno deciso di puntare maggiormente sull’utilizzo dei sottomarini, che hanno fatto la loro comparsa anche in Europa.

Il 12 marzo 2021 la polizia spagnola ha annunciato il sequestro di un  sommergibile lungo nove metri in grado di trasportare fino a due tonnellate di droga. Il sottomarino era ancora in fase di assemblaggio quando è stato scoperto nella provincia di Malaga. L’Europol ha spiegato che si è trattato del primo sommergibile costruito in Europa: prima, quelli intercettati erano stati fabbricati in America Latina. La scoperta del primo sommergibile realizzato in Europa ha un significato preciso: il know how per la fabbricazione di questi mezzi è stato ormai esportato.

Soldati colombiani con un semi-sommergibile sequestrato ai narcotrafficanti (AP Photo/Fernando Vergara)

Nel novembre del 2019 un narco-sommergibile fu intercettato al largo delle coste della Galizia, in Spagna: era lungo venti metri e trasportava tre tonnellate di cocaina. Aveva viaggiato lungo il Rio delle Amazzoni fino a Macapà in Brasile per poi prendere il mare aperto e viaggiare oltre 10 mila chilometri, la gran parte sotto la superficie dell’oceano. A bordo c’erano uno spagnolo, il comandante, pagato mezzo milione di euro, e due ecuadoriani che avevano ricevuto 100mila euro ciascuno. I tre avevano convissuto per quasi un mese in uno spazio angusto, largo appena due metri e mezzo, con il cibo razionato in una borsa.

A metà traversata poi si ruppe il sistema di aerazione, che rese impossibile navigare sempre in immersione: il sommergibile iniziò a fare larghi tratti in superficie con il portellone aperto per fare entrare aria. Arrivati in vista delle coste spagnole i tre non trovarono i motoscafi dell’organizzazione ad aspettarli: le polizie spagnola e portoghese avevano avuto una soffiata, la costa era pattugliata. L’equipaggio abbandonò il sommergibile e lo fece affondare con il carico pensando poi di potere tornare a recuperarlo.

I due ecuadoriani vennero arrestati subito, appena messo piede a terra dopo aver percorso un lungo tratto a nuoto, mentre il comandante fu preso pochi giorni dopo. Dal punto di vista dei narcos, però, anche se il carico era stato perso, l’operazione aveva rappresentato un successo: raggiungere le coste europee con sommergibili senza essere intercettati era un’impresa possibile. Da allora, secondo la DEA, sono stati investiti ingenti capitali per la costruzione di mezzi sempre più sofisticati.

Un sommergibile per il traffico di droga sequestrato a Cartagena, in Colombia (Foto GettyImages)

Un sommergibile sequestrato nel dipartimento di Cauca, in Colombia, è lungo più di 30 metri e largo tre metri, può trasportare quattro membri d’equipaggio, l’interno è climatizzato e dispone anche di una piccola cucina. La cosa più importante è che può trasportare otto tonnellate di cocaina, immergersi otto metri sott’acqua e navigare con solo un periscopio rimasto sopra la superficie.

Per costruire mezzi di questo genere sono necessari capitali ingenti. Per il sommergibile sequestrato a Cauca ci sono voluti, secondo gli esperti della Marina colombiana, almeno 3 milioni di dollari.

Non è un grosso problema però per i cartelli dei narcotrafficanti: per la costruzione dei mezzi sottomarini e per il loro utilizzo i narcos fanno alleanze «di scopo», cioè si uniscono e mettono in comune i fondi per la costruzione del sommergibile. Poi lo caricano ognuno con la propria droga che viene divisa all’arrivo nel luogo di destinazione.

Anche un’altra pratica creativa sta prendendo piede: quella del noleggio. Nel dicembre del 2020 le autorità statunitensi e colombiane hanno smantellato un’organizzazione specializzata nella produzione e nell’adattamento di semi-sommergibili per il traffico di cocaina che venivano poi noleggiati di volta in volta ai vari cartelli di narcotrafficanti. Questo riduce molto i costi e dà la possibilità ai narcos di non dovere gestire interamente tutta la logistica.

Tra i clienti dell’organizzazione specializzata nel noleggio di sommergibili c’era l’ELN colombiano, Ejército de liberación nacional, che da gruppo marxista insurrezionalista si è trasformato in un cartello di narcotrafficanti, così come hanno fatto i membri residui delle FARC, Fuerzas armadas revolucionarias de Colombia, da tempo alleati del Cartello Jalisco Nueva Generación – CJNG, uno dei gruppi criminali messicani più forti e attivi degli ultimi anni.

La cosa certa è che le organizzazioni criminali di narcotrafficanti stanno trovando mezzi sempre più sofisticati per spostare la loro merce da un paese all’altro e anche da un continente all’altro.

I primi semi-sommergibili erano, come spiegava già nel 2011 a InSight Crime il contrammiraglio Hernando Wills, «progettati rozzamente come barche veloci con un altro scafo posizionato sopra». Erano sommersi fino alla cabina di guida e i gas di scarico avevano gli scappamenti sopra l’acqua. A capirne le potenzialità e a utilizzarli tra gli altri ci fu Joaquín Guzmán, detto El Chapo, il capo del cartello messicano di Sinaloa, attualmente in carcere negli Stati Uniti.

Le versioni successive di semi-sommergibili riuscirono ad andare maggiormente in profondità. Erano costruite in fibra di vetro per rendere più difficile il lavoro ai radar che avrebbero dovuto intercettarli. Le valvole di drenaggio li rendevano inoltre facili da affondare se fossero state intercettati.

La prima volta che la Marina militare americana intercettò un semi-sommergibile era il 2006. Avvenne al largo del Costa Rica. Quell’imbarcazione venne soprannominata Bigfoot, come la creatura leggendaria che secondo la tradizione americana e canadese vive nelle foreste la cui storia si tramanda ma che nessuno ha mai visto. Lo stesso valeva per i semi-sommergibili: tuti ne parlavano ma nessuno li aveva mai visti.

Dopo Bigfoot vennero individuati altri semi-sommergibili, ma solo uno su dieci veniva catturato perché una volta intercettati gli equipaggi riuscivano ad affondare il mezzo in meno di due minuti. Fu calcolato che i semi-sommergibili arrivassero a costare anche due milioni di dollari ma in un solo viaggio potevano far arrivare nelle tasche dei narcotrafficanti fino a 100 milioni di dollari. Parallelamente alla scoperta dei semi-sommergibili venne anche alla luce la grande capacità dei narcotrafficanti di nascondere tutte le attrezzature, anche quelle pesanti, nel cuore della giungla per poi spostarle e assemblarle altrove.

Per costruire un semi-sommergibile serve più o meno un anno di tempo; spesso poi questi mezzi sono monouso, vengono cioè abbandonati in mare dopo la consegna. Con il tempo sono diventati sempre più veloci e con maggiore capacità di carico: un mezzo lungo 60 piedi (18,3 metri) può viaggiare a 11 miglia orarie, e cioè 18 chilometri all’ora. I battelli sono in vetroresina, i serbatoi di carburante sono in grado di garantire autonomia per 2mila chilometri. Il resto del volume è quasi del tutto utilizzato per stipare la cocaina, l’equipaggio deve stare in uno spazio molto ristretto.

Secondo il sito specializzato Nauticareport i tubi di scarico raffreddati lungo la parte inferiore, prima dello sfiato, consentono all’imbarcazione di essere poco rilevabile dai raggi infrarossi. I mezzi sono poi spesso dipinti di blu per mimetizzarsi con l’acqua e non lasciano nessuna scia. Non sono però invisibili. Per questo i narcos hanno adottato anche un altro metodo: i narco-siluri: serbatoi carichi di droga sospesi a 30 metri di profondità, agganciati alla imbarcazione che viaggia in superficie, solitamente una barca di pescatori. In caso di controllo da parte della polizia, il siluro viene sganciato mentre viene rilasciata una boa dalla forma di tronco d’albero che può essere avvistata facilmente da una seconda imbarcazione che recupera così il carico di cocaina.

Un costruttore di siluri arrestato dalla polizia colombiana, diventato poi collaboratore di giustizia, ha spiegato che i narco-siluri hanno una percentuale di successo del 90 per cento, cioè arrivano quasi sempre a destinazione. Ha anche spiegato che le organizzazioni di narcos stanno facendo studiare ai loro tecnici un nuovo tipo di siluro, controllato da remoto, che utilizzerà segnali criptati trasmessi via satellite.