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  • Sabato 8 gennaio 2022

La curiosa strategia di mercato del Celtic Glasgow

Il club scozzese, da qualche tempo in difficoltà, ha acquistato tre giocatori giapponesi in un giorno, e un altro lo aveva già in squadra

I tifosi del Celtic in tribuna con le bandiere giapponesi (Ian MacNicol/Getty Images)
I tifosi del Celtic in tribuna con le bandiere giapponesi (Ian MacNicol/Getty Images)

A gennaio nei campionati di calcio europei si è aperta la finestra invernale del calciomercato, il periodo chiamato anche “mercato di riparazione” in cui le squadre possono aggiustare le loro rose in vista dell’ultima e decisiva parte di stagione.

Gli effetti negativi che la pandemia ha avuto e sta avendo sui bilanci del calcio hanno però complicato le strategie dei club, che non possono più investire come un tempo. Va ancora peggio alle squadre dei campionati minori, magari in difficoltà, che hanno bisogno di escogitare qualcosa per salvare la stagione pur avendo mezzi molto limitati.

Tra le squadre che hanno bisogno di soluzioni c’è il Celtic Glasgow, la squadra dei cattolici indipendentisti scozzesi che l’anno scorso non ha vinto il titolo per la prima volta dal 2012. Da qualche tempo tifosi e osservatori contestano una preoccupante mancanza di strategie nel modo in cui viene gestita la squadra, la cui importante storia non trova conferma nei risultati che sta ottenendo.

Dopo l’ultimo allenatore esonerato tra le contestazioni, in estate la dirigenza ha assunto Ange Postecoglu, un australiano di origini greche che tre anni fa vinse il campionato giapponese con i Marinos di Yokohama. Postecoglu è stato assunto più come manager che come semplice allenatore: il club si è infatti affidato alle sue conoscenze tra Oceania e Asia, in particolare in Giappone, per poter sfruttare un mercato che i club europei non conoscono in modo molto approfondito, alla ricerca di un vantaggio sugli avversari.

I problemi del Celtic sono nati paradossalmente dalle vittorie. Per un decennio la squadra ha potuto vincere a mani basse il campionato scozzese approfittando dell’assenza degli storici rivali dei Rangers, l’altra squadra di Glasgow, quella della parte protestante e lealista, andata in bancarotta nel 2012.

La lunga assenza dell’unica vera rivale in un campionato di basso livello come quello scozzese ha permesso al Celtic di vincere titoli e di qualificarsi sempre in Champions League. Ma a lungo termine il livello del campionato ha causato una diminuzione delle entrate commerciali e ha avuto inoltre ripercussioni sulle prestazioni in Europa, dove un tempo il Celtic perlomeno si difendeva. In Champions League ora manca da cinque anni e in Europa League viene eliminato regolarmente ai primi turni.

Nel frattempo i Rangers si sono ripresi, hanno scalato tutte le serie minori scozzesi e sono tornati in Premiership. La scorsa stagione, dopo aver impiegato cinque anni per raggiungere il livello del Celtic, li hanno superati tornando a vincere il campionato allenati dall’ex capitano del Liverpool Steven Gerrard. Sono primi anche in questa stagione, allenati dall’olandese Giovanni van Bronckhorst, subentrato dopo il passaggio di Gerrard all’Aston Villa.

Il rischio è che ora il Celtic rimanga indietro a lungo, perché oltre ai risultati, anche gli investimenti fatti sulla squadra finora non hanno ripagato. Con i costi di gestione rimasti alti e le entrate diminuite, il continuo calo delle prestazioni potrebbe costringere il club a ridimensionarsi per non rischiare di appesantire i bilanci.

Scott Brown alla sua ultima partita con il Celtic (Ian MacNicol/Getty Images)

La squadra ha però bisogno di nuovi giocatori, anche perché oltre a perdere quelli più interessanti, come capita ogni anno, se ne sono andati anche i più esperti, la cosiddetta “vecchia guardia” scozzese che teneva in piedi il gruppo. L’ultimo ad aver lasciato Glasgow è stato forse il più importante fra questi, il capitano Scott Brown, tuttocampista britannico andato a concludere la carriera all’Aberdeen con un ruolo di giocatore-allenatore.

In passato la dirigenza del Celtic aveva provato più volte ad avviare nuovi progetti, scontrandosi però con varie difficoltà. Nel 2016, per esempio, il rilancio era stato affidato all’ex allenatore del Liverpool Brendan Rodgers. La sua gestione era iniziata molto bene, tanto che nei primi tre anni era diventato uno degli allenatori più vincenti nella storia recente della squadra. Nel 2019, però, il Leicester City lo volle come suo nuovo allenatore, e Rodgers non ci pensò due volte prima di tornare in Premier League tra le contestazioni dei tifosi scozzesi.

Il suo successore, Neil Lennon, ha lasciato l’incarico al termine della scorsa stagione dopo le prestazioni più deludenti viste in un decennio. In seguito all’ultimo fallimento, la dirigenza ha scelto di iniziare un nuovo progetto tecnico dando carta bianca a Postecoglu e alle sue conoscenze asiatiche. Quest’ultimo non ha perso tempo e in sei mesi ha portato a Glasgow quattro calciatori giapponesi, tre dei quali acquistati insieme lo scorso 31 dicembre, approfittando della fine del campionato locale.

Il primo acquisto era stato il ventiseienne Kyogo Furuhashi, comprato in estate dal Vissel Kobe, la squadra giapponese affiliata al Barcellona. In Scozia Furuhashi ha avuto subito un grande impatto ed è già considerato uno dei migliori giocatori in squadra. Da esterno d’attacco ha segnato 16 gol in 26 partite, diventando il nuovo idolo dei tifosi, che ora si presentano allo stadio con bandane e bandiere del Giappone.

Visto il successo del primo investimento, Postecoglu ha potuto portare a Glasgow altri tre giapponesi in un colpo solo, una cosa rara da vedere nel calcio europeo. L’attaccante Daizen Maeda è arrivato in prestito dal Yokohama — la squadra allenata in precedenza da Postecoglu — e potrà essere acquistato a fine stagione: è stato il miglior marcatore nell’ultima stagione in Giappone. Yosuke Ideguchi, centrocampista venticinquenne del Gamba Osaka, è stato invece comprato definitivamente per meno di 1 milione di euro con un contratto di quattro anni, così come Reo Hatate, versatile centrocampista di 24 anni costato un milione e mezzo.

Sono considerati tre giocatori maturi nel momento migliore della carriera. Due di loro hanno già avuto esperienze in Europa, cosa che tornerà utile nell’ambientamento in Scozia. La stessa federazione giapponese ne ha inoltre facilitato il trasferimento all’estero esentandoli dalle ultime partite della nazionale, con l’obiettivo di riaverli migliorati dall’esperienza europea.

«Gli acquisti giapponesi sono una parte importante di ciò che stiamo costruendo», ha detto Postecoglou in una recente intervista. «Daizen lo conosco molto bene, è uno che conosce il nostro stile di gioco. Reo è un giocatore che ho visto crescere molto in Giappone, dove ha vinto molto giocando per un club ambizioso come il Celtic. Yosuke lo seguo da anni, è un talento eccitante con cui non vedo l’ora di lavorare».

I nuovi arrivati non sono i primi giocatori giapponesi nella storia del Celtic. Dal 2006 al 2009 il trequartista Shunsuke Nakamura giocò oltre cento partite con la squadra, diventandone un simbolo. Nakamura però fu acquistato dopo essersi fatto un nome in Serie A con la Reggina, e non nell’ambito di una precisa strategia di mercato. L’ex giocatore del Celtic Kris Commons ha commentato la nuova linea del club in un’intervista al quotidiano The National, in cui ha detto: «Può essere estremamente vantaggioso e redditizio dedicare risorse allo scouting in un campionato che si conosce poco. Se ci sono diamanti grezzi da trovare, Postecoglou saprà esattamente dove cercare».