Una canzone di Mike Oldfield

E un quasi disastro aereo

(Jasper Juinen/Getty Images)
(Jasper Juinen/Getty Images)

Le Canzoni è la newsletter quotidiana che ricevono gli abbonati del Post, scritta e confezionata da Luca Sofri (peraltro direttore del Post): e che parla, imprevedibilmente, di canzoni. Una per ogni sera, pubblicata qui sul Post l’indomani, ci si iscrive qui.
Per la riedizione del disco di George Harrison All things must pass hanno messo insieme una specie di minifilm su My sweet lord con parecchi ospiti, cantanti e attori.
Non vi ho detto – anche per chi temeva il solito racconto infantilmente eccitato, la settimana prossima – che ho rinunciato con dolore a tornare a Glasgow per il concerto dei Deacon Blue, questo weekend: c’è una quarantena di due giorni, nel Regno Unito, avrei dovuto andare tre giorni prima. Mi perdo quel momento lì quando loro attaccano Dignity nella loro città.
Billie Eilish ha raccontato di avere guardato troppo porno da bambina, ed è stato un guaio.
Sono in un albergo a Bergamo: negli spazi comuni suonano anche qui quelle terribili compilation di cover bossa nova degli anni Ottanta e Novanta (ora siamo a Rythm is a dancer).

Five miles out
Mike Oldfield

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Mike Oldfield fu un’istituzione per una grossa parte di fan del rock, negli anni Settanta: erano tempi in cui le grandi orchestrazioni rock non erano ancora sprezzate come fanfaronate kitsch, e il progressive legittimava cose molto ricche di suoni, baroccherie e andamenti discontinui. E lui ebbe un gran successo con il suo primo disco Tubular bells, successo aiutato dall’uso nella colonna sonora del film L’esorcista. Lui era un chitarrista che suonava un po’ di tutto, con precoci attenzioni all’elettronica, e marciò su quel successo per un po’: poi nel 1983, quando sembrava che il suo tempo si esaurisse e i suoi dischi rimanessero una datata cosa da cultori (molti cultori, comunque), infilò due canzonette affidate alla voce della cantante Maggie Reilly (che cantava nei suoi dischi già da un po’), ed ebbe uno smisurato successo da Festivalbar planetario. Una e due.

Subito prima aveva pubblicato un disco che era ancora nel mezzo tra l’elaborato e la canzonetta, il cui titolo, la cui copertina, e la cui canzone principale furono dedicate a un volo spagnolo finito in una tempesta in cui Oldfield se l’era vista molto brutta. Five miles out dura solo quattro minuti e spiccioli, ma ha la ricchezza di pezzi più lunghi che Oldfield aveva pubblicato altre volte: e una gran capacità di riprodurre tormenti ed emozioni, speranze e terrori, di un quasi disastro aereo.

What do you do when you’re falling
You’ve got 30 degrees and you’re stalling out?
And it’s 24 miles to your beacon
There’s a crack in the sky and the warning’s out

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