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  • Domenica 5 dicembre 2021

Kamala Harris sta girando a vuoto

È in carica da quasi un anno ma finora ha deluso le aspettative e ha pessimi sondaggi: diversi analisti si stanno chiedendo perché

(AP Photo/John Locher)
(AP Photo/John Locher)

Negli ultimi tempi sui giornali americani sono usciti diversi articoli che certificano tutti la stessa cosa, con una serie di sfumature: la vicepresidente Kamala Harris non sta rispettando le enormi attese ed entusiasmi generati dalla sua nomina, in quanto prima donna e membro di una minoranza etnica a ricoprire la carica di vicepresidente, nonché erede politica annunciata del presidente Joe Biden, su cui circolano molti interrogativi riguardo a una possibile ricandidatura nel 2024, quando avrà 82 anni.

Il momento è così critico che a metà novembre Harris si è prestata a una rara intervista televisiva in cui ha dovuto smentire di essere stata sostanzialmente messa da parte dall’attuale amministrazione. «Sono molto, molto entusiasta del lavoro che abbiamo compiuto. Ma sono anche molto, molto consapevole del fatto che c’è ancora moltissimo da fare, e che lo faremo», ha detto a George Stephanopoulos di ABC News.

Diversi collaboratori e persone che appartengono al suo circolo ristretto hanno confermato che esistono tensioni latenti che stanno impedendo a Harris di portare contributi significativi all’amministrazione e più in generale di rendere al meglio delle sue possibilità, come peraltro testimoniato da alcuni recenti sondaggi. Oggi il tasso di popolarità di Harris è pari al 28 per cento, un dato bassissimo e peraltro inferiore di 10 punti rispetto a quello di Biden. In un corposo e informato articolo, CNN ha parlato con molti di loro per cercare di capire quali siano i motivi di questo stallo.

Molto ha a che fare con la carica di vicepresidente: per certi aspetti, un compito piuttosto ingrato. I vicepresidenti non hanno alcuna autonomia decisionale, nemmeno sui limitati temi che il presidente decide di affidare loro, e da loro la stampa e l’opinione pubblica si attendono una lealtà inflessibile alla presidenza, che in caso di qualche sgarro genera articoli e chiacchiere sulla scarsa coesione dell’amministrazione.

Il profilo di Harris era in qualche modo destinato a non incastrarsi perfettamente con Biden. Oltre a essere più a sinistra di lui su vari temi, «Harris è la prima vicepresidente in vari decenni che entra in carica con meno esperienza politica a Washington del suo presidente: trovare il ritmo giusto era difficile fin dall’inizio», notano i giornalisti di CNN Edward-Isaac Dovere e Jasmine Wright.

A peggiorare le cose c’è anche il fatto che Harris sia una donna e appartenga a una minoranza etnica: due categorie a cui soprattutto le tv e i giornali di destra richiedono standard politici e di comportamento praticamente immacolati. Durante una recente visita di stato in Francia, per esempio, Harris è stata molto presa in giro dai giornali di destra perché in alcune occasioni avrebbe accentuato alcune parole per fingere di avere un accento “francofono”. Fox News ha dedicato a questa storia moltissimi articoli e segmenti televisivi, ma la vicenda ha trovato spazio anche sui giornali più istituzionali.

Secondo CNN, molte persone intorno a Kamala Harris attribuiscono i suoi bassi consensi a una scarsa inclinazione di Biden e della Casa Bianca a proteggere e difendere Harris da accuse del genere, perché troppo concentrati sull’immagine di Biden o perché poco consapevoli del profilo particolarmente vulnerabile di Harris nei confronti della stampa americana.

«Quando decidi di nominare vicepresidente una persona del genere, hai quasi una responsabilità nell’assicurarti che abbia l’appoggio necessario per avere successo e trovare il suo posto. E a me sembra che le persone che dirigono i lavori e stanno intorno a Biden non capiscono esattamente cosa significhi proteggere qualcuno come Kamala Harris», ha detto a Vanity Fair Nina Smith, una consulente politica Democratica.

Alla fine la Casa Bianca ha difeso Harris, anche con un tweet molto netto (forse troppo) della portavoce Jen Psaki: ma per alcuni è arrivato solo alla fine del ciclo di polemiche.

Non è l’unica accusa reciproca che si stanno scambiando i due staff, nonostante siano in stretto contatto e abbiano riunioni condivise più volte a settimana.

Dall’ala ovest della Casa Bianca, quella riservata allo staff del presidente, hanno fatto sapere a CNN che chiedono spesso alle collaboratrici di Harris di fare delle proposte per impiegare meglio il tempo della vicepresidente, senza grandi risultati concreti. Dallo staff di Harris invece fanno notare che i due dossier che nei primi mesi sono stati affidati a Harris – le leggi sul diritto di voto e la gestione dei migranti che arrivano dai paesi del Centro e Sud America – sono piuttosto scivolosi: il primo ha una certa continuità con i temi di cui Harris si occupava in Senato, ma in un Congresso bloccato come quello attuale non ha grandi sbocchi concreti, soprattutto se come Harris non si ha grandissima esperienza nel trovare compromessi bipartisan.

Il secondo invece rischia di alienarla all’ala sinistra del partito. A giugno è toccato a Harris, per esempio, tenere un discorso ripreso da mezzo mondo in cui chiedeva ai migranti, in sostanza, di non venire negli Stati Uniti (anche se non escludeva l’utilizzo di vie d’ingresso legali): una cosa che avrebbe potuto dire anche un leader dell’ala moderata dei Repubblicani.

«Voglio essere chiara con le persone di questa regione che stanno pensando di intraprendere quel pericoloso viaggio verso il confine tra Stati Uniti e Messico: non venite. Non venite».

Il rapporto personale fra Harris e Biden è buono, ma qualcuno da fuori ha l’impressione che Biden e i suoi collaboratori le preferiscano Pete Buttigieg, il segretario ai Trasporti, che Biden aveva molto lodato in campagna elettorale e che in queste settimane è stato molto visibile sui giornali e in televisione per via della gigantesca riforma delle infrastrutture approvata dal Congresso a metà novembre. Buttigieg gode di una popolarità trasversale dentro e fuori dal partito e si parla molto di una sua possibile candidatura alla presidenza già nel 2024 – quando in teoria dovrebbe toccare a Harris, se Biden non si ricandidasse – o nel 2028.

Anche Harris, comunque, sembra ci stia mettendo del suo per complicare la sua situazione. Insieme a qualche intervista andata così così, come quella data a NBC News a giugno in cui stenta a dare risposte concrete sull’immigrazione, sui litigi interni al suo staff sono usciti per mesi articoli piuttosto negativi, che segnalano una situazione poco serena. «Non è un ambiente di lavoro sano», ha raccontato qualche tempo fa una fonte a Politico, «ma un posto dove le persone si sentono trattate di merda». Nelle ultime settimane è emerso che due importanti collaboratrici di Harris lasceranno il suo staff: la portavoce Symone Sanders e la responsabile della comunicazione, Ashley Etienne.

Non è chiarissimo di chi sia la responsabilità di questo clima – qualcuno dice il capo di gabinetto, Tina Flournoy, altri i famigliari di Harris – ma la vicepresidente ha avuto problemi simili in passato, e i collaboratori di Biden ritengono che stia a lei risolvere questo tipo di situazioni.

CNN racconta che secondo diverse testimonianze Harris è consapevole del momentaccio che sta vivendo, e questo si riflette sulle sue apparizioni pubbliche, spesso legnose e ingessate. Soltanto durante una recente occasione Harris è sembrata tornare la leader carismatica ed entusiasmante apprezzata dall’elettorato Democratico: a una festa per il 30esimo anniversario dell’associazione per i diritti civili del noto reverendo Al Sharpton, in cui ha tenuto un discorso energico sui diritti civili e contro i Repubblicani che si oppongono alla loro espansione.

Anche Sharpton ha ammesso con CNN che quella è stata probabilmente una delle migliori apparizioni pubbliche di Harris negli ultimi tempi. «L’amministrazione dovrebbe usarla di più come volto della lotta per il diritto al voto: essendo nera e donna, è la manifestazione fisica del perché dobbiamo proteggere questo diritto», ha detto Sharpton. Donna Brazile, una nota consulente Democratica, ha detto a CNN che Harris dovrebbe cambiare strategia per il resto del mandato, e concentrarsi sul migliorare la propria immagine pubblica: «È bravissima nei discorsi ma deve essere chiara, concisa e determinata […]. Alla fine gli americani non la giudicheranno dal primo tempo della partita», ha aggiunto parlando con NBC News.