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  • Mercoledì 17 novembre 2021

Breve storia del “liceo breve” in Italia

Oggi le scuole in cui si ottiene un diploma superiore in 4 anni invece che 5 sono poco meno di 200: il governo sta pensando di ampliare la sperimentazione, scrive il Sole 24 Ore

(Alberto Lingria/Xinhua)
(Alberto Lingria/Xinhua)

Secondo il Sole 24 ore, il ministero dell’Istruzione ha preparato un decreto che dovrebbe ampliare la sperimentazione del cosiddetto “liceo breve”, attiva dall’anno scolastico 2018/2019 e che prevede di ottenere il diploma superiore in 4 anni invece che 5: secondo il Sole, tra il 2022 e il 2023 le scuole italiane coinvolte nella sperimentazione dovrebbero passare dalle attuali 200 a circa un migliaio. Per il momento si parla solo di una bozza (non diffusa ufficialmente), e che quindi va presa con cautela, ma la questione è interessante e nel corso del tempo è stata piuttosto dibattuta.

Il “liceo breve”, che consente di terminare il percorso scolastico in 12 anni invece che in 13, come già avviene in diversi paesi europei, è un tema su cui il ministro dell’Istruzione, Patrizio Bianchi, si era già detto molto favorevole negli anni scorsi. Prima di diventare ministro, Bianchi era stato rettore dell’Università di Ferrara, dal 2004 al 2010, e poi assessore alla Scuola, università, ricerca, formazione e lavoro dell’Emilia-Romagna.

Bianchi aveva trattato il tema della riduzione degli anni di scuola superiore nel saggio del 2020 Nello specchio della scuola, edito da Il Mulino. Nel saggio sosteneva che accorciare la durata del liceo da 5 a 4 anni avrebbe potuto accelerare i tempi di accesso all’università e al mercato del lavoro, mettendo gli studenti delle scuole superiori italiane in una posizione molto più simile a quella dei loro colleghi di diversi paesi dell’Unione Europea.

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Va detto che la situazione europea è molto frammentata, e ci sono vari paesi dove il ciclo scolastico termina dopo 13 anni, come in Italia.

L’Europa si divide in sostanza a metà tra paesi in cui il ciclo scolastico si conclude a 18 anni, per esempio Francia e Spagna, e paesi in cui si conclude a 19, come gli stati scandinavi.

Il primo a parlare concretamente di sperimentazione di “licei brevi” in Italia fu Luigi Berlinguer, ministro dell’Istruzione tra il 1996 e il 2000 nei governi di centrosinistra guidati da Romano Prodi e Massimo D’Alema. Berlinguer introdusse la sperimentazione in una riforma della scuola che però venne poi abrogata dal successivo governo di centrodestra guidato da Silvio Berlusconi. Quella riforma prevedeva un percorso scolastico formato da un primo ciclo di sette anni seguito da un secondo ciclo articolato in un biennio comune e in un triennio di indirizzi specialistici.

Dopo altri tentativi finiti in un nulla di fatto, nel 2017 Valeria Fedeli, ministra dell’Istruzione del governo di Paolo Gentiloni, firmò un decreto ministeriale che introdusse per la prima volta ufficialmente in Italia i “licei brevi”. A partire dall’anno scolastico 2018/2019, la sperimentazione fu resa disponibile inizialmente in 100 scuole, e l’anno successivo si raggiunse le 192: in totale la sperimentazione fu avviata in 144 licei e in 48 istituti tecnici.

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Nelle scuole in cui ancora oggi è attiva la sperimentazione gli studenti sono tenuti a raggiungere gli stessi obiettivi didattici degli altri studenti e sono sottoposti allo stesso esame di maturità. Per dare agli studenti del liceo breve la stessa preparazione dei loro colleghi che studiano un anno in più, il ministero ha stabilito che il numero di ore annuali possa essere aumentato, passando da 900 a un massimo 1.050 ore.

Inoltre le scuole sono state incoraggiate a presentare piani di studio sperimentali: «In particolare per quanto riguarda l’articolazione e la rimodulazione dei piani di studio, per l’utilizzo delle tecnologie e delle attività laboratoriali nella didattica, per l’uso della metodologia Clil (lo studio di una disciplina in una lingua straniera)». Per monitorare l’andamento della sperimentazione, ogni anno alcuni comitati scientifici regionali ne valutano gli esiti e inviano un resoconto al comitato scientifico nazionale, composto da esperti dei vari settori scolastici, che ha il compito di valutare annualmente la situazione della scuola in Italia.

Secondo la bozza ottenuta dal Sole 24 Ore, il ministro Bianchi vorrebbe portare a mille le scuole coinvolte nella sperimentazione, con istituti tecnici e licei che potrebbero iniziare dall’anno scolastico 2022/23, gli istituti professionali da quello successivo. Al momento non si sa molto del contenuto del decreto e se ci saranno sostanziali novità per le scuole coinvolte rispetto a quanto previsto dalla ministra Fedeli.

Il Sole 24 Ore dice che il decreto di Bianchi dovrebbe prevedere «un potenziamento dell’apprendimento linguistico (attraverso l’insegnamento di almeno una disciplina non linguistica con metodologia Clil, a partire dal terzo anno di corso), più laboratori e insegnamenti opzionali e personalizzati, e una rimodulazione del calendario scolastico annuale e dell’orario settimanale delle lezioni». Le scuole, sia statali che paritarie, che vorranno partecipare alla sperimentazione dovranno presentare un progetto che dovrà essere valutato da un’apposita commissione del ministero.