• Mondo
  • Martedì 2 novembre 2021

In Islanda per la prima volta è stato coltivato aglio su larga scala

L'agricoltore Hörður Bender ha raccolto una tonnellata di aglio, che è riuscito a vendere in un solo giorno sul mercato locale

(Tomas Castelazo, Wikimedia)
(Tomas Castelazo, Wikimedia)

Per via del clima particolarmente rigido, in Islanda non ci sono moltissimi ortaggi e piante edibili che crescono facilmente nel terreno, ma di recente Hörður Bender, un agricoltore del sud, ha provato una cosa nuova, ottenendo un risultato notevole: ha avviato la prima coltivazione di aglio su larga scala, riuscendo poi a vendere tutto il raccolto sul mercato locale, in un solo giorno. Lo ha raccontato al quotidiano islandese Morgunblaðið lo stesso Bender, che gestisce con la moglie un’azienda agricola poco fuori Hvolsvöllur.

L’aglio si coltiva in varie parti del mondo: solitamente si pianta tra ottobre e marzo e si raccoglie circa sei mesi dopo la semina. Perché i bulbi crescano correttamente serve che passino alcune settimane a temperature inferiori ai 10 gradi, ma allo stesso tempo climi troppo rigidi ne possono compromettere la crescita. In Islanda l’aglio era già coltivato anche prima di Bender, ma in maniera limitata e mai su larga scala.

In un’intervista del novembre del 2020, Bender aveva spiegato di aver deciso di dedicarsi all’agricoltura perché nel settore turistico, quello in cui lavorava da anni, «non c’era davvero niente da fare» per via della pandemia da coronavirus. Aveva quindi scelto di provare a coltivare aglio con l’idea che avrebbe ottenuto un prodotto di qualità più alta rispetto a quello che si consuma abitualmente in Islanda, che è importato.

In autunno Bender e la moglie avevano piantato diverse varietà di aglio provenienti da Svezia, Francia e Danimarca con l’ambizioso obiettivo di ottenere 10-15 tonnellate di prodotto entro il 2021. Col passare del tempo le loro aspettative erano state notevolmente ridimensionate, e soltanto una delle varietà piantate ha dato una buona produzione, di circa una tonnellata.

A fine settembre di quest’anno l’aglio prodotto dall’azienda agricola di Bender è stato distribuito in alcuni supermercati islandesi, tra cui quelli della catena Hagkaup: «La gente si è precipitata [nei supermercati] e l’aglio è andato tutto esaurito in 24 ore», ha detto Bender a Morgunblaðið. Secondo Bender, in Islanda i bulbi crescono più lentamente della norma per via del clima molto freddo, e questo assicura al prodotto finale un sapore particolarmente intenso.

Quest’anno Bender ha piantato il triplo dell’anno scorso della varietà di aglio che aveva reso di più: l’obiettivo è ottenere per il 2022 da 3 a 5 tonnellate di raccolto.

Nonostante l’Islanda si trovi poco al di sotto del Circolo polare artico, i suoi inverni sono relativamente miti e le estati sono piuttosto fresche, con temperature medie che girano attorno ai 10-13 gradi e che arrivano a 20-25 gradi nelle giornate più calde. Con questo clima riescono a crescere nel terreno soltanto tuberi e ortaggi come patate, rape, carote, cavoli e cavolfiori. Allo stesso tempo, però, altre varietà riescono a essere coltivate nelle serre grazie allo sfruttamento del calore geotermico proveniente dalle sorgenti naturali di acqua calda, diffuse in varie aree dell’isola.

Un esempio di sfruttamento delle risorse geotermiche naturali è quello della serra di Fridheimar, una settantina di chilometri a est della capitale Reykjavik, dove ogni anno vengono prodotte 360 tonnellate di pomodori che non solo vengono venduti nei mercati locali della zona, ma sono anche serviti nei vari piatti del ristorante vicino all’impianto.

Bender non è la prima persona ad aver coltivato l’aglio in Islanda, ma è il primo ad aver avviato una coltivazione su larga scala «seriamente, o comunque in quantità significative». L’unico tipo di aglio che cresce spontaneamente in natura sull’isola è quello selvatico (Allium oleraceum), che è conosciuto per il suo odore molto forte e cresce anche in varie parti d’Italia, ma è comunque molto diverso da quello che viene utilizzato in cucina.

In alcune testimonianze scritte della storia islandese, che riguardano in particolare i monasteri nel periodo del Medioevo, si trovano citati varie volte i cosiddetti laukagarðar, letteralmente “giardini di cipolle”, che con ogni probabilità indicavano coltivazioni di erba cipollina. In altri testi antichi si trovano indicati sia l’aglio sia la “unian”, termine che verosimilmente indicava un tipo di cipolla rossa.

– Leggi anche: In Islanda si lavora meno ma si guadagna uguale