Cosa succederà adesso a Monte dei Paschi?

Le trattative per venderla a Unicredit sono finite male, e il governo dovrà probabilmente chiedere una proroga alla Commissione Europea

(ANSA/EPA/MATTIA SEDDA)
(ANSA/EPA/MATTIA SEDDA)

Domenica è stata ufficializzata l’interruzione delle trattative per l’acquisto da parte di Unicredit del 68 per cento delle azioni della banca Monte dei Paschi di Siena, controllate dallo stato italiano, nell’ultimo sviluppo dell’intricata vicenda che coinvolge l’istituto salvato per tre volte negli ultimi dieci anni grazie a interventi pubblici. L’interruzione è stata confermata con un comunicato congiunto di Unicredit e del ministero dell’Economia, dopo che negli ultimi giorni erano circolate diverse voci al riguardo.

In base all’accordo con la Commissione Europea grazie a cui lo stato italiano aveva ottenuto la maggioranza delle azioni di Monte dei Paschi nel 2017, il governo avrebbe dovuto vendere la banca entro il 31 dicembre del 2021. Ora, con l’uscita di Unicredit dai negoziati, il governo dovrà probabilmente chiedere una proroga alla Commissione Europea, visti i tempi molto stretti per trovare un nuovo acquirente.

Nel comunicato di domenica Unicredit e ministero dell’Economia non spiegano i motivi della fine delle trattative, ma diverse fonti a conoscenza dei fatti citate dai giornali sostengono che il ministero non abbia accettato le richieste di Unicredit di aumento del capitale di Monte dei Paschi prima di concludere la vendita.

Lo stato italiano, in base agli accordi, avrebbe infatti dovuto immettere nuovo capitale nella banca per riassestarne la situazione economica. Secondo Il Sole 24 OreUnicredit avrebbe chiesto al ministero dell’Economia più di 7 miliardi di euro per ricapitalizzare Monte dei Paschi, 2 in meno di quelli ipotizzati all’inizio delle trattative. Il ministero avrebbe però imposto come offerta massima circa 5 miliardi di euro, che comprendevano oneri dovuti a crediti deteriorati e all’esubero di circa 7mila dipendenti della banca.

Le trattative erano iniziate il 29 luglio scorso, e prevedevano l’acquisto da parte di Unicredit di parte della banca toscana, in crisi da molti anni e al centro di uno dei più noti e rilevanti scandali bancari della storia recente italiana, fatto in realtà di vari episodi accumulati nel corso degli anni e legati a un generale malsano rapporto con la politica locale senese. L’ultimo salvataggio era avvenuto nel 2017, quando con 5,4 miliardi di euro di soldi pubblici il governo italiano era intervenuto con una ricapitalizzazione della banca, di cui aveva ottenuto la maggioranza delle azioni. La ricapitalizzazione era stata approvata dalla Commissione Europea, che però aveva imposto alcuni limiti allo stato, tra cui l’obbligo di cedere l’azionariato entro il 31 dicembre del 2021.

Con l’uscita di Unicredit dalle trattative, allo stato italiano restano solamente due opzioni prima che si arrivi al termine imposto dalla Commissione Europea: chiedere una proroga per cercare un nuovo investitore o trovarne uno già da qui alla fine dell’anno. L’ipotesi più probabile è secondo la maggior parte degli esperti la prima, dato che la complessità della situazione di Monte dei Paschi rende molto difficile concludere un negoziato con un nuovo investitore nel giro di un paio di mesi.

Anche nel caso in cui la Commissione Europa dovesse concedere una proroga (si parla di circa 6 mesi), la vendita di Monte dei Paschi resterebbe comunque molto complicata. Un’ipotesi che avanzano diversi giornali è che nella primavera del 2022 lo stato intervenga di nuovo direttamente, presentando una nuova ricapitalizzazione pubblica alla Commissione Europea.

C’è poi l’ipotesi che si faccia avanti una nuova banca al posto di Unicredit, ma anche in questo caso i potenziali acquirenti non sono molti. Banco Bpm, di cui si era parlato anche per una compartecipazione all’acquisto di Monte dei Paschi con Unicredit, ha smentito il suo interesse e al momento non sembrano esserci altri grandi istituti finanziari disposti ad accettare meno dei 7 miliardi negati a Unicredit dallo stato.

La possibilità dell’ingresso di Unicredit in Monte dei Paschi era in ballo da mesi, e le trattative erano iniziate in maniera informale già sotto la guida dell’ex amministratore delegato Jean Pierre Mustier, che però non aveva mai nascosto la propria riluttanza a comprare Monte dei Paschi e a febbraio ha lasciato il proprio incarico per divergenze di vedute col consiglio di amministrazione. Le trattative erano poi riprese con il nuovo amministratore delegato, Andrea Orcel, che a luglio le aveva approvate formalmente.

Erano considerati da tutti gli esperti negoziati molto complessi, soprattuto a causa dei rigidi paletti che Unicredit aveva imposto fin da subito. L’istituto, infatti, non voleva farsi carico dei crediti deteriorati di Monte dei Paschi, né di rimetterci propri capitali, e lo stato avrebbe dovuto impegnarsi a coprire qualsiasi problema di credito derivante dall’operazione, anche se questo fosse venuto fuori successivamente alle trattative. Unicredit si era riservata la possibilità di tirarsi indietro in qualsiasi momento.

La trattativa era stata anche al centro di discussioni tra i partiti politici, con quelli di centrodestra in particolare che avevano accusato il governo di aver concesso condizioni troppo favorevoli a Unicredit. Un’altra questione, sollevata soprattutto da Lega e Fratelli d’Italia contro il Partito Democratico, riguardava alcune accuse di conflitto di interessi: da una parte nella trattativa era infatti coinvolto l’ex ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan, che dal 2018 al 2020 era stato deputato del PD e che ha lasciato l’incarico per entrare nel consiglio di amministrazione di Unicredit. Dall’altra il segretario del PD Enrico Letta si era candidato, e poi è stato eletto, alle elezioni suppletive per il seggio di Siena – sede di Monte dei Paschi – liberato proprio da Padoan.

Proprio Letta domenica è intervenuto sulla questione durante la trasmissione televisiva Che tempo che fa. Ha detto di essere sicuro che da adesso «ci saranno più opzioni» per la vendita di Monte dei Paschi, «anche perché ho l’impressione che Unicredit pensasse di partecipare a una svendita e invece il ministro del Tesoro è stato corretto, aveva preso impegni di valorizzazione del grande patrimonio di esperienza e legame con il territorio che lì dentro c’è».

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