Quelli che vanno a scuola in bici, tutti insieme

I cosiddetti “bike trains”, cortei di genitori e bambini, servono a ridurre l'inquinamento e a organizzare in maniera più sicura gli spazi cittadini

(Matteo Saderis, Massa Marmocchi)
(Matteo Saderis, Massa Marmocchi)

Negli ultimi anni sia in Italia che all’estero sono state avviate moltissime iniziative di genitori e volontari che accompagnano bambine e bambini a scuola in bicicletta, in gruppi più o meno numerosi. Questi progetti nascono solitamente con due obiettivi: usare mezzi diversi dalle auto private, per ridurre il traffico e l’inquinamento prodotto dal trasporto (che incide ovviamente sul riscaldamento globale); e cambiare le abitudini sugli spostamenti, reclamando spazi diversi per vivere la città in maniera più sicura.

Spesso progetti come questi non nascono per volontà delle amministrazioni locali, ma da associazioni create da volontari e genitori. Ciascun gruppo stabilisce un punto di partenza e sceglie il tragitto che sembra più sicuro o comunque quello che si adatta meglio alle esigenze di tutti: alcuni bambini con la loro bici e altri sul seggiolino di quella dei genitori. Quasi sempre si tratta di scuole primarie, perché i ragazzi più grandi sono già più indipendenti. Durante la pedalata ci sono sempre almeno due adulti: una persona che apre la strada, a volte soprannominata “autista”, e una che chiude il gruppo, controllando che nessuno resti indietro.

Spesso questi gruppi di ciclisti sono conosciuti come “bike trains” perché tendono a occupare tutta la corsia di una strada e a spostarsi in massa, come in un corteo, in modo da far sentire più protetti i bambini. «L’unione fa la forza e soprattutto rende il tragitto sicuro», dice il sito di Massa Marmocchi, un’associazione di volontariato attiva dal 2013 e composta da genitori che si organizzano per portare a scuola i loro figli in bicicletta a Milano.

Si può dire che in Italia le associazioni che si occupano di accompagnare a scuola i bambini in bicicletta siano una variazione del progetto Piedibus, che è attivo in tutto il paese dal 2002 e si definisce «un autobus che va a piedi, formato da una carovana di bambini che vanno a scuola in gruppo».

Spesso queste iniziative sono indicate col nome “Bike to school” e si trovano per esempio a Roma, Torino, Napoli e Genova. Alcune, «più strutturate», sono collegate alla Federazione Italiana Ambiente e Bicicletta (FIAB), altre invece sono associazioni «più fluide» perché sostanzialmente dipendono dal numero di studenti, «dal contesto e dall’attivismo dei genitori», ha raccontato Marco Mazzei, uno dei fondatori di Massa Marmocchi.

 

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Massa Marmocchi funziona così: adulti e bambini si trovano in un certo punto a una certa ora, ciascuno con la propria bicicletta, una volta alla settimana. Da lì partono per andare verso la scuola, seguendo l’itinerario prestabilito, e a volte fanno fermate intermedie per raccogliere più persone lungo il percorso.

Mazzei ha spiegato che di solito l’età dei bambini varia dai 5 agli 8 anni e il numero dei partecipanti dipende da quanto è grande la scuola: a volte ci sono comitive di una trentina di studenti, come nel caso della scuola primaria Pietro Micca, nel nord-ovest della città, ma in media si parla di circa 15-20 bambini. Quanto agli adulti, sono divisi più o meno a metà tra volontari e genitori.

La Massa Marmocchi è «un’esperienza festosa», un corteo colorato che si fa notare anche perché spesso è accompagnato dalla musica. A parte qualche raro caso, racconta Mazzei, suscita una reazione positiva nelle persone che lo vedono passare per le strade della città, all’orario in cui i portinai rassettano gli spazi antistanti ai palazzi e i negozianti cominciano ad alzare le saracinesche. Andare in bici non è soltanto un’attività divertente, ma è anche «importante per la crescita e la formazione» dei bambini, che insegna a renderli «autonomi e responsabili», dice Mazzei.

Attualmente Massa Marmocchi è attiva o sta partendo in una decina di scuole primarie in tutta Milano, e viene organizzata una volta sola alla settimana per ciascun istituto, di modo che i volontari – che non sono tantissimi – possano seguire più gruppi o sperimentare nuovi itinerari per le scuole dove il progetto è già avviato.

L’idea è che l’attività funzioni come un «meccanismo di ingaggio», che a poco a poco convinca i genitori ad accompagnare i loro figli a scuola in bici o con mezzi diversi dalle auto private in autonomia tutti i giorni.

Le scuole di Milano dove Massa Marmocchi è attivo da più tempo (Massa Marmocchi)

Di recente molte di queste iniziative hanno cominciato a essere patrocinate da vari comuni. Secondo Mazzei, comunque, il tema centrale sarebbe «fare in modo che tutte le scuole siano accessibili in sicurezza su tutti i percorsi con ogni mezzo», e che le scuole siano «spazi sicuri» per tutti quelli che le frequentano. Ed è su questo che sia secondo Massa Marmocchi che altre associazioni promotrici come quelle indicate da Bikeitalia i comuni dovrebbero indirizzare i loro investimenti.

Un passo in questa direzione è stato fatto a inizio ottobre, con il protocollo d’intesa firmato tra la FIAB e il ministero dell’Istruzione per «promuovere la mobilità sostenibile, in bicicletta e a piedi, delle studentesse, degli studenti e del personale scolastico» attraverso vari progetti e iniziative per migliorare la sicurezza stradale.

– Leggi anche: A Berlino c’è un ambizioso progetto per ridurre il traffico delle auto

Da tempo ci sono iniziative simili anche in Spagna, dove il progetto è conosciuto come “Bicibus”. A Madrid è attivo dal 2013, di recente è arrivato nella città di Vic, in Catalogna, e si è esteso a varie zone dell’area metropolitana di Barcellona. Ci sono progetti simili anche a Portland, in Oregon, o a Brighton, nel sud dell’Inghilterra, dove un “bike train” è nato sia per ridurre l’uso delle auto private, sia per protestare contro la rimozione di una pista ciclabile protetta che era stata realizzata in via temporanea.

Yago Raventós, un insegnante che partecipa a un “Bicibus” nella parte occidentale di Barcellona, ha raccontato al País che con questa iniziativa «si rafforzano i legami tra le famiglie e si fa comunità» e al tempo stesso ne trae beneficio tutta la città, visto che si riducono le emissioni inquinanti. In più, osserva Raventós, si sensibilizzano gli automobilisti: quando la gente vede un gruppo di ciclisti formato perlopiù da bambini tende ad andare più piano e «capisce che non succede niente se ci si mette un minuto in più a compiere il proprio tragitto».