Una canzone di Jay Farrar

Una di quelle canzoni in cui ti ho incontrata in un bar o simili

(Stephen Lovekin/Getty Images)
(Stephen Lovekin/Getty Images)

Le Canzoni è la newsletter quotidiana che ricevono gli abbonati del Post, scritta e confezionata da Luca Sofri (peraltro direttore del Post): e che parla, imprevedibilmente, di canzoni. Una per ogni sera, pubblicata qui sul Post l’indomani, ci si iscrive qui.
La rivista musicale Uncut ha dedicato un articolo a una delle più belle canzoni meno famose dei REM, che loro neanche volevano metterci, nel disco: Electrolite.
È uscita una canzone di Michael Kiwanuka, bella, per un documentario di Netflix sulla pandemia: lui è quello di un disco molto apprezzato e premiato del 2016 (su Spotify) e di una canzone diventata notissima come “sigla” della serie Big little lies.
La canzone nuova di Adele a me sembra il minimo sindacale per una buona canzone di Adele (ma Emilia non è d’accordo), ovvero meglio del 90% di quello che c’è in giro, ma non una canzone di Adele wow (debole il refrain). Intanto oggi mi è partita per caso una playlist di vecchie cose di Adele, e wow.
Tra l’altro, pensavo: i dischi più venduti di sempre sono quasi tutti buoni dischi, salvo la colonna sonora di The bodyguard e poco altro di opinabile. Non tutti i vostri preferiti, certo, non i migliori dischi di sempre, ma quasi tutti buoni dischi, obiettivamente. Non si può dire lo stesso dei libri, o dei film.
C’è un’altra canzone nuova dei Duran Duran dal disco che esce venerdì, con Tove Lo (la cantante svedese che aveva fatto questa cosa dance fantastica qualche anno fa).

Like a hurricane
Jay Farrar

Like a hurricane su Spotify non c’è, vada per Neil Young
Like a hurricane su Apple Music non c’è, vada per Neil Young
Like a hurricane su YouTube

Proseguiamo questa settimana intorno a Neil Young e approdiamo a questo mercoledì vivace con la cover di uno dei grandi pezzi di Neil Young: che NON VUOLE DIRE che la cover sia meglio dell’originale, che sennò rischio di tirare troppo la corda della tolleranza dei superfan. Però è una cover capace di conservare tutto il tiro dell’originale, accelerando come merita il mercoledì.

Jay Farrar a questo punto ha 54 anni, e fu protagonista della generazione di band degli anni Novanta che crearono quel sound che si chiamò a volte “americana”, altre “alt-rock” e altre “indie”, e che riprendeva creativamente le cose del rock classico chitarra-basso-batteria e del folk cantautorale degli anni Sessanta e Settanta: soprattutto con la band Uncle Tupelo (in cui c’era anche Jeff Tweedy prima dei Wilco, su cui una sera o l’altra ci fermeremo) e poi con i Son Volt. Nel 2004 Farrar pubblicò un disco dal vivo che si concludeva con Like a hurricane travolgente, ed eccoci qui.

Once I thought I saw you in a crowded hazy bar
Dancing on the light from star to star
Far across the moonbeam I know that’s who you are
I saw your brown eyes turning once to fire

Un giorno bisognerà fare una playlist di canzoni in cui ti ho incontrata in un bar o simili (al volo mi vengono Don’t you want me degli Human League, Angelina di Louis Prima, Sad cafè degli Eagles, Autogrill di Guccini e Sweetheart like you di Bob Dylan che io ho sempre immaginato in un bar, ma chissà), che tu fossi lì da avventrice o da barista.
Like a hurricane ha uno dei versi di meravigliosa semplicità più belli di sempre.

I am just a dreamer, but you are just a dream

Neil Young l’aveva scritta nel 1975, e uscì in un suo disco del 1977: qui c’è lui che la fa dal vivo col baccano che merita. Ma anche il casino che è capace di montarci Jay Farrar con la band dei Canyon non è niente male.

You are like a hurricane
There’s calm in your eye
And I’m gettin’ blown away
To somewhere safer where the feeling stays
I want to love you but I’m getting blown away

Like a hurricane su Spotify non c’è, vada per Neil Young
Like a hurricane su Apple Music non c’è, vada per Neil Young
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