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  • Martedì 19 ottobre 2021

L’assassino per cui hanno fatto il tifo molti cinesi

Era stato accusato di aver ucciso due vicini per una disputa legata a una casa, e si sarebbe suicidato lunedì dopo una settimana di fuga

La taglia per la cattura di Ou Jinzhong diffusa dalle autorità della contea di Pinghai, da un articolo di CNN
La taglia per la cattura di Ou Jinzhong diffusa dalle autorità della contea di Pinghai, da un articolo di CNN

Da più di una settimana varie squadre di polizia della contea di Pinghai, nel sud-est della Cina, stavano ricercando un uomo sospettato di aver ucciso due vicini di casa e di averne feriti altri tre in seguito a una lunga disputa per la costruzione di una casa. Le autorità locali avevano offerto una ricompensa a chiunque avesse dato indicazioni sulla posizione di Ou Jinzhong, fuggito a piedi nella zona in cui abitava, finché lunedì sera hanno annunciato che l’uomo si è ucciso durante un tentativo di arresto avvenuto in giornata.

La storia di Ou è stata molto commentata sui social network cinesi, così come la notizia della sua morte: non perché gli utenti volessero il suo arresto, ma al contrario perché molti tifavano per lui. Ritenevano infatti che fosse stato portato all’esasperazione da una serie di abusi e di mancate risposte alle richieste di aiuto inoltrate alle autorità locali, con delle modalità che hanno suscitato empatia per come descrivono alcuni disservizi e problemi sistemici nella Cina contemporanea, legati principalmente agli apparati burocratici statali.

Ou aveva 55 anni e abitava con la famiglia e la madre 89enne in una baracca poco fuori Putian, nella provincia di Fujian. Stando alle ricostruzioni della polizia, lo scorso 10 ottobre un tifone aveva scoperchiato il tetto e parte dei detriti era finita nell’orto dei vicini: secondo il giornale China News Week, citato da CNN, quando Ou era andato a recuperare la copertura ci sarebbe stata una discussione con la famiglia dei vicini e la situazione sarebbe degenerata velocemente. La polizia non aveva diffuso l’identità delle persone coinvolte né molti altri dettagli, ma aveva ritenuto Ou responsabile dell’omicidio di un uomo di 78 anni e della nuora, e di aver ferito con un coltello la moglie dell’uomo e due nipoti di 34 e 9 anni.

La vicenda di Ou aveva attirato attenzioni soprattutto da quando sui social network erano state diffuse le foto della baracca in cui viveva, che era al centro di una disputa molto più vecchia.

I media cinesi e alcuni utenti avevano ricostruito la sua storia a partire dai post che aveva condiviso sul social network Weibo. L’uomo viveva nella baracca dal 2017, quando aveva ottenuto un regolare permesso delle autorità locali per demolire la sua vecchia casa malmessa per costruirne una nuova; il problema è che, secondo quanto emerge dai post, i lavori erano stati bloccati in diverse occasioni per via di screzi con i vicini di casa.

Ou aveva chiesto aiuto numerose volte alla polizia e alle autorità locali, senza ottenere nulla, e quindi aveva provato a contattare anche il governo e i giornali. A inizio anno aveva aperto l’account su Weibo per provare ad attirare ulteriormente l’attenzione. CNN ha citato alcuni post dell’account di Ou, di cui non ha potuto verificare direttamente l’autenticità ma che sono stati condivisi dai media cinesi e discussi online. Tra questi, c’erano vari appelli al governo locale, lo screenshot di un messaggio che aveva inviato su WeChat a un sito di notizie affinché si occupasse del suo caso, e messaggi come: «Va sempre a finire così, che le persone oneste seguono le regole e che la legge non sta mai dalla loro parte».

Molti utenti dei social network avevano espresso solidarietà nei confronti di Ou, sostenendo che il suo caso fosse una dimostrazione del fallimento del sistema burocratico e legale cinese, e di come situazioni di questo tipo possano portare un uomo alla disperazione. All’interno della baracca la polizia aveva trovato un cartone di sigarette sul retro del quale aveva scritto decine di numeri di telefono di dipartimenti del governo, organizzazioni del Partito Comunista, media di stato e siti da cui avrebbe voluto farsi aiutare.

Liu Xiaoyuan, avvocato esperto di diritti civili, ha detto a CNN che questo tipo di empatia non lascia sorpresi: quelli che erano dalla sua parte «non lo sostenevano perché aveva ucciso qualcuno. Erano arrabbiati perché le autorità più importanti non avevano risposto alle sue richieste d’aiuto e non avevano fatto il loro dovere». Liu ha sottolineato che dispute territoriali di questo tipo sono frequenti in Cina, e «questa è una lezione molto pesante per i governi locali: se non prestano attenzione alle contese e ai reclami della gente, i conflitti possono degenerare facilmente».

Un altro motivo per cui gli utenti dei social network stanno criticando le autorità locali è come hanno gestito la ricerca e il ritrovamento di Ou, al di là della vicenda della casa.

La polizia aveva offerto infatti una ricompensa di 20mila yuan (circa 2.700 euro) a chi avesse dato indicazioni sulla sua posizione e 50mila yuan (6.700 euro) in cambio di prove che fosse morto, con un appello sul diffusissimo social network WeChat. Dopo aver ricevuto ampie critiche per aver messo una “taglia” più alta per chi lo avesse trovato morto anziché vivo, la polizia aveva cancellato il messaggio. Allo stesso tempo, dopo che i post di Ou su Weibo erano diventati virali, il suo account era stato oscurato, così come l’hashtag con il suo username, che era stato visualizzato più di 7 milioni di volte.

Molti utenti stanno peraltro dubitando della versione della polizia, secondo cui Ou si sarebbe ucciso. Secondo il comunicato della polizia, lo avrebbe fatto in una grotta dove era stato scoperto e accerchiato: adesso molti utenti stanno chiedendo che la polizia diffonda le immagini dell’arresto riprese dalle telecamere indossate dagli agenti.

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Dove chiedere aiuto
Se sei in una situazione di emergenza, chiama il numero 112. Se tu o qualcuno che conosci ha dei pensieri suicidi, puoi chiamare il Telefono Amico allo 02 2327 2327 oppure via internet da qui, tutti i giorni dalle 10 alle 24.

Puoi anche chiamare l’associazione Samaritans al numero 06 77208977, tutti i giorni dalle 13 alle 22.